L'esordio di Peppe Millanta: il coraggio di uscire dalla zona di conforto

Vinpeel degli orizzonti
di Peppe Millanta
Neo, 2018

pp. 246
€ 15,00



«Se vuoi posso insegnarti io».
«A fare che?»
«A riconoscere le emozioni».

Da lettore dei libri Neo, sono stato abituato ad associare i "loro" autori a diverse sensazioni: l'elegante introspezione di Paolo Zardi, la ferocia visionaria di Gianni Tetti, l'umorismo nero e nichilista di Alessandro Turati, la calda nostalgia di Nicola Pezzoli, la visceralità cinica di Franz Krauspenhaar e, ultima arrivata, la sobria disperazione di Silvia Ferreri in La madre di Eva.
Autori diversi, eppure tutti accomunati dalla capacità di dare al lettore quel pugno emotivo nello stomaco che, in definitiva, è il marchio di fabbrica della Neo.
Con la mente ben orientata a questo percorso, dunque, è normale che scorrendo le prime pagine di Vinpeel degli orizzonti io sia rimasto disorientato: dov'è il pugno allo stomaco, dov'è l'irriverenza, dov'è la curiosità, dov'è la voglia di dissacrare di cui si parla nel manifesto della casa editrice?
Da lettore dei libri Neo mi son chiesto: di cosa diamine si parla quando si parla di una casa editrice e del suo progetto letterario?
Ma non mi sono fermato, ho continuato a scorrere le pagine. E dopo un po', superata la barriera iniziale di una scrittura che ho trovato molto baricchiana (ho infatti percepito lontani echi di Oceano mare e della "sua" locanda Almayer, ma anche delle situazioni surreali e anacronistiche di Castelli di rabbia), ecco emergere in tutta la sua potenza lo stile personalissimo di Peppe Millanta; ecco emergere in tutta la sua autenticità l'immaginario visionario e poetico di Vinpeel degli orizzonti. Quei personaggi, che inizialmente mi sono apparsi in maniera quasi macchiettistica, e quelle situazioni, al limite del verosimile, hanno trovato finalmente spazio e tempo fra le pagine del libro.
La trama si sviluppa lentamente, Millanta non risparmia al lettore neanche un secondo: vuole anzi che lo segua nei propri percorsi articolati, nei propri viaggi in questa Dinterbild che piano piano gli si dispiega davanti come un territorio vergine da esplorare. Con la pazienza di un artigiano l'autore si sofferma a raccontarci gli eventi quotidiani, le personalità, i vizi (molti) e le virtù (poche) degli abitanti di questa Neverland. E ci si affeziona a Vinpeel e Doan, si soffre con loro per questa impossibilità di andare al di là, di crescere, di capire, di fuggire.
E di tutto questo spaesamento, di tutto questo peregrinare attraverso quest'isola circondata dal mare oltre il quale nulla sembra esserci, sempre con molta lentezza e pazienza riusciamo a comprenderne il significato. Quando ci si arriva, quando si comprende cosa Millanta ci sta raccontando e quanto radicato nelle nostre esistenze tutto questo sia, ecco che il libro cambia forma; ecco che l'orologio delle esistenze dei personaggi, bloccati loro a Dinterbild come bloccati siamo stati noi nella lettura, riprende a muoversi.
E a questo punto, arrivati alla fine, possiamo rispondere alla domanda che ci siamo posti all'inizio: dov'è il pugno allo stomaco, dov'è l'irriverenza, dov'è la curiosità, dov'è la voglia di dissacrare di cui si parla nel manifesto della casa editrice?
Ci sono, eccome se ci sono. È tutto lì, nel coraggio di uscire dalla zona di conforto insieme a Vinpeel e agli altri abitanti di Dinterbild.
Quindi: benvenuto, Peppe Millanta, fra gli autori Neo.

David Valentini