di Ilvo Diamanti e Marc Lazar (traduzione di Fabio Galimberti)
Laterza, 2018
pp. 176
€ 15 (cartaceo)
€ 9,49 (ebook)
Attualmente nei Paesi del mondo occidentale stiamo assistendo al dilagante fenomeno dell'ascesa della popolocrazia, dagli Stati Uniti ove fino a pochi anni fa (quasi) nessuno avrebbe creduto possibile che un personaggio dai toni caricaturali come Donald Trump sarebbe giunto alla guida della Casa Bianca, fino all'Europa, terra di conquista dei più variegati partiti e movimenti populisti.
Per arrivare a comprendere meglio questa crociata dell'antipolitica possiamo affidarci al bel saggio Popolocrazia - La metamorfosi delle nostre democrazie, scritto da Ilvo Diamanti, professore di Scienza politica all'Università di Urbino Carlo Bo e collaboratore del quotidiano "La Repubblica", e da Marc Lazar, docente di Storia e sociologia politica all'Istituto Sciences Po di Parigi e presidente della School of Government della Luiss.
In particolare, i due autori hanno scelto di analizzare il fenomeno nei loro Paesi d'origine, Francia e Italia, i quali
Un altro elemento che accomuna sia i populismi nostrani che quelli francesi si rivela essere l'appoggio alla democrazia soltanto nel proprio Paese, mentre essi si oppongono decisamente all'Unione Europea colpevole, a loro dire, di essere formata soltanto da funzionari non eletti, isolati dai popoli e sottomessi agli interessi di varie élites.
I populisti, favorevoli alla democrazia diretta ed a strumenti come il referendum, si rivolgono prioritariamente alle fasce di popolazione socialmente e culturalmente fragili, che non si riconoscono più nella democrazia, canalizzando le loro proteste e le loro frustrazioni.
A capo di questi movimenti possiamo trovare quasi sempre un capo, un leader rappresentativo del movimento o del partito, un uomo estraneo alla professione di politico ma in grado di incarnare le speranze di rinascita dei suoi concittadini:
Pur consapevoli della necessità di non fare del facile moralismo, ai lettori di Popolocrazia si affaccia alla mente un interrogativo: la politica ha fallito?
I due autori non forniscono risposte facili a questo difficile quesito, ma spingono noi tutti a domandarci cosa possiamo fare per far sì che l'Italia e la Francia tornino ad essere terreno fertile di democrazie rappresentative e di onestà intellettuale.
Ilaria Pocaforza
Attualmente nei Paesi del mondo occidentale stiamo assistendo al dilagante fenomeno dell'ascesa della popolocrazia, dagli Stati Uniti ove fino a pochi anni fa (quasi) nessuno avrebbe creduto possibile che un personaggio dai toni caricaturali come Donald Trump sarebbe giunto alla guida della Casa Bianca, fino all'Europa, terra di conquista dei più variegati partiti e movimenti populisti.
Per arrivare a comprendere meglio questa crociata dell'antipolitica possiamo affidarci al bel saggio Popolocrazia - La metamorfosi delle nostre democrazie, scritto da Ilvo Diamanti, professore di Scienza politica all'Università di Urbino Carlo Bo e collaboratore del quotidiano "La Repubblica", e da Marc Lazar, docente di Storia e sociologia politica all'Istituto Sciences Po di Parigi e presidente della School of Government della Luiss.
In particolare, i due autori hanno scelto di analizzare il fenomeno nei loro Paesi d'origine, Francia e Italia, i quali
servono da terreni di osservazione privilegiati delle trasformazioni in corso, o addirittura da laboratori. Per la popolocrazia.La chiave per riuscire a comprendere il populismo risiede, in base ai ragionamenti dei due studiosi, in alcuni fattori determinanti, primo tra tutti l'immediatezza della democrazia, intesa come rifiuto di qualsiasi intermediario.
Per i populisti non esistono problemi complicati, ma unicamente soluzioni semplici, facili da attuare. A questo riguardo, la loro temporalità è quella dell'immediatezza, dell'istantaneo, e il loro regime di storicità è il presentismo. In questo modo, annientano l'arte della politica e del governo, fondata tradizionalmente sui tempi dell'osservazione, della valutazione competente, della riflessione, della mediazione, della deliberazione e poi dell'azione.Molto interessante si rivela anche la parentesi dedicata alla genealogia del populismo, che ci conduce nella Russia del XIX secolo, per poi passare alle esperienze fasciste e naziste ed approdare, infine, ai giorni nostri.
Un altro elemento che accomuna sia i populismi nostrani che quelli francesi si rivela essere l'appoggio alla democrazia soltanto nel proprio Paese, mentre essi si oppongono decisamente all'Unione Europea colpevole, a loro dire, di essere formata soltanto da funzionari non eletti, isolati dai popoli e sottomessi agli interessi di varie élites.
I populisti, favorevoli alla democrazia diretta ed a strumenti come il referendum, si rivolgono prioritariamente alle fasce di popolazione socialmente e culturalmente fragili, che non si riconoscono più nella democrazia, canalizzando le loro proteste e le loro frustrazioni.
A capo di questi movimenti possiamo trovare quasi sempre un capo, un leader rappresentativo del movimento o del partito, un uomo estraneo alla professione di politico ma in grado di incarnare le speranze di rinascita dei suoi concittadini:
Nella maggior parte dei casi, il populismo trova incarnazione nella persona di un leader onnipotente, un uomo della provvidenza, a volte dotato di un reale carisma. Il populismo dispone quindi di una dimensione plebiscitaria, perché il potere del leader si trova legittimato dal suo appello costante al popolo e dalla sua pretesa di incarnare il popolo. Con lui, la potenza evocatrice dell'incarnazione prevale sul principio razionalizzato della rappresentanza.Quello che emerge dall'interessante saggio dei professori Diamanti e Lazar è un'analisi ben strutturata e oggettiva del fenomeno populista, priva di critiche e giudizi che, come già apprendiamo dal sottotitolo, sta portando gradualmente i nostri Paesi ad un cambiamento assai radicale delle forme di governo, con degli esiti difficili da prevedere.
Pur consapevoli della necessità di non fare del facile moralismo, ai lettori di Popolocrazia si affaccia alla mente un interrogativo: la politica ha fallito?
I due autori non forniscono risposte facili a questo difficile quesito, ma spingono noi tutti a domandarci cosa possiamo fare per far sì che l'Italia e la Francia tornino ad essere terreno fertile di democrazie rappresentative e di onestà intellettuale.
Ilaria Pocaforza
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