di Jesmyn Ward
NN editore, 2018
Traduzione di Monica Pareschi
Titolo originale: Salvage the Bones [2011]
pp. 313
€ 19 (cartaceo)
Katrina è la madre che ricorderemo finché non arriverà un'altra madre dalle grandi mani spietate, sanguinarie (p. 304).
C'è uragano e uragano. Quello che spazza la Fossa, zona paludosa del Mississippi, è ben più violento di Katrina, o perlomeno lo anticipa con una forza parimenti distruttiva e creatrice: la famiglia della protagonista Esch è alle prese con i preparativi, certo, ma ha ben altro da fare per rafforzare la propria casa, che è poco più di una catapecchia in una baraccopoli disagiata. Deve provare a tenere salde le proprie mura, quelle che hanno permesso a Esch e ai suoi tre fratelli di resistere alla forza rovinosa della morte della madre, squarciata dalla nascita dell'ultimo figlio. Ma non solo devono resistere ai fantasmi del passato, che sono ovunque e si cibano di ogni riserva di energia e di speranza: devono evitare che nuovi fantasmi arrivino nelle loro vite. La miseria è all'ordine del giorno e anzi la famiglia non sembra più farci caso: la sporcizia fa parte della Fossa, tutti vivono di espedienti, di cibo a basso costo e di furterelli, e anche l'acqua disponibile in cui fare il bagno è argillosa. Ma, se si guarda bene, ogni tanto per la Fossa sfreccia un lampo bianco: è China, il pitbull bianco che il fratello Sketaah tiene come se fosse una fidanzata, risorsa economica per i combattimenti tra cani di grossa taglia, ma soprattutto risorsa d'amore.
All'inizio della vicenda, China è chiusa in un capanno: per lei è il momento di dare alla luce - dolorosamente, tra grumi di sangue e ringhi di fatica - i suoi primi cuccioli, che rappresentano per Sketaah tanto la speranza di un po' di denaro, quanto il desiderio di vedere piccole copie della sua cagna. Lì attorno, una strana adorazione: Esch accucciata, per la prima volta si rende conto che la pancia che le spinge contro le gambe ha qualcosa di anomalo, qualcosa che China, con i suoi occhi ingigantiti dal dolore del parto, le sta suggerendo; il fratello Randall passa di tanto in tanto, senza manifestare affetto nei confronti del cane, ma profondamente rispettoso dell'amore di Sketaah; il piccolo Junior, invece, si aggira curioso davanti alla prima nascita di cui è spettatore; il padre, invece, continua frenetico i preparativi per l'arrivo dell'uragano Katrina.
E mentre nascono nuove vite, ancora cieche ma già fameliche del latte di China, ora madre e costretta a placare il suo animo combattivo e feroce, alcune grandi consapevolezze prendono forma: Esch, che nei due mesi precedenti aveva ignorato la sua possibile gravidanza, si trova improvvisamente a sentire la presenza del bambino dentro di lei, che rallenta la sua corsa, la costringe a far pipì continuamente, ma soprattutto che le dà un nuovo e imprecisato senso di responsabilità. Lei, che ha avuto più e più rapporti con i ragazzi della Fossa, ormai da mesi vuole solo Manny, il padre di quel piccolo peso. Ma lui al momento è impegnato; certo, cerca Esch o perlomeno il suo corpo, non la bacia ma la possiede con desiderio, si imbatte continuamente in lei, che lo adora e non smette di sperare. In cosa? Forse non lo sa neanche, semplicemente vuole che quel desiderio diventi amore, accettazione accogliente.
Ma non c'è tepore alla Fossa: quando batte il sole, il calore e l'afa lucidano i corpi di sudore e tracciano macchie scure sui vestiti. Tutto è estremo, lì: gli umori, le reazioni, i sentimenti, tra privazioni e esagerazioni. Così, passioni fortissime si alternano a violenze immani, il sangue è parimenti segno di nascita e di morte, il dolore è ora utile avvertimento ora inutile spargimento di energie: tutto è simile alle passioni estreme vissute nei racconti mitologici in cui Esch si smarrisce, ritrovando cenni delle pagine lette nella sua realtà.
La lotta per la vita - che non è solo sopravvivenza, come si potrebbe pensare nelle prime pagine - che racconta Jesmyn Ward è altrettanto estrema, continuamente squilibrata verso l'eccesso e il rischio, mentre il lettore sente incombere l'uragano e respira l'odore ferroso del sangue. I fratelli e il padre di Esch sono tanto presenti quanto il cane China: profonde, crude e mutue rispondenze uniscono umani e animali alla Fossa, così come non esistono confini fisici né barriere per proteggersi da quanto sta per arrivare. I temi tradizionali vengono spesso ribaltati, aperti e rivoltati da Ward con maestria spiazzante: la maternità, ad esempio, è insieme possibilità di dare la vita e di toglierla alla madre, è dolore viscerale, come viscerali sono le reazioni che scopriamo attraverso il cane China, ma che ritroviamo in Esch. Eppure la gravidanza è un richiamo che sa schiacciare la ferocia di China, che sa addomesticare la natura selvatica di Esch, mentre si addolciscono le curve del suo corpo, prima così mascolino. Ma Medea saprà rinunciare alla vendetta?
Dodici sono i giorni in cui noi lettori stiamo alla Fossa con Esch e gli altri; dodici i giorni per fare pace con il presente, deglutire il doloroso passato e lottare per il futuro. E tutto avviene con un saliscendi tra crudezza e sentimento, contrasto fortissimo, in grado di scalzare ogni previsione del lettore, con dettagli ora commoventi, ora in grado di traumatizzare i più fragili.
Ma ci saranno altre giornate, sembra suggerirci Jesmyn Ward, perché questo Salvare le ossa è solo il primo capitolo della Trilogia di Bois Sauvage, che NN editore porterà in Italia. Si scrive molto sul talento narrativo di Jesmyn Ward, pluripremiata (a cominciare dal National Book Award del 2011): in effetti, forse il vero uragano è lei, con la scabra e cruda realtà che coglie in un lessico assolutamente piegato al concreto, che non fa sconti, mentre questo mondo - che ci auguriamo distopico e invece assolutamente reale - prende forma, si disintegra, si riplasma. Le sue parole sono pura argilla nell'enorme, pericolosa Fossa della letteratura: Ward non solo sa come tenersi a galla; sa come prendere una manciata di terra rossa e trasformarla in irriverente scultura letteraria.
GMGhioni
All'inizio della vicenda, China è chiusa in un capanno: per lei è il momento di dare alla luce - dolorosamente, tra grumi di sangue e ringhi di fatica - i suoi primi cuccioli, che rappresentano per Sketaah tanto la speranza di un po' di denaro, quanto il desiderio di vedere piccole copie della sua cagna. Lì attorno, una strana adorazione: Esch accucciata, per la prima volta si rende conto che la pancia che le spinge contro le gambe ha qualcosa di anomalo, qualcosa che China, con i suoi occhi ingigantiti dal dolore del parto, le sta suggerendo; il fratello Randall passa di tanto in tanto, senza manifestare affetto nei confronti del cane, ma profondamente rispettoso dell'amore di Sketaah; il piccolo Junior, invece, si aggira curioso davanti alla prima nascita di cui è spettatore; il padre, invece, continua frenetico i preparativi per l'arrivo dell'uragano Katrina.
E mentre nascono nuove vite, ancora cieche ma già fameliche del latte di China, ora madre e costretta a placare il suo animo combattivo e feroce, alcune grandi consapevolezze prendono forma: Esch, che nei due mesi precedenti aveva ignorato la sua possibile gravidanza, si trova improvvisamente a sentire la presenza del bambino dentro di lei, che rallenta la sua corsa, la costringe a far pipì continuamente, ma soprattutto che le dà un nuovo e imprecisato senso di responsabilità. Lei, che ha avuto più e più rapporti con i ragazzi della Fossa, ormai da mesi vuole solo Manny, il padre di quel piccolo peso. Ma lui al momento è impegnato; certo, cerca Esch o perlomeno il suo corpo, non la bacia ma la possiede con desiderio, si imbatte continuamente in lei, che lo adora e non smette di sperare. In cosa? Forse non lo sa neanche, semplicemente vuole che quel desiderio diventi amore, accettazione accogliente.
Ma non c'è tepore alla Fossa: quando batte il sole, il calore e l'afa lucidano i corpi di sudore e tracciano macchie scure sui vestiti. Tutto è estremo, lì: gli umori, le reazioni, i sentimenti, tra privazioni e esagerazioni. Così, passioni fortissime si alternano a violenze immani, il sangue è parimenti segno di nascita e di morte, il dolore è ora utile avvertimento ora inutile spargimento di energie: tutto è simile alle passioni estreme vissute nei racconti mitologici in cui Esch si smarrisce, ritrovando cenni delle pagine lette nella sua realtà.
La lotta per la vita - che non è solo sopravvivenza, come si potrebbe pensare nelle prime pagine - che racconta Jesmyn Ward è altrettanto estrema, continuamente squilibrata verso l'eccesso e il rischio, mentre il lettore sente incombere l'uragano e respira l'odore ferroso del sangue. I fratelli e il padre di Esch sono tanto presenti quanto il cane China: profonde, crude e mutue rispondenze uniscono umani e animali alla Fossa, così come non esistono confini fisici né barriere per proteggersi da quanto sta per arrivare. I temi tradizionali vengono spesso ribaltati, aperti e rivoltati da Ward con maestria spiazzante: la maternità, ad esempio, è insieme possibilità di dare la vita e di toglierla alla madre, è dolore viscerale, come viscerali sono le reazioni che scopriamo attraverso il cane China, ma che ritroviamo in Esch. Eppure la gravidanza è un richiamo che sa schiacciare la ferocia di China, che sa addomesticare la natura selvatica di Esch, mentre si addolciscono le curve del suo corpo, prima così mascolino. Ma Medea saprà rinunciare alla vendetta?
Dodici sono i giorni in cui noi lettori stiamo alla Fossa con Esch e gli altri; dodici i giorni per fare pace con il presente, deglutire il doloroso passato e lottare per il futuro. E tutto avviene con un saliscendi tra crudezza e sentimento, contrasto fortissimo, in grado di scalzare ogni previsione del lettore, con dettagli ora commoventi, ora in grado di traumatizzare i più fragili.
Ma ci saranno altre giornate, sembra suggerirci Jesmyn Ward, perché questo Salvare le ossa è solo il primo capitolo della Trilogia di Bois Sauvage, che NN editore porterà in Italia. Si scrive molto sul talento narrativo di Jesmyn Ward, pluripremiata (a cominciare dal National Book Award del 2011): in effetti, forse il vero uragano è lei, con la scabra e cruda realtà che coglie in un lessico assolutamente piegato al concreto, che non fa sconti, mentre questo mondo - che ci auguriamo distopico e invece assolutamente reale - prende forma, si disintegra, si riplasma. Le sue parole sono pura argilla nell'enorme, pericolosa Fossa della letteratura: Ward non solo sa come tenersi a galla; sa come prendere una manciata di terra rossa e trasformarla in irriverente scultura letteraria.
GMGhioni
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