Diavoli custodi
di Erri De Luca e Alessandro Mendini
Feltrinelli, settembre
2017
pp. 96
€
14
Alla stazione vedo la mia ombra sporgersi sul binario del treno di passaggio. Non faccio in tempo a ritirarla. Riapro gli occhi, non è stata investita, se ne sta appoggiata ai vagoni che spostano il vento. E' illesa, un po' schiacciata. Così è quando leggo. Mi passa sopra un treno, precipito, affogo, brucio e da qualunque azzardo, amore incluso, esco stordito ma rigovernato. Poi chiudo il libro e mi trovo riammesso nel presente.
Un nuovo libro dello
scrittore Erri De Luca, eppure già vecchio, già letto. In Diavoli
custodi lo scrittore sfoggia e approfondisce tutti i temi caldi della
sua produzione letteraria, non stupendo il lettore affezionato. Chi
infatti ha già letto diversi libri di De Luca, non troverà quasi
niente di nuovo sotto l'ombra della sua scrittura. Ci sono tutti gli
elementi caratteristici dello scrittore napoletano, tutti i temi che
ama riproporre nei suoi libri. Dalla sua bella Napoli, al fascino
indiscutibile del Vesuvio, sino alla guerra, al suo lavoro di autista
in Bosnia, al legame indissolubile con la sua famiglia, al rapporto
che ha con se stesso e con l'altro sesso e infine le sue traduzioni
dalle scritture sacre.
Tutti gli argomenti,
raccontati ciascuno in una pagina, sono preceduti dai disegni di
Alessandro Mendini, architetto, nonché amico dello scrittore.
Disegni e non illustrazioni, poiché dell'architetto hanno ben poco:
ispirati dai mostri disegnati da un bambino dislessico, mantengono un
tocco infantile e impreciso, tipico dei bambini. Sono accesi, ricchi
di colori, contorti e al tempo stesso semplici, privi di una qualche
ricercatezza che ci si aspetterebbe da un architetto. Il compito
dello scrittore è reinterpretare i disegni e dipingere con le parole
a sua volta un'immagine speculare che trae spunto da quelli di
Mendini. Si sa che Erri sia un po' ribelle e alquanto originale, così
i suoi commenti paiono a tratti più voli pindarici che racconti
ispirati dai disegni.
C'è un diavolo
stilizzato sulla sinistra e sulla destra lo scrittore scrive che “la
spudorata faccia del male, ridotta a caricatura, può essere ridotta
allo stato ridicolo”. Menziona anche la frase di Charles Lutwidge
Dodgson, valente matematico, il quale osservando un quadro
raffigurante diavoli asserì che “sono troppo grotteschi per
destare orrore”. E De Luca conclude:
Richelieu vide nella figura del politico la contraffazione diabolica del santo. Erano altri tempi, l'arte di governo era in mano a strateghi di grandi progetti.
L'attualità propone invece la figura politica del gradasso. Aizza le paure pubbliche e private per offrirsi domatore, promette diritto di pugno. Non esiste nel suo vocabolario la parola pace, perché inefficace allo scopo di agitare. Arrivati al traguardo del consenso, raggiungono l'effetto dei diavoli di Memling, troppo grotteschi per destare orrore.
Mendini disegna degli
occhi umani, sono tanti, sono sgranati. Erri ripensa a suo padre,
divenuto cieco in pochi mesi e riflette su quanto sia stato forte,
mai vittima della propria mancanza, anzi ironico e beffardo. Un uomo
di fuoco prende vita in una pagina, nella seguente lo scrittore
ripensa alla sua famiglia, ai suoi cari riuniti intorno al caminetto,
durante l'ora di cena. Sono tutti morti, ma con un bicchiere di vino
tornano tutti in vita. Con le sue frasi disegna una calda scena
familiare, l'affetto che ha ricevuto dai genitori, i consigli e i
rimproveri. Quando è stanco, De Luca li abbandona lì sul tavolo e
va a dormire, con la certezza di averli rivisti. Poi è la volta del
disegno di un uomo pelato, con la bocca aperta e gli occhi
spaventati. E' magro. Lo scrittore ricorda quando faceva l'autista in
Bosnia negli anni '90, quando riforniva i centri umanitari di
medicinali e passando per la strada incrociava tanti uomini magri, i
quali sicuramente si privavano dei pasti per lasciarli in maggiore
quantità ai figli. A pochi metri bambini, pieni di energie,
saltellanti, a pochi passi da loro delle mine antiuomo sotterrate.
E quel tocco polemico,
peculiarità di Erri De Luca, si palesa anche tra questi racconti.
Prima contro i politici, come abbiamo visto sopra, poi contro
quell'Italia che è colma di opere incompiute.
La nostra modernità ha bisogno di fatturare lo spreco.
L'Incompiuta è il nome di una sinfonia di Schubert ma anche un modello di sviluppo italiano. Centinaia di grandi opere pubbliche sono state lasciate così, abbandonate prima del termine. Evidentemente da noi non serve l'opera compiuta, ma quella a effetto ritardante, da prolungare col massimo di sfondamento della spesa preventivata.
A conferma di questo modello ecco che si contano numerose opere effettivamente eseguite ma non inaugurate e lasciate perciò senza utilizzo: ospedali, prigioni, strade, ponti.
L'idea di partenza è
originale, diversa dalle abituali proposte editoriali dello
scrittore. Coloro che lo seguono e non si perdono mai i suoi libri
troveranno però delle certezze, le consuete certezze argomentative
di Erri De Luca. Una collaborazione giocosa, quella tra Alessandro
Mendini ed Erri De Luca, che ha dato vita ad un libro colorato e
piacevole da leggere.
Alessandra Liscia