Il grande giorno
di Jack Ritchie
Marcos y Marcos, 2018
Traduzione di Sandro Ossola e Claudia Tarolo
pp. 237
€ 18,00
€ 18,00
Ovunque si cerchi, di Jack Ritchie c'è giudizio unanime: uno dei maestri del noir, un miniaturista del racconto, un autore (per sua stessa ammissione) capace di scrivere Guerra e Pace sul retro di una cartolina senza alterarne per nulla l'emozione. Raffinato e prolifico autore statunitense di racconti noir, si contano al suo attivo circa 500 racconti di cui un centinaio pubblicati sulla Alfred Hitchcock's Mystery Magazine; è sicuramente conosciuto per il suo racconto più famoso, È ricca la sposo e l'ammazzo da cui hanno tratto il film con Walter Matthau. Proprio a questo racconto è stata dedicata la precedente raccolta delle opere di Ritchie, edita da Marcos Y Marcos nel 2016 (potete trovare la recensione qui). La casa editrice milanese ha da poco pubblicato un nuovo titolo su questo straordinario autore: Il grande giorno. Quattordici racconti, di cui metà già editi e l'altra metà nuovi per i nostri occhi, vengono a sfamare chi adora farsi letteralmente imbrogliare dal sarto mancato del Wisconsin.
Ho notato che lo specchio rifletteva una parte dello specchio del soggiorno, e che quello, a sua volta, mostrava un angolo della stanza. Ho provato a slittare a poco a poco da un lato all'altro finché non ho ottenuto la visione completa della stanza. (pag. 144)
Da cosa è popolato il mondo di Jack Ritchie? Di sicuro da camaleonti. In ogni racconto, nessuno dei personaggi è chi dice di essere. Solo perché uno ti punta una pistola addosso e dice di essere stato pagato per ucciderti, è davvero un killer? O è solo un libero professionista un po' fuori dagli schemi, come capita al protagonista di Pistola in affitto?
Il mondo di Ritchie è fatto anche di persone molto riservate: non dicono mai nulla di eccessivamente compromettente e se noi lettori giudichiamo dagli indizi che ci sono stati forniti e poi sbagliamo... be', siamo noi a peccare. Albert, voce narrante del racconto L'assenza di Emily, è davvero un'uxoricida solo perché la facoltosa prima moglie è morta in un incidente di barca?
Di certo il mondo di Ritchie non è onesto, né negli intenti né nelle figure che lo popolano. Eppure è un mondo dotato di etica e rigore. Un assassino con una media di sei omicidi su commissione l'anno ci tiene ad avere una dichiarazione dei redditi precisa e trasparente. Perché mai la Previdenza Sociale dovrebbe rimetterci? A volte pare di aver quasi attraversato lo specchio perché i tutori dell'ordine e gli impiegati ministeriali sono i veri criminali.
Di certo è un mondo raffinato, ma non snob. Non servono paroloni o esotismo per mostrare la propria cultura e il buon gusto. Esaustivo, ma mai logorroico. Ogni racconto è lavorato di bulino e cesello in modo che ogni punto sia esattamente dove deve stare e nemmeno un aggettivo è messo lì per caso. Per realizzare una storia con un twist da far girare la testa non servono fiumi d'inchiostro: bastano tre pagine per bendare, far girare su se stesso, e lasciare lì stordito il lettore, come accade in Bisogna tenere d'occhio Ben.
Non è un mondo volgare. Chi pensa che il noir abbia bisogno di imprecazioni, sguaiatezza e splatter, leggendo queste righe capisce che si può nascondere la massima carica di violenza anche dietro le misurate parole di un tuttofare dall'aplomb britannico.
Con un'unica eccezione data dal racconto finale È sempre stagione, tutte le narrazioni sono fatte in prima persona. E ogni personaggio narrante, infingardo e inaffidabile, nasconde in piena vista un sorriso sornione. La prima persona è perfetta per chi vuole ingannare perché racconterà quello che vuole, omettendo o presentando le cose in modo da condurci ad una soluzione che sarà poi del tutto sbagliata. A conti fatti, ci piace sapere di essere sempre un passo dietro l'intelletto dell'autore che immagino scrivere sorridendo alla pagina e pensando "chissà se lo capiranno?".
"The con is on" già dalla prima riga, dalla prima parola di ogni racconto. E si vuole continuare ad essere truffati. Ed è davvero meraviglioso pensare a quanti racconti ha scritto e a quanti ancora ne restano da leggere. Chissà, forse racconto dopo racconto, imparerò dove guardare per carpire il trucco del prestigiatore.
Giulia Pretta