Siamo rimasti colpiti dalla delicatezza e la precisione del suo tratto, dalla sua sensibilità cromatica (e artistica in senso lato), dalla sua capacità di cogliere le caratteristiche più intime e profonde di un personaggio complesso... ora restiamo ugualmente colpiti dall'intelligenza delle sue risposte. Abbiamo intervistato Lucrezia Buganè, in arte Lucrèce, che per la collana "Per aspera ad astra" di Hop! edizioni ha curato la biografia illustrata di Virginia Woolf (qui la recensione). Illustratrice giovane, talentuosa e decisa, Lucréce ci meraviglia con uno stile perfettamente riconoscibile, nonostante la varietà dei suoi interessi e dei progetti a cui si dedica con passione. Oggi abbiamo voluto saperne di più sul suo Virginia, ma anche sul suo modo di concepire la femminilità e l'arte.
Affrontare un personaggio noto e discusso come quello di Virginia Woolf è sicuramente un compito di grande importanza e difficoltà: come hai preso confidenza con la figura della scrittrice?
Non ho riscontrato particolari difficoltà nell'immedesimazione di un personaggio così tormentato dalla sua componente più intima e viscerale ma naturalmente non era scontato che riuscissi a trasmettere questo sulla carta. Mi sono sforzata di non farmi troppo condizionare dalla notorietà di Virginia, dando maggiore importanza alla mia sincerità nell'interpretarla, e questa sincerità l'ho cercata attingendo al mio vissuto. Come un attore calza i panni di un nuovo personaggio rendendolo parte di sé, ho cercato di indossare gli abiti emotivi di Virginia mettendo in risalto quei fili di connessione con il mio tessuto.
Tra le sue opere, quale ti sembra abbia reso maggiormente gli spigoli, le fragilità e il carattere della donna (o, più semplicemente, quale preferisci)?
Del suo florilegio di opere non ho letto tutto, dunque mi riservo di mantenere la risposta in sospeso. Ad ogni modo, in generale, mi piace pensare che non sia un'unica opera a essere quella maggiormente rappresentativa del proprio autore, che del resto difficilmente possiamo dire di conoscere se non nell'interpretazione di ciò che crediamo voglia comunicarci e nel modo in cui effettivamente ci riesce, o non ci riesce, mettendoci nella condizione di farci un'idea del tutto ipotetica di quello che è il suo carattere, il suo Io filtrato dal nostro.
Tutto nelle tue illustrazioni (il tratto, il colore, gli elementi decorativi) paiono mettere in rilievo la bellezza e il tormento non solo della tua protagonista, ma anche di una precisa epoca storica. Quanto il contesto in cui si inseriva Virginia ha pesato sulla tua resa dei personaggi?
Moltissimo, sia dal punto di vista tecnico - del resto non nego che il mio stile attinga anche a quello delle illustrazioni dell'epoca e questo, forse, mi ha avvantaggiato in una rappresentazione che appare più mirata – che nel tentativo di caratterizzare i personaggi in stretta relazione all'ambiente nel quale si trovavano.
Erano anni in cui si dava spazio alla verticalità, alla decorazione minuziosa e alle figure esili al riparo sofferto delle loro gabbie di vesti slanciate. Tutto questo ho cercato di riproporlo nella resa di un'atmosfera estetica ed emotiva che fosse appropriata al contesto.
Una delle immagini che mi ha più colpito è quella in cui ritrai Virginia nel momento della crisi, con il volto solcato da crepe, come una donna "in frantumi", ma non spezzata. Credo che tutte noi ci possiamo riconoscere in questa raffigurazione, nel tentativo di tener insieme i pezzi di sé. In questo senso, la tua Virginia risulta al lettore (alla lettrice) straordinariamente umana e familiare. Anche tu hai provato per il tuo soggetto una qualche forma di empatia? Quali altri figure storiche di donne senti affini?
Assolutamente sì, ho provato empatia dal momento in cui sono andata a rintracciare tutti quei fili, di cui parlavo precedentemente, che ho trovato a collegarmi a Virginia. La perdita di una persona amata, di un genitore, crea il solco di una crepa incolmabile rendendoci cortecce di alberi. Nell'illustrazione di cui parli, in fondo, ho rappresentato crepe anche mie. Invece, per quanto riguarda il sentire affini a me altre Donne della Storia, non saprei. Mi viene sempre più spontaneo immedesimarmi in personaggi di finzione, immaginari.
Guardando il tuo profilo biografico, ho visto che sei molto eclettica, che ti sei dedicata a molti progetti diversi. Qual è la tua linea di ricerca artistica? Quale la linea di continuità stilistica tra tematiche così differenti l'una dall'altra?
Mi piace moltissimo non impormi limiti da sola, sperimentando nuovi territori cercando di mantenere una mia coerenza. Le definizioni non mi appartengono, mi ingabbiano.
Forse è per questa mia indole che mi sono trovata a spaziare tra stili e ambiti completamente differenti. Del resto, anche nello studio e nella ricerca trovo che tutto, potenzialmente, possa celare aspetti interessanti. Precludermi spunti e motivi di crescita lo troverei stupido, è necessario coltivarsi costantemente allungando le proprie radici. Non so se nel mio operato io riesca a mantenere una continuità stilistica, anche questo, del resto, richiede una ricerca costante di chi siamo e di quello che vogliamo dire.
Se dovessi rappresentare te stessa, quale stile artistico sceglieresti? Quali colori?
Avendo una particolare predilezione per le opere intimiste, sento spesso il bisogno di ritrarmi o comunicare la mia vita attraverso il disegno. Forse è anche per questo che trovo importante l'empatia e l'immedesimazione nel personaggio. Ho realizzato molte rappresentazioni di me in cui stile e colori cambiano costantemente, ma se parliamo di questo momento preciso posso dire che mi sento a righe verdi.
Carolina Pernigo