A Parigi con Colette.
Qui tutto inizia e insieme si compie
di Angelo Molica Franco
Giulio Perrone Editore, 2018
pp. 116
€ 12,00
Non si poteva scegliere disegno più indovinato per la copertina di A Parigi con Colette. Il raffinato flacone di profumo che l’abbellisce (della cui stampa si fregia anche il segnalibro staccabile dalla quarta), è forse l’oggetto più adatto per simboleggiare l’essenza dell’artista francese a cui è dedicato questo volume di Angelo Molica Franco, appena pubblicato da Giulio Perrone Editore. La preziosità della boccetta rétro, tante volte stilizzata a mimare le sinuosità della silhouette femminile, pare qui alludere alla femminilità spregiudicata del personaggio in questione, all’aura mitica e fatale che da sempre ne accompagna la fama e la memoria, nonché – e non da ultimo – alla sua esperienza pionieristica di imprenditrice nel settore della cosmesi; che fu una parentesi, certo, rispetto all’impegno primario della scrittura, eppure perfettamente coerente con il suo status di parisienne per antonomasia, rivestito con orgoglio ben oltre la fine della stagione dorata della Belle Époque. Perché il legame tra Sidonie-Gabrielle Colette (1873-1954) e la capitale francese fu intenso e duraturo, e ci sono luoghi che, rievocati in sua compagnia – meglio: al suo seguito, come sulla scia di un’intrigante fragranza – non mancheranno di affascinare anche i lettori più distanti dal personaggio e dalla temperie della sua epoca.
Giornalista e traduttore letterario, collaboratore di «Il Venerdì di Repubblica», «Il Fatto Quotidiano» e «Vogue», ma soprattutto cultore dell’opera della scrittrice, di cui ha già curato diversi titoli (tra i tanti: Mi piace essere golosa, una selezione degli articoli da lei pubblicati sulla rivista «Marie Claire» durante la guerra), Angelo Molica Franco ha messo per iscritto un peculiare itinerario, con l’intento di far rivivere la Parigi di Colette attraverso il filtro della sua straordinaria esistenza. Colette, a rigore, non era nativa della Ville Lumière: ci arrivò dalla Borgogna solo nel 1893, fresca sposina del primo consorte Willy – al secolo Henry Gauthier-Villars, «direttore e vettore della cultura bohémienne parigina» – e ci rimase fino alla morte, prima donna della Capitale di Francia a ricevere solenni esequie di Stato. Ma ha forse importanza, alla luce della sua incredibile esistenza, cavillare sull’eventuale “difetto” di questa origine spuria? Per l’autore non ne ha nessuna, al punto che la Parigi da lui descritta in sette tappe è più vivida, affascinante e “colettiana” che mai.
Intervallati dalle illustrazioni in bianco e nero di Valerio Vigliaturo, si succedono dunque sette capitoletti i cui titoli rimandano ai luoghi d’elezione dell’autrice delle varie Claudine e del capolavoro Chèrie. Ci sono tutti: dal salotto letterario di Madame Arman de Caillavet, frequentato insieme al primo consorte, al palco del Moulin Rouge sul quale si esibì e diede pubblico scandalo in seguito a un audace bacio saffico; dall’omonima Place Colette, a lei dedicata post-mortem, al salone di bellezza che volle inaugurare a suo nome nel 1932, avventura imprenditoriale (tanto breve quanto intensa) intrapresa negli anni della maturità, quando ormai si sentiva lontana «dall’asprezza e dall’orgoglio della malefica giovinezza». E poi ancora il salon Goncourt, ovvero la sala al primo piano dello storico ristorante Drouant (fondato nel 1880 e famoso per le ottime ostriche alsaziane) in cui dal 1914 si svolgevano le riunioni dell’omonimo Premio (Colette, giurata, non mancava mai alle cene del martedì) e il cimitero Père-Lachaise, dove la scrittrice è sepolta nella quarta divisione, di fianco a Louis Visconti, George Eugène Haussmann e Gioacchino Rossini. Fino a ritornare – perfetta chiusura del cerchio e del tour – al paesino d’origine dell’artista, quel Saint-Sauver-en-Puisaye a due ore da Parigi in cui da un paio d’anni «il nido di Gabrielle», ovvero la casa natale dell’artista da giovane, è stata riaperta al pubblico grazie all’opera di un gruppo di studiosi e appassionati, fondatori della Société des amis de Colette.
La topografia “colettiana” ricostruita da Angelo Molica Franco con una prosa evocativa e documentatissima segue la cronologia della carriera dell’artista per condurre il lettore nelle sedi che la videro esprimersi al meglio sia nella veste di personaggio pubblico sia nel privato, prima donna sublime e indiscussa affiancata da comprimari non meno d’eccellenza: da Gertrude Stein a Marcel Proust, da Jean Cocteau a Pablo Picasso, dal giovane Truman Capote – che, dopo una lunga anticamera, ebbe l’onore di intervistarla nel 1947 – passando per i famigerati “sette italiani di Parigi” – i pittori Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, Gino Severini, Mario Tozzi, Massimo Campigli, Renato Paresce e Filippo De Pisis. Grazie alla precisione del suo taglio, A Parigi con Colette è a tutti gli effetti un libro in più, che non potrà non piacere ai cultori e agli studiosi dell’artista francese, lieti di seguire l’autore in questa affascinante (e ulteriore) “flânerie gnoseologica”. Il bel lavoro di Angelo Molica Franco ha tuttavia il pregio preliminare di essere una guida ricca di atmosfere e suggestioni, che ogni appassionato della Belle Époque e della prima metà del Novecento europeo sfoglierà con interesse. Lì, tra le pagine di questa singolare guida di viaggio e con un Cicerone d’eccezione quale Colette, si daranno la mano gli estimatori di lunga data e i nuovi ammiratori ancora da conquistare: proprio nell’eterna Ville Lumière, dove «tutto inizia e insieme si compie».
Cecilia Mariani
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