Se i delfini venissero in
aiuto
di Erri De Luca
Libreria Dante & Descartes,
2017
pp. 48
€
4 (cartaceo)
Sbarcato dopo due settimane in mare sulla nave salvagente di Medici Senza Frontiere, ho trovato in terraferma calunnie e voci a vanvera sui soccorritori di naufraghi che ho conosciuto.
Reagisco con questa cronaca, una nota in margine a una verità ferita.
Altro non è che un
piccolo pamphlet in cui lo scrittore Erri De Luca racconta e descrive
la sua esperienza, durata due settimane, a bordo della nave di Medici
Senza Frontiere. Il lavoro è quello di recuperare quanti più
naufraghi possibili che sono in pericolo nei famosi barconi e
gommoni. Alcune volte riescono a salvarli, altre volte arrivano
troppo tardi. Lo scrittore documenta con testi e soprattutto con foto
(scattate sempre da De Luca) quanto accaduto durante la sua
partecipazione. Tutti uniti da un obiettivo comune, si danno da fare
il più possibile per accogliere i superstiti nella nave e dare loro
la prima accoglienza con coperte, bottigliette d'acqua, garantendo
loro una doccia di acqua dolce, che di acqua salata ne hanno visto
fin troppa.
Una volta a bordo, rifocillati, i naufraghi riprendono vita, chiedono dei familiari, socializzano tra loro e chiacchierano con i mediatori culturali. Di notte si riuniscono tutti e fanno festa: chi balla, chi canta e chi prega. Medici Senza Frontiere con la nave da loro la prima speranza di vivere e andare avanti, loro sono grati e lasciano lettere affettuose con ringraziamenti e lusinghe. A bordo non si può bere alcool, così Erri De Luca osserva e assapora ogni singolo momento fuori dalla propria cabina. Ma una volta che è in mare, la nave non opera un unico salvataggio. Rimane in mare per diversi giorni, può ospitare sino a mille naufraghi e se per caso è la più vicina ad un caso di naufragio, viene subito spedita nella direzione giusta per effettuare un nuovo salvataggio. Ed Erri è con loro, per due settimane. Riporta le immagini che più lo colpiscono, come i piccoli gommoni carichi di esseri umani, alcuni ancora a bordo, altri già in mare. Come la nave e tutto l'equipaggio si dia subito da fare per aiutare i naufraghi, con salvagenti e giubbotti galleggianti, fino a quando, uno ad uno, salgono nella nave che gli garantisce uno spiraglio di vita. Hanno gli occhi spenti, ancora non fanno entrare quello spiraglio. Ci vorrà un giorno, prima che i naufraghi cambino espressione e comprendano di essere al sicuro, di non rischiare più la vita. E lo scrittore ci descrive quanto lo abbia impressionato vederli uno ad uno salire dalla scaletta della nave.
Una volta a bordo, rifocillati, i naufraghi riprendono vita, chiedono dei familiari, socializzano tra loro e chiacchierano con i mediatori culturali. Di notte si riuniscono tutti e fanno festa: chi balla, chi canta e chi prega. Medici Senza Frontiere con la nave da loro la prima speranza di vivere e andare avanti, loro sono grati e lasciano lettere affettuose con ringraziamenti e lusinghe. A bordo non si può bere alcool, così Erri De Luca osserva e assapora ogni singolo momento fuori dalla propria cabina. Ma una volta che è in mare, la nave non opera un unico salvataggio. Rimane in mare per diversi giorni, può ospitare sino a mille naufraghi e se per caso è la più vicina ad un caso di naufragio, viene subito spedita nella direzione giusta per effettuare un nuovo salvataggio. Ed Erri è con loro, per due settimane. Riporta le immagini che più lo colpiscono, come i piccoli gommoni carichi di esseri umani, alcuni ancora a bordo, altri già in mare. Come la nave e tutto l'equipaggio si dia subito da fare per aiutare i naufraghi, con salvagenti e giubbotti galleggianti, fino a quando, uno ad uno, salgono nella nave che gli garantisce uno spiraglio di vita. Hanno gli occhi spenti, ancora non fanno entrare quello spiraglio. Ci vorrà un giorno, prima che i naufraghi cambino espressione e comprendano di essere al sicuro, di non rischiare più la vita. E lo scrittore ci descrive quanto lo abbia impressionato vederli uno ad uno salire dalla scaletta della nave.
Non ho uso di tatuaggi, la mia superficie riporta solo i segni degli anni. Ma gli avvenimenti del mondo che mi hanno coinvolto fisicamente mi hanno inciso tatuaggi dalla parte interna della pelle.
Le due settimane a bordo mi hanno impresso un tatuaggio nuovo: una scala di corda che pesca nel vuoto. Dal suo ultimo gradino ho visto spuntare una per una le facce di chi risaliva dal bordo di un abisso. Stipati in una zattera, scalavano i gradini della loro salvezza.
Erri De Luca sta di
vedetta con il binocolo, unica attività a lui concessa, ma è felice
di aver preso parte a questa attività. Lo si comprende dalle parole
e ancor più dalle immagini che ha pubblicato nel libro. È felice
d'aver conosciuto il capitano, i mediatori culturali e ancora tutti
gli ufficiali di bordo che impartiscono ordini durante l'emergenza.
Tutte foto che li ritraggono sorridenti, lieti e orgogliosi uniti in
un abbraccio. E l'esperienza preziosa che ne ha ricavato lo
scrittore, ce la racconta con il suo solito stile poetico, profondo e
coinvolto, mai estraneo alle vicende e ai fatti. Proprio per questo è
anche un'invettiva politica, contro chi permette queste stragi in
mare. Ma il discorso torna umano quando s'immagina se i delfini
potessero aiutare a loro volta i naufraghi:
Se i delfini venissero in aiuto dei dispersi in mare, questi svaporati li accuserebbero di complicità coi trafficanti. In verità la loro fandonia intende accusare i soccorritori d'interrompere il regolare svolgimento del naufragio.
Perché siamo e dobbiamo rimanere contemporanei incalliti del più lungo e massiccio affogamento in mare della storia umana.
Alessandra Liscia
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