UN SOGNO FATTO A MILANO
DIALOGHI CON ORHAN PAMUK INTORNO ALLA POETICA DEL MUSEO
A cura di Laura Lombardi e Massimiliano Rossi
Johan & Levi, 2018
pp. 200
30,00 € (cartaceo)
Un anno dopo il prezioso convegno tenutosi presso l’Accademia di Brera, in occasione del conferimento del diploma honoris causa al letterato e premio Nobel turco, Orhan Pamuk, durante il quale sono intervenuti importanti storici dell’arte, la casa editrice Johan & Levi pubblica questo libro, che raccoglie gli undici interventi e le riflessioni scaturite in merito alla poetica del museo, al suo valore storico ed al legame con il pubblico. L’opera comprende pertanto la lectio magistralis di Pamuk, la laudatio di Salvatore Settis e gli spunti di studiosi in merito al “Museo dell’innocenza”, con il compendio di circa 150 immagini.
Dal libro emerge il profondo legame di Pamuk con la città di Milano, instauratosi nel 1959, durante un viaggio in età giovanile con la famiglia. Trent’anni dopo, tornato nel capoluogo lombardo, che ha visitato successivamente con frequenza sempre maggiore, Pamuk si è appassionato ai piccoli musei d’Italia, interesse che ha esteso al bacino mediterraneo ed a tutto il mondo. L’affetto per la città è talmente profondo, da rappresentare lo sfondo prescelto per l’atto finale del suo libro capolavoro “Il museo dell’Innocenza”.
Kemal, il protagonista, dopo aver visitato 5.723 musei in tutto il mondo, ultimo dei quali l’amato Museo Bagatti Valsecchi, si spegne nel cuore di Milano, in una stanza del centralissimo Grand Hotel et de Milan.
Il Museo, un incubatore di rappresentazioni del vissuto, create dall’uomo per l’uomo, opere che entrano in dialogo fluido con la vita intima del visitatore, instaurando un rapporto di scambio vicendevole. Una sinergia di elementi, in cui parole, immagini ed artefatti si legano insieme, come si evince dagli oltre 80 diorami che animano il Museo dell’Innocenza di Istanbul, una parte dei quali è attualmente esposta presso il Museo Bagatti-Valsecchi all’interno della mostra “Amore, musei, ispirazione. Il Museo dell’innocenza di Orhan Pamuk a Milano”.
Lo scrittore si confessa innamorato dei piccoli musei, che preferisce a quelli nazionali, poichè custodi della memoria tangibile del collezionista, quasi a ricordare i versi di Proust, che ricordano quanto gli oggetti siano in grado di evocare sensazioni, che animano il ricordo, rendendolo vivo ed attuale, entrando in stretta relazione con lo sguardo del visitatore, azzerando la distanza temporale.
Da qui l’interessante sezione del libro dedicata al “Modesto manifesto per i musei”:
“Lo scopo delle grandi sponsorizzazioni degli Stati ai musei, invece, è ottenere la rappresentazione dello stesso Stato. Questo obiettivo non è né buono né innocente.”
seguono una serie di riflessioni per punti, che comprende una serie di punti, con riferimenti a splendidi musei di piccola dimensione, come il Musée Gustave Moreau di Parigi, il Museu Frederic Marès a Barcellona, il Museo Bagatti Valsecchi a Milano, ed altri ancora, che lentamente delineano quel percorso, che ha portato alla creazione del Museo dell’Innocenza di Istanbul, la cui unicità è stata premiata a soli due anni dall’apertura al pubblico, con il Premio del museo europeo dell'anno 2014. Il Museo è stato concepito fin dall’inizio per essere un completamento o comunque un’entità a se stante, in totale reciprocità con il romanzo omonimo scritto da Pamuk. In entrambi, realtà e finzione si intrecciano in un progetto che sfida le categorie e sollecita a interrogarsi non solo sulle relazioni tra scrittura e realtà e tra manufatto artistico e oggetto d’uso, ma sullo statuto stesso dell’opera d’arte e quello del suo contenitore, il museo.
In esso sono custoditi circa 80 diorami ispirati alla storia d’amore tra Kemal e Füsun, che il protagonista del libro, nella finzione, crea successivamente alla scomparsa dell’amata, per alimentarne il ricordo, attingendo al grande potere evocativo dei svariati reperti conservati durante la loro storia, che sono raccolti nel catalogo “L’innocenza degli oggetti”.
“L’atteggiamento manifestato dal personaggio pamukiano nel riunire oggetti e fotografie che, come nota Jean Baudrillard nel Sistema degli oggetti, si sostituiscano a un’assenza, ci riporta al grande tema del collezionismo, anch’esso centrale nelle pratiche artistiche contemporanee. Il collezionista, siognomico dell’universo delle cose e divinatore del destino, per dirla con Walter Benjamin, nell’atto stesso di venire in possesso di un oggetto, o di un libro, ne attua la rinascita, il rinnovamento, come avviene nei bambini: un atto equivalente al dipingere oggetti, ritagliare o ricalcare, insomma una forma di appropriazione.” (dalla Prefazione di Laura Lombardi)
Dal ricordo della vita di un individuo al futuro stesso dei Musei, che Pamuk individua nelle nostre case, in grado di trasformare la fisionomia di un quartiere in elementi che fanno parte di un’esposizione, molto più di quanto non siano in grado di fare gli edifici monumentali.
Le concezioni di Pamuk rivestono grande valore in campo artistico, non solo per le considerazioni in ambito museale, ma anche in riferimento al collezionismo, inteso nell’accezione Wargburiana del termine, laddove è la collezione stessa a divenire opera d’arte, assorbendo l’identità del proprietario, il suo personale gusto, in grado di emanare lo stesso stupore di una Wunderkammer in cui gli oggetti diventano i veri narratori di storie.
Elena Arzani
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