Perché la distrazione ci rende più intelligenti
di Srini Pillay
Centauria, 2017
Traduzione di Rachele Salerno
pp. 284
Euro 17,00
A scorrere il titolo dell’ultimo lavoro di Srini Pillay – Il potere del cazzeggio, pubblicato lo scorso anno da Centauria con la traduzione italiana di Rachele Salerno – qualche lettore potrebbe correre il rischio di mancare la misura, sottovalutandone oppure sopravvalutandone il contenuto. Sebbene il suo autore sia un neuropsichiatra di fama mondiale con tanto di docenza ad Harvard, alcuni potrebbero considerare ozioso uno studio incentrato proprio sulle virtù del dolce far niente, date per ovvie e universalmente assodate. Altri, invece, potrebbero crederlo un libro-cuccagna e acquistarlo d’istinto, nella speranza di far fruttare la propria incorreggibile indolenza con la stessa malfidata convinzione che seminare monete d’oro faccia crescere i rispettivi alberelli. Entrambe le categorie avrebbero ragione, ed entrambe, allo stesso modo, torto, dal momento che la natura del volume è rivelata al meglio solo dal suo sottotitolo: Perché la distrazione ci rende più intelligenti. Bando dunque agli equivoci derivanti dall’espressione gergale stampigliata sul frontespizio: perché la “distrazione” di cui, con tutta evidenza, si andrà a parlare, implicherà il suo contraltare – la (nostra) “concentrazione”, per l’appunto, sebbene opportunamente “smitizzata” dall’autore –, e questo per uno scopo ben preciso e non poco ambizioso, ovvero aiutarci a essere (a essere di nuovo, ma anche a diventare) la versione più “efficace” (ed efficiente!) di noi stessi.
Per continuare questo commento senza ancora addentrarci nella trattazione vera e propria, si potrebbe dire che per Pillay il cazzeggio abbia le stesse pregevoli caratteristiche della tazzina di caffè disegnata sulla copertina: esso è una pausa ricostituente, un’interruzione programmata, meglio ancora una parentesi di “pace armata”. È dunque la parte – minore, ma importantissima – di un tutto altrimenti complesso e bilanciato. Perché così come non possono esistere diete a base di solo caffè, nemmeno possono esserci vite votate al solo cazzeggio: ambedue le condotte sarebbero poco salutari, se non nocive o addirittura letali per il corpo come per lo spirito. Cazzeggio sì, dunque, ma, per così dire, secondo un’antica “moda” latina – quella del cum grano salis et modus in rebus… – aggiornata e avvalorata dalle più recenti scoperte in ambito neurologico. Perché è proprio la scienza a supportare e confermare il senso del vecchio adagio, e nel libro di Pillay, oltre agli esempi positivi tratti dalle vite di importanti personaggi (tra cui, non a caso, molti atleti di successo) abbondano i resoconti dei più svariati esperimenti condotti sul campo, volti a testare l’efficacia del tanto demonizzato cazzeggio sulla nostra salute.
Gli effetti positivi non si contano: a beneficiarne sono le nostre abilità cognitive, le nostre doti mnemoniche, la nostra capacità di adattarci a difficoltà impreviste e superare gli ostacoli, per non parlare della creatività e della reattività in senso lato. Se ciò accade – e in questo stanno le ragioni scientifiche degli effetti positivi del cazzeggio – è perché nel cervello opera un sistema “spiazzante”, che (paradosso dei paradossi) si attiva solo quando la mente… è a riposo! Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, e in controtendenza rispetto a quanto ci viene imposto dagli imperanti criteri di iper-attività, iper-produttività, iper-connessione, il nostro ritmo cognitivo ottimale deriverebbe dunque da un’aurea alternanza tra concentrazione e distrazione. Una specie di “ginnastica”, per così dire, che, una volta acquisita, consentirebbe di dare il massimo sul lavoro come nella vita privata e di relazione. Ma come metterla in pratica? Dopo una prima parte introduttiva, nella quale spiega come il primo passo consista proprio nel superare il “mito” della concentrazione costante e continua e nel ricercare il proprio personalissimo “ritmo cognitivo”, Pillay declina la strategia del cazzeggio in cinque distinti capitoli: Il gioco di prestigio della creatività, Apprendimento dinamico in un universo tecnologico, Padroneggiare il multitasking, Sbloccarsi e Dalla disillusione alla grandezza. Cinque approcci, per l’appunto, differenti, dal momento che non esiste un solo modo per ribaltare situazioni di stasi, “ottusità” e depressione: per alcuni sarà più utile uno svago creativo, per altri l’esercizio fisico, per altri ancora l’improvvisazione e così via.
Al crocevia tra un buon manuale di self-help e un resoconto scientifico tout-court, ma soprattutto a dispetto del titolo potenzialmente fuorviante, quello di Srini Pillay è un libro tutt’altro che disimpegnato (ne è prova la fitta bibliografia scientifica finale). Al contrario, e anche a conferma della serietà della materia, esso richiederà in più punti la massima attenzione da parte del lettore. Proprio perché cazzeggiare, più che una resa plateale alla propria pigrizia, si configura pagina dopo pagina come un’arte, un esercizio da eseguire “a mestiere” proprio per i sorprendenti benefici su ciò che più ci preme e dà un senso alle nostre vite, nelle relazioni interpersonali come nel lavoro. Tutto, secondo l’autore, starebbe nel dare una chance ai più apparenti degli ossimori: “lasciarsi andare” e “mollare la presa” – provare per credere – potrebbero rivelarsi le migliori strategie per tenere saldamente in pugno tutto ciò che più ci sta a cuore.
Cecilia Mariani
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