di Herman Hesse
Arnoldo Mondadori Editore, 1947
Traduzione di Cristina Baseggio
Arnoldo Mondadori Editore, 1947
Traduzione di Cristina Baseggio
pp. 321
Non avrai una vita comune né facile. Ah, pur che ti vada bene! Qualche volta penso che dovresti diventare poeta, uno che ha sogni e visioni e sa esprimerli bene. Ah, tu girerari tutto il mondo, e tutte le donne ti ameranno, ma tu resterai solo. Ritorna piuttosto al convento dall'amico di cui mi hai raccontato tante cose!
(pag.118)
In un imprecisato Medioevo cristiano, nel monastero di Mariabronn, nasce una profonda amicizia maschile. Narciso è un monaco dal fine intelletto e dall'ampia cultura: serio, severo, incarnante di ogni più alta virtù e destinato a diventare abate del monastero. Boccadoro è un giovane di buona famiglia, figlio di un feudatario e di una misteriosa donna di origine gitana lì mandato per essere educato: biondo, bello, con il sangue agitato dal retaggio materno e dall'animo contaminato da un'arte che non sa come esprimere. Questo lo porterà a lunghi anni di vagabondaggi alla scoperta del sé e di valori che possano completare la smania del suo sangue zingaro. Pur lontani e pur perseguendo obiettivi completamente diversi, i due uomini saranno sempre legati nell'anima e nel pensiero, ciascuno a suo modo alla ricerca di come esprimere al meglio se stesso e la propria natura.
Per la sua forte ispirazione letteraria coraggiosa e penetrante esempio classico di ideali filantropici ed alta qualità di stile.
Con questa motivazione Herman Hesse riceve il Nobel per la letteratura nel 1946. Uomo tormentato e afflitto da una depressione che lo accompagnerà tutta la vita, diviso tra l'impronta religiosa pietista data dalla sua famiglia e dal suo personale studio della filosofia e delle religioni orientali, in quest'opera mostra un perfetto intreccio tra filosofia, psicoanalisi e tradizione classica.
La tradizione classica appare quasi immediata già dal titolo. I due nomi hanno un'eco classicheggiante che si rifà al mito greco e anche i loro ruoli si inseriscono nel rapporto di paideia. Narciso, che nonostante il nome non ha nulla della vanità del suo omonimo, riveste il ruolo di maestro a volte con tratti maieutici del migliore Socrate; Boccadoro, che anche nell'aspetto biondo e delicato è un efebo perfetto, si lascia guidare, sia da giovane, quando Narciso è a tutti gli effetti anche suo maestro di scuola, sia da adulto quando, alla ricerca del suo sé e dell'archetipale modello di madre, in ogni momento importante pensa a come non deludere il proprio maestro ed è sempre grato al monaco per averlo destato e indirizzato a realizzare la propria vera natura.
Herman Hesse, visti i suoi trascorsi di depressione, tentativi di suicidio e cure ad elettroshock, ricorse anche al trattamento psicoanalitico con Jung (che poi in tarda età diventò anche suo amico) e nei dialoghi tra i due personaggi si rivede l'eco di una seduta psicoanalitica. Narciso, sempre nel ruolo di maestro/analista, sottopone Boccadoro a domande ed associazioni per liberare la sua mente da un profondo trauma da rimozione: quello della figura della Madre. Nodo centrale nella mente di Boccadoro, la sua madre biologica resta per lungo tempo una figura dimenticata. Visto che il padre si vergognava del suo matrimonio con una gitana poi scappata lasciandolo con il figlio, Boccadoro cresce senza notizie e racconti sulla madre fino a giungere a dimenticarla. Forse in modo inconscio e per rimediare alle colpe materne, Boccadoro inizialmente sembra orientato alla vita monastica e ascetica. Quando poi Narciso richiama i suoi ricordi, per Boccadoro inizia una ricerca della madre, sia figura reale che archetipale, in ogni donna con la quale intreccia una relazione nel corso degli anni. E sono davvero tante.
Narciso l'aveva destato, le donne lo avevano reso sapiente (pag. 172),
L'impronta filosofica è ancora più in primo piano. Narciso e Boccadoro sono le personificazioni dei due principi di apollineo e dionisiaco teorizzati da Nietzsche. Narciso predilige la ragione allo sfogo dei sensi; Boccadoro con la sua vita errabonda e dedita all'arte e all'amore sviluppa appieno le passioni sentendosi sempre però incompleto e senza la capacità di pensare in senso assoluto.
Solo quando i due sono insieme riescono a completarsi e a tirare fuori il meglio l'uno dall'altro come dichiara apertamente l'acuto Narciso.
Noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terrra. La nostra meta non è di trasformarci l'uno nell'altro, ma di conoscerci l'un l'altro e d'imparare a vedere ed a rispettare nell'altro cioò ch'egli è: il nostro opposto e il nostro complemento. (pag. 47)
Pur non essendo spesso fisicamente insieme (i viaggi di Boccadoro lo tengono lontano dall'amico per più di metà della narrazione), sono uno il punto di riferimento dell'altro, sempre presenti. Quasi tutta la storia è dal punto di vista di Boccadoro che rimanda a Narciso anche le sue creazioni artistiche, ma anche nei punti minori in cui Narciso prende parola, viene messo in luce in modo inequivocabile quanto l'amico sia importante per lui
Se tuttavia so cos'è l'amore, è per merito tuo. Te ho potuto amare, te solo fra gli uomini. (pag. 316)
Hesse, oltre a questo intricato tessuto di riferimenti e riflessioni, immerge la vicenda in un ambiente che ha dell'idilliaco anche nelle descrizioni più crude della pestilenza. Un'Arcadia ambientale, una Natura che è Madre essa stessa che accoglie, a volte insegna e a volte punisce Boccadoro che a lei si affida quasi completamente.
Una lettura che talvolta respinge per l'immersione in profondità nel pensiero e nei turbamenti di Boccadoro, che spesso rallenta, ma che una volta giunti alla fine appare in tutta la sua complessità e grandiosità. Così come Boccadoro in punto di morte, anche il lettore nello sfogliare le ultime pagine vede riunirsi i fili riplendenti di un complesso arazzo di filosofia, mito e analisi.
Spero che la morte sia una grande felicità, una felicità grande come quella del primo appagamento d'amore. (pag. 318)
Giulia Pretta