di Gino Roncaglia
Laterza, 2018
pp. 234
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Persi in un negozio ricco di un'infinita varietà di coloratissime caramelle informative, diminuiscono le competenze legate alla produzione di piatti elaborati e di menu completi. (p. 41)
In questi anni a scuola, ho pensato spesso a progetti che integravano digitale e libro di testo, ricerca bibliografica e realizzazione di contenuti da parte degli alunni. "Ah, lei è giovane e fa la moderna", "Brava, c'è l'aula di informatica, usiamola!", "Ma non restate indietro con il programma?", "I minori che si connettono su internet sono un gran problema. Sicura di voler correre rischi?", "Ci vuole un sacco di tempo e ti devi sobbarcare tanto lavoro in più a casa!". Sono solo alcune delle reazioni che mi hanno colpito di più da parte di colleghi e di genitori; ometto le reazioni (fortunatamente tante) di chi ha capito lo spirito dei miei progetti, ovvero quello di integrare le risorse a disposizione e di mostrare ai ragazzi come le conoscenze non restino legate solo all'interrogazione della settimana, ma si possano fondere per creare qualcosa di proprio, come si possa imparare facendo, misurandosi direttamente con un mezzo che è ancora troppo spesso guardato come una distrazione. Poi, però, al libro di testo siamo sempre tornati, arricchiti da un percorso nuovo, più saldi sulle conoscenze e con qualche competenza in più.
Forse è proprio perché credo che il digitale sia uno strumento pieno di opportunità e non un mostro a tre teste, che ho trovato profondo conforto e conferma delle mie idee nel saggio di Gino Roncaglia appena uscito per Laterza, L'età della frammentazione. Punto focale dell'intero lavoro è il seguente:Il problema da affrontare non è la contrapposizione fra carta e digitale ma l'integrazione fra granularità e complessità, che va ricercata e garantita anche nel nuovo ecosistema comunicativo. (p. 157)
Il professor Roncaglia, esperto sostenitore del dialogo tra cartaceo e digitale fin dall'inizio del dibattito, sempre portatore di buonsenso e di pragmatismo, anche in quest'opera dimostra come la tecnologia debba sempre rimanere un mezzo da modellare a seconda delle esigenze di fruizione dei contenuti («Devono essere gli obiettivi a guidare la scelta e l'uso della tecnologia» (p. XII) e non viceversa).
Inoltre, non dobbiamo immaginare lo stato attuale del digitale come qualcosa di realizzato pienamente: al contrario, le risorse a nostra disposizione online o sui supporti digitali non sono ancora autosufficienti, perché «il mondo è complesso e non lo si può capire e analizzare solo in termini di mattoncini Lego» (p. 12). Senza dubbio apprendiamo alcune cose da un video su Youtube, ma manca la contestualizzazione che ci permetta di inserire quella risorsa, per forza parziale, in un contesto molto più complesso e, aggiungerei, un singolo video non aiuta a crescere lo spirito critico fondamentale per valutare l'affidabilità o meno di una risorsa.
Se è vero che «abbiamo dato ai nuovi territori della rete un'articolazione orizzontale assai sofisticata», ora dobbiamo pensare alla «costruzione di complessità verticale» e al «progressivo affiancamento di contenuti strutturati e complessi a contenuti granulari e frammentati» (p. 31). Insomma, c'è ancora tanto lavoro da fare, e Roncaglia non solo ne è consapevole; sa che per un vero e proprio salto di qualità occorrono molte risorse (umane e, ovviamente, economiche) e che questo richiederà tempo, perseveranza, ma anche un intervento da parte dello Stato con decreti meno fumosi e più saldamente radicati nelle nostre realtà.
La mia impressione [...] è che la prevalenza di risorse informative brevi, granulari e frammentate non rappresenti una caratteristica essenziale dell'ecosistema digitale, ma una caratteristica contingente di una sua fase evolutiva. (p. 12)
Quel che possiamo fare adesso è sfruttare le peculiarità del digitale anche nella formazione, per creare nuove competenze (che devono sempre e comunque intrecciarsi a conoscenze salde). Questa nuova informazione multicodicale, interattiva e on-demand, è una grande opportunità, ma il docente e i libri di testo sono ancora fondamentali per dare la giusta strutturazione ai contenuti e garantire il raccordo tra un argomento e l'altro. Dunque, lasciano a desiderare le proposte di abbandonare il libro di testo a vantaggio di forme di insegnamento completamente basate su contenuti auto-prodotti e/o presi dalla rete.
Certamente, il libro di testo però va ripensato e adattato ai tempi: questa è la tematica su cui Roncaglia si concentra nella seconda parte del testo. Dopo aver brevemente ripercorso la storia editoriale dei manuali scolastici, si giunge a redigere una serie di caratteristiche fondamentali, premesse fin dalle prime pagine:
Il libro di testo deve trasformarsi in uno strumento orientato molto più alla narrazione e alla motivazione che all'accumulazione di contenuti espositivi, capace di rivolgersi direttamente allo studente e non più in primo luogo al docente. (p. 13)O meglio, più nel dettaglio il libro di testo oggigiorno deve essere
aperto alla rete e all'uso di contenuti multimediali ma caratterizzato comunque dalla funzione di filo narrativo, punto di riferimento autorevole e validato che accompagna le attività didattiche, espressione di una forte personalità autoriale (perché quella dell'autore è una voce che bisogna onestamente dichiarare e far sentire ,non nascondere dietro la pretesa 'oggettività informativa' di schede e box anonimi) e insieme strumento di cornice e di raccordo per l'uso di ulteriori risorse d'apprendimento esterne, selezionate in rete o comunque indipendenti e modulari. (p. 137)
E che dire dei contenuti extra offerti dal digitale? Sono delle buone opportunità, ma siamo ancora lontani dalla sostituzione del cartaceo con libri di testo digitali: ad esempio, ogni casa editrice scolastica richiede l'installazione di una piattaforma di fruizione proprietaria, con caratteristiche peculiari che possono creare enormi fratture tra una materia e l'altra, andando contro l'idea di fluidità e di interdisciplinarità auspicata. E, anzi, dando l'idea di un mondo schizofrenico, chiuso per salvaguardare i diritti editoriali (sacrosanti, ma talvolta puro ostacolo all'istruzione aperta grazie a contenuti facilmente fruibili).
Le proposte di Roncaglia, ampiamente argomentate e sempre dotate di grande spirito pratico, si misurano con l'analisi dell'attuale stato delle cose (come sono gli ambienti d'apprendimento reali e virtuali? E qual è il loro rapporto con i contenuti di apprendimento stessi?), con alcune pratiche didattiche (flipped classroom, coursware, byod), con gli obiettivi per il futuro (più o meno realizzabili, ma sempre visualizzati ora con efficaci sintesi, ora con analisi puntuali). Due cose mancano di sicuro a questo lavoro: pressappochismo e astrattismo. E non posso che ringraziare il professore per questo prezioso contributo, esempio di chiarezza espositiva e prima ancora di contenuto, che rappresenta una riflessione importante sullo stato del digitale nel 2018 e sulla sua possibile evoluzione.
GMGhioni
Social Network