Mia indissolubile compagna.
Lettere a Laura Boschian 1938-1971
di Salvatore Satta
a cura di Angela Guiso
Ilisso, 2017
pp. 345
€ 11,00
All’interno del FASS, il Fondo Autografi Scrittori Sardi Moderni e Contemporanei custodito presso la Biblioteca Interfacoltà degli Studi Umanistici dell’Università di Sassari, ci sono, tra i moltissimi documenti, 120 messaggi. Si tratta di cartoline e, in massima parte, di lettere, vergate quasi sempre su carta celestina e variamente intestata, indirizzate da un giovane professore di giurisprudenza di origine nuorese a una slavista di origine triestina. Lui è Salvatore Satta (1902-1975), destinato a diventare il più importante e famoso giurista-scrittore della Sardegna, e lei è Laura Boschian (1913-2001), sua futura moglie nonché madre dei figli Filippo e Luigi. I due si conoscono alla fine degli anni Trenta, all’Università di Padova, quando lei è assistente volontaria all’insegnamento di Letteratura Russa e lui sta per lasciare la cattedra per trasferirsi a Genova. Così, quello che poteva essere un incontro mancato diventa un incontro fatale. Satta (più tardi solo “Bob”, abbreviazione di “Bobore”, ovvero Salvatore in dialetto barbaricino) inizierà subito un intenso corteggiamento epistolare, che non si interromperà nemmeno dopo le nozze: la scrittura a Laura sarà sempre per lui una dolce e necessaria consuetudine, parte integrante dell’unione con la propria anima gemella. Questa fitta corrispondenza, ora pubblicata da Ilisso a cura di Angela Guiso, è dunque la cronaca privilegiata di una lunga storia d’amore, le cui tracce epistolari – riunite sotto un titolo, Mia indissolubile compagna, che restituisce il senso di un legame esistenziale prima ancora che matrimoniale – prendono il via nell’autunno inoltrato del 1938 e si protraggono, con frequenza ora più fitta ora più rarefatta, fino alla primavera del 1971.
Si capisce subito che l’incontro di Salvatore con Laura – nome che di per sé già si presta ai più ovvi parallelismi letterari – sconvolgerà l’uomo più di quanto avrebbe mai potuto prevedere. E a leggerne il racconto che ne fa la futura Signora Satta (riportato da Angela Guiso nella Prefazione in base alla testimonianza della nipote Ignazia, figlia del primogenito Filippo) si reagisce con sorpresa nel constatare il garbo e l’audacia del “giurisperito da giovane”, in una scena che pare la prima pagina di una brillante sceneggiatura:
«Stavamo in cerchio col bicchiere in mano a dire cose senza rilievo. Ma in un momento di silenzio Satta, che mi stava di fronte, si rivolse a me con una domanda rilevantissima personale indiscreta di un’attualità che lui pareva aver subito indovinato: “Scusi, lei è per caso fidanzata?”. “No” risposi, senza neppure sdegnarmi per l’indiscrezione. “Perché?”. “Perché potrei innamorarmi di lei e non voglio pasticci”».
Ma l’amore, proprio come temuto, verrà. E chi conosce il Satta autore del De profundis (1948), del monumentale Commentario al codice di procedura civile (1966), dei Soliloqui e colloqui di un giurista (1968) e soprattutto del capolavoro postumo Il giorno del giudizio (pubblicato post-mortem alla fine degli anni Settanta), stenterà a sovrapporne la statura con quella dell’uomo vinto dal sentimento, talvolta lunatico, sensibile alla distanza, spesso enfatico, capace di slanci lirici commoventi e allo stesso tempo consapevole amministratore di una personalissima verve narrativa. La lettura di queste epistole a Laura, insomma, sortisce in più punti lo stesso effetto dei Padrigali mattutini, ovvero di quella corrispondenza domestica sattiana fatta di irresistibili “pizzini” già pubblicata da Ilisso nel 2015 a cura di Valerio Magrelli, e caratterizzata da una vena buffa, grottesca e autoironica. Il Bob che scrive a Laura, prima per conquistarla e poi per ribadirle il suo amore per lei e per la famiglia, è lo stesso individuo intimamente istrionico che si divertirà a disseminare per la casa biglietti volanti dalla molteplice firma (da Bibi a Ettore, da Pater Bibus a Bibi Dante, da Rolandino a Romeo, da Ulisse a Pindaro, per non citarne che alcune). Ma soprattutto, ed è questo a renderlo così vicino a chi legge, è un uomo spogliato da quella veste istituzionale che si farà anno dopo anno più prestigiosa, nudo al cospetto della sua (per noi silente) interlocutrice anche quando la sua prosa si fa più ricercata e i suoi riferimenti più dotti: perché è proprio in quelle occasioni testuali, in cui si esprime il desiderio di piacere alla persona amata o si sottolinea l’intimità privilegiata dell’intesa, che c’è tutto lo struggimento sentimentale di chi si preoccuperà sempre di essere all’altezza del ruolo di marito, genero, cognato e padre, e dunque tutta la paura di deludere, tutto il sospetto di non essere mai abbastanza.
Il “cuore morbido” del volume, vale a dire l’epistolario in senso stretto, è ben protetto dall’armatura critica e filologica curata da Angela Guiso, che oltre a redigere la bella e appassionata Prefazione correda ogni singola lettera di un apposito cappello descrittivo e di utilissime note a piè di pagina, la cui stesura è tanto più apprezzabile dal momento che, proprio per ammissione della studiosa, «ha comportato problemi relativi alla penuria di informazioni su luoghi, fatti, persone, pertinenti la cerchia di parenti, amici e colleghi della coppia Satta Boschian, stante l’epoca anche remota cui si riferiscono» (e ha dunque fatto tesoro della consulenza diretta con Luigi Satta, secondogenito di Salvatore, e sua moglie Dolores Antequera, più altri affidabili e competenti testimoni). La Scheda biografica e quella di consistenza epistolare, la ricca Bibliografia e l’Indice dei nomi, senza dimenticare l’Appendice contenente l’intervista a Claudio Delitala, figlio dell’avvocato penalista Giacomo, amico di Salvatore Satta, contribuiscono a fare di Mia indissolubile compagna un volume indispensabile sia per gli estimatori sia per gli studiosi del giurista-scrittore. «Ormai avevo preso la coincidenza per Satta», disse Laura Boschian nel commentare il primo incontro con il futuro compagno di una vita. E così adesso pure a noi, già cultori del Satta pubblico e privato o semplici amanti del genere epistolare, non resta che fare – ancora una volta, o per la prima volta – lo stesso.
Cecilia Mariani
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