L'arte di correre
di Haruki Murakami
Einaudi Super ET, 2007
Traduzione di Antonietta
Pastore
pp.
146
€
11 (cartaceo)
Non è un saggio, scrive
Murakami, ma neanche una biografia poiché mancano molte informazioni
personali. Eppure parla tanto di sé in questo libro, raccontando e
descrivendo le difficoltà affrontate durante la corsa e durante le
varie maratone in cui ha partecipato. Compara la corsa alla
scrittura, asserendo che l'unica differenza sostanziale tra le due è
che nella seconda, ossia nella scrittura sia necessario essere dotati
di talento. Una macchina seppur bellissima, ha pur sempre bisogno di
carburante e per Murakami, il carburante della scrittura creativa è
il talento.
Dunque cos'è questo libro? Lo scrittore lo cataloga tra le “memorie”, rivelando quanto sia stato faticoso ma al contempo catartico scriverlo. E in queste memorie, nonostante la proverbiale e notoria riservatezza dello scrittore, parla abbastanza di sé.
Ricorda tra le pagine i suoi esordi sia come maratoneta che come scrittore, che più o meno combaciano. A trent'anni gli venne voglia di scrivere un libro e lo fece, non senza sacrifici. A quei tempi possedeva un locale, il classico pub, che lo impegnava da sera sino all'alba. Per dedicarsi alla scrittura decise di chiudere il locale e fu allora, quando iniziò a trascorrere troppo tempo seduto su una scrivania, che ebbe anche la voglia di andare a correre. Parla della sua tendenza ad ingrassare, cosa che lo portò a dedicarsi con grande costanza alla corsa. Ogni mattina si svegliava e andava a correre, i primi tempi anche sotto la pioggia. In molti gli chiesero dove trovasse la forza e la voglia di concentrarsi quotidianamente in tale disciplina e lui rispose che era fortunato a svolgere oramai un lavoro che non lo portava fuori casa, magari lontano con la necessità di prendere mezzi come la metropolitana, dunque doveva a se stesso un po' di movimento, attività fisica fuori dalle quattro mura domestiche. Intraprendente, dopo pochi mesi di allenamento, s'iscrisse alla sua prima maratona. Vent'anni dopo racconta varie maratone a cui ha partecipato, spiegando che per lui non è mai stato importante vincere, bensì portare a termine la gara. Non essendo dotato caratterialmente di competizione, l'unica vera sfida a cui prende parte quando corre è quella contro se stesso.
Dunque cos'è questo libro? Lo scrittore lo cataloga tra le “memorie”, rivelando quanto sia stato faticoso ma al contempo catartico scriverlo. E in queste memorie, nonostante la proverbiale e notoria riservatezza dello scrittore, parla abbastanza di sé.
Ricorda tra le pagine i suoi esordi sia come maratoneta che come scrittore, che più o meno combaciano. A trent'anni gli venne voglia di scrivere un libro e lo fece, non senza sacrifici. A quei tempi possedeva un locale, il classico pub, che lo impegnava da sera sino all'alba. Per dedicarsi alla scrittura decise di chiudere il locale e fu allora, quando iniziò a trascorrere troppo tempo seduto su una scrivania, che ebbe anche la voglia di andare a correre. Parla della sua tendenza ad ingrassare, cosa che lo portò a dedicarsi con grande costanza alla corsa. Ogni mattina si svegliava e andava a correre, i primi tempi anche sotto la pioggia. In molti gli chiesero dove trovasse la forza e la voglia di concentrarsi quotidianamente in tale disciplina e lui rispose che era fortunato a svolgere oramai un lavoro che non lo portava fuori casa, magari lontano con la necessità di prendere mezzi come la metropolitana, dunque doveva a se stesso un po' di movimento, attività fisica fuori dalle quattro mura domestiche. Intraprendente, dopo pochi mesi di allenamento, s'iscrisse alla sua prima maratona. Vent'anni dopo racconta varie maratone a cui ha partecipato, spiegando che per lui non è mai stato importante vincere, bensì portare a termine la gara. Non essendo dotato caratterialmente di competizione, l'unica vera sfida a cui prende parte quando corre è quella contro se stesso.
È ovvio che in alcune cose anch'io non sopporto la sconfitta, ma di perdere contro un rivale non mi è mai importato molto, fin da quando ero bambino. E diventando adulto ho conservato fondamentalmente lo stesso atteggiamento. In qualsiasi circostanza, battere un avversario è l'ultima delle mie preoccupazioni. Ciò che piuttosto mi interessa è se riesco o meno a raggiungere gli obiettivi che io stesso mi sono prefisso. In questo senso, correre su lunga distanza è uno sport perfettamente consono alla mia mentalità.
Sono infinite le
complicazioni che possono capitare durante una maratona e con grande
calma ce le descrive. Un crampo, una gamba che a differenza
dell'altra rallenta l'andatura, una storta o uno svenimento.
Già solo questa scoperta mostra quanto sia ardua una competizione sportiva come la maratona. Se non ti reciti di continuo un mantra, non ce la farai mai.
Tra i concorrenti ce n'era uno che per tutta la corsa, dall'inizio alla fine, rimuginava su un motto appreso dal fratello (un maratoneta anche lui): Pain is inevitable. Suffering is optional.
Quello era il suo mantra. Il dolore non si può evitare, ma la sofferenza è opzionale.
Supponiamo per esempio che correndo uno pensi “Non ce la faccio più, è troppo faticoso”. La fatica è una realtà inevitabile, mentre la possibilità di farcela o meno è a esclusiva discrezione di ogni individuo. Credo che queste parole riassumano alla perfezione la natura di quell'evento sportivo che si chiama maratona.
Murakami corre e
partecipa alle maratone da ventitré anni, ma negli anni si stanca,
perde l'entusiasmo e la costanza di dedicarsi a quest'attività. Ed è
allora che decide di provare con il triathlon, attività sportiva che
richiede più forza ed energia in quanto unisce tre discipline quali
il nuoto, il ciclismo e la corsa. Per la corsa non ha avuto problemi,
per il nuoto si è dovuto rivolgere a diversi coach in quanto non
sapeva nuotare bene e per il ciclismo si è semplicemente abituato ad
una nuova attività sportiva. Anche in questo caso, non essendo una
persona competitiva, la sfida era sempre e comunque contro se stesso.
La prima volta che partecipò ad una competizione di triathlon fu
squalificato a causa del nuoto. La seconda volta che ci riprovò, non
si piazzò in buone posizioni, ma era orgoglioso di aver portato a
termine la gara. Esattamente come per le maratone, si potrebbe dire
che per lui sia importante partecipare e concludere il percorso,
qualsiasi sia il risultato. Cresce negli anni anche l'abilità di
scrittura e con il secondo libro pubblicato riceve un riconoscimento
importante. E' allora che comprende di poter diventare scrittore, di
poter trasformare la scrittura in una professione. D'altronde, per
dedicarsi al meglio alla scrittura, chiuse un'attività che andava a
gonfie vele e che dava da mangiare sia a lui che alla sua giovane
moglie. La fortuna fu dalla sua parte, anche se lo scrittore parla di
tenacia, mai di fortuna, e nel corso del tempo è diventato il grande
scrittore che è oggi. Ai tempi, a causa dello stress, quando si
forzava a scrivere tutti i giorni qualcosa, fumava ben sessanta
sigarette al giorno. Fu anche per questo motivo che abbinò alla
scrittura la corsa.
Ciò che conta, più di ogni altra cosa, è che l'opera compiuta corrisponda ai criteri che lo scrittore stesso ha stabilito, e in questa valutazione non gli sarà facile barare. Davanti agli altri bene o male si possono trovare dei pretesti, ma ingannare se stessi è impresa ben più ardua. In questo senso scrivere un libro è un po' come correre una maratona, la motivazione in sostanza è della stessa natura: uno stimolo interiore silenzioso e preciso, che non cerca conferma in un giudizio esterno.
Un libro curioso che ci
fa conoscere sotto altri aspetti Murakami, il grande scrittore che è
oggi. Un carattere calmo ma tenace, forte seppur non prepotente e
arrogante, deciso e coerente con le sue scelte.
Una bella e veloce
lettura, entusiasmante per chiunque ami Murakami e desideri conoscere
meglio una piccola parte della persona che è.
Alessandra Liscia