di Knud Rasmussen
Adelphi, 2018
a cura di Bruno Berni
pp. 190
€18 (cartaceo)
«Tutto il lavoro folklorico è assolutamente dipendente dalle fonti da cui si attinge: è necessario trovare narratori che non sono solo in possesso di conoscenze e fantasia, ma hanno anche il pieno interesse a collaborare. Inoltre devono essere così affidabili da potersi ascoltare senza riserve e senza troppa critica, solo allora l'atmosfera di autenticità viene trasferita ai racconti e si ottiene il colore necessario affinché quella materia estranea possa prendere vita. Tra Aua, sua moglie e me era nata un'amicizia che mi forniva una buona fonte di partenza» (p. 109).
Quel giorno di luglio 2016 ci siamo riparate nel Museo etnografico di Copenhagen più per la disperazione di un diluvio sferzante, che per reale curiosità. La curiosità, invece, è nata dopo, quando le sale hanno iniziato a prendere vita con i loro reperti di popoli da tutto il mondo. A colpirmi particolarmente, le sale destinate a raccontare gli Inuit: dalle visiere necessarie per non restare abbagliati dalla neve durante la caccia alla foca alle armi artigianali di enorme valore per ogni eschimese, fino agli abiti stratificati, colorati e cuciti con enorme cura di stagione in stagione. Tanti di quei reperti erano stati portati lì dal danese Knud Rasmussen, etnografo, antropologo, esperto delle cultura popolare degli Inuit. Un nome che - lo ammetto -mi sono dimenticata dopo pochi minuti nel museo.
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Procurarsi il cibo in mezzo ai ghiacci richiede pazienza infinita, resistenza al freddo, perseveranza e anche rischio. Mentre si aspetta acquattati in mezzo al ghiaccio che una foca compaia a uno dei tanti buchi per respirare, gli Inuit non badano alla neve che va accumulandosi sulle pellicce, né perdono la speranza, benché spesso la caccia si concluda con magri risultati. Negli igloo, «il ritorno dei cacciatori era atteso con la tensione e il desiderio con cui l'affamato aspetta il proprio pasto» (p. 105), ben consci che la natura può richiedere sacrifici e trasferimenti stagionali da una parte o dall'altra, in base alla disponibilità di cibo. Come più volte sottolinea Rasmussen, «questo stato di natura fa di loro dei poeti» (p. 74), per quanto a noi occidentali possa sembrare assurdo scegliere di vivere tra i ghiacci. Ma si tratta di una realtà completamente diversa dalla nostra, che ad esempio vive la caccia con estremo rispetto per le anime degli animali che sono stati sacrificati per il pranzo della famiglia:
«Il maggior pericolo della vita risiede nel fatto che il cibo dell'uomo è composto di anime» (p. 141).
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«Uno sciamano credente non può rivelare i misteri della sua vita senza fiaccare il suo rapporto col soprannaturale» (p. 98)
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Quel che oggi traiamo da un taccuino di viaggio così coraggioso non è solo l'esperienza di un uomo a contatto con territori inospitali e, al contrario, padroni di casa ospitali; è la continua capacità di meravigliarsi del diverso, è la sfida con sé stessi e con i propri limiti; è la gioia della condivisione attraverso la carta stampata.
GMGhioni
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{tutte le foto sono state realizzate da Gloria Ghioni presso il Museo etnografico nazionale di Copenhagen - si prega di non diffonderle altrove senza autorizzazione}
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