La prima ora del giorno
di Anna Martellato
Giunti, 2018
pp. 298
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Sgombriamo subito il campo: questo è un romanzo di genere. Di genere femminile, intendo. Un libro scritto da una donna (va da sé che non è questo che fa sì che un romanzo si definisca «femminile») e pieno di donne. Figure forti, decise, determinanti, a partire dalle quali si sviluppa il punto di vista sul mondo, sui rapporti e sulle relazioni, che siano d'amore, di famiglia e di lavoro, sulla maternità.
In primis Zoe, giovane organizzatrice di eventi in carriera, e sua nonna Anna, che condividono il ruolo di protagoniste dei due tempi paralleli in cui si sviluppa la storia: da una parte il presente occupato da Zoe, dal suo lavoro, dalla sua storia d'amore un po' stiracchiata e dal suo «problema» (ha appena scoperto di essere incinta). In questo spazio si muovono anche Virginia, il capo, con cui Zoe deve fare i conti, e Iris, la pasticciera chef che si affida a Zoe per l'inaugurazione del suo negozio. Dall'altra parte invece il passato che rivive attraverso i racconti della nonna vissuta sull'isola di Rodi. E qui prendono la scena la nonna Anna da piccola e sua sorella Angela, la loro nonna, la governante Merope, che aveva dedicato la sua vita alla famiglia presso la quale lavorava, e infine la mamma, donna bellissima, altera, ma un po' anaffettiva.
Dicevo quindi un libro molto al femminile, che si rivolge a quelle lettrici che tengono alta la percentuale di chi, in Italia, può davvero definirsi lettore.
Questo, poi, è un bel libro: scritto bene, scorrevole, ben curato. La storia fila via liscia: Zoe sta per assicurarsi, finalmente, il tanto sospirato contratto di lavoro a tempo indeterminato, ma deve fare i conti con il collega Nicolò, altrettanto deciso ad avere quel posto. La sua vita quindi si riduce a ore e ore di straordinario davanti al computer, corse frenetiche tra un catering, un banqueting, un vernissage, un meeting, uno showroom, un briefing, una convention, un opening event ... e via anglicizzando per poi trovarsi sola, di sera, davanti a un tè e biscotti per cena. A interrompere questa corsa frenetica l'imprevisto: l'ultimo incontro con il compagno impossibile, ricco, sposato e sul punto di sparire, le lascia un piccolo esserino nella pancia. Panico... non è né il momento né l'uomo giusto.
Zoe si confida con nonna Anna, la quale, a sua volta, sente che questa è l'occasione tanto attesa per affidare alla nipote un segreto, che si porta dietro da piccola, mai trasmesso in famiglia. Una vicenda dolorosa che riguarda la maternità e che parla di madri giuste e sbagliate, di decisioni strazianti e di scelte coraggiose.
Si aprono così le pagine più belle, solari e luminose, riscaldate da quel sole greco che fa risplendere le case bianche dell'isola di Rodi, dove la nonna Anna nacque e dove trascorse la propria infanzia. Il periodo è quello cruciale degli anni di guerra, quando Rodi, come altre isole greche (ricordate il bellissimo film di Gabriele Salvatores, Mediterraneo?) è governata dagli Italiani, fino a culminare a quell'8 settembre del 1943, data dell'armistizio, che segnò il momento dell'ingiustizia e della violenza. Di ciò che successe a Cefalonia tutti sappiamo. E la Rodi che, fino a quel momento era un esempio perfetto di convivenza, rispetto e tolleranza, cominciò ad aver paura:
Nei caffè, nelle piazze, al porto tra i pescatori, al mercato tra i venditori di spezie: ovunque regnava un silenzio surreale, interrotto solo a tratti da qualche lieve mormorio. La gente - greci, turchi, italiani, armeni - non sapeva cosa dire. Solo una domanda, nell'intimo di ognuno, come un ritornello che stordisce, si affacciava nei loro pensieri. Ciascuno si interrogava sulla propria sorte. (p. 92)
È brava l'autrice a rievocare suoni, colori e profumi di quell'isola che sta proprio a metà tra Oriente e Occidente, un luogo dove la lettura dei fondi di caffè ha la stessa valenza della lettura delle notizie sul giornale. Così come è attento il suo sguardo sulle vicende storiche e sulle conseguenze che queste hanno per gli abitanti. Le prime avvisaglie di guerra, a stento percepite dalla popolazione che, vivendo su un'isola, sente i bagliori della Seconda guerra mondiale lontani e indistinti, ben presto si trasformano in angoscia, in tragedia, con l'arrivo dei bombardamenti. E quello che era un mondo felice, racchiuso nel guscio protettivo dell'infanzia, mostra la sua faccia più cattiva.
Il continuo passaggio tra presente e passato, nello sviluppo della storia, è risolto felicemente dall'autrice, senza forzature o salti logici. Anche il linguaggio, a parte qualche caso di aggettivazione un po' scontata o alcuni passaggi descrittivi appesantiti da qualche svolazzo lirico di troppo, è chiaro, scorrevole, moderno, se così si può dire.
Nei ringraziamenti finali, l'autrice rivela che questa è una storia vera, la vita di sua nonna Anna.
E lo sguardo sul libro cambia prospettiva: dalla sensazione di avere tra le mani un buon libro d'intrattenimento, piacevole e semplice, si passa alla constatazione della bravura dell'autrice la quale ha saputo rendere la storia familiare un bel romanzo. Operazione tutt'altro che semplice.
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