di Zelda Fitzgerald
Elliot, 2018
Traduzione di Maria Gallone e Loretta Santini
Introduzione di Tiziana Lo Porto
€ 17,50 (cartaceo)
Essere innamorati, concluse, è semplicemente una presentazione del nostro passato a un altro individuo; si tratta per la maggior parte di un pacco così ingombrante che non siamo più in grado di reggerne da soli lo spago allentato. Cercare l'amore è come chiedere un nuovo punto di partenza, rifletté, un'altra occasione nella vita. (p. 45)
L'amore è quello che Alabama bambina spia segretamente nella sua famiglia, quello che le sfila davanti mentre le sorelle maggiori si fidanzano e si sposano, non senza compromessi. Ma Alabama è diversa: sa che vuole perseguire i suoi desideri, anche se questi mettono la sua famiglia in una posizione scomoda e qualcuno grida allo scandalo. Lei vuole essere libera: di uscire con i soldati, di baciare chi vuole per il semplice desiderio di vedere com'è, di ricevere numerosi corteggiatori tenendoli sulla corda. Poi, però, il suo cuore si lascia infrangere da un pittore sulla cresta dell'onda, David Knight, che porta la speranza di una vita agiata nella City:
Possedendo un ego rapace, divoratore, il loro genio particolare inghiottiva il loro mondo nella sua vorticosa corrente di risucchio, trasportandone i cadaveri al largo. New York è un ottimo posto per essere in ascesa. (p. 69)
Ma New York è anche perdizione, tra feste ad altissimo tasso alcolico, gara di esibizionismo, riviste patinate e rincorse a conoscere David e la sua graziosissima ed eccentrica sposa. Alabama non bada ai problemi economici e spinge il marito a vivere ben oltre le loro possibilità, senza mai davvero preoccuparsi di aspetti concreti. Ben presto, però, lo sballo passa e ad Alabama non resta che venerare la piccola figlia Bonnie, mentre David si ritira sempre più spesso a lavorare ai suoi quadri. La solitudine è tanta e una frase rimbalza nella mente della sempre impavida protagonista: «La scelta è il privilegio per il quale soffriamo nella vita» (p. 96).
Alabama, abituata a concentrarsi su sé stessa e sui suoi desideri, proietta allora tutte le sue energie su un obiettivo apparentemente donchisciottesco: prendere lezioni di danza classica e diventare una stella. L'età non è più dalla sua, così i muscoli non allenati. E che dire della sua poca abitudine alla fatica e al sacrificio? Eppure la danza è il miraggio di un'autorealizzazione completa, che Alabama può compiere senza fare riferimento agli altri, sempre e solo lavorando su sé stessa e accanendosi contro i suoi limiti. E questa parte del romanzo si dilata: gli altri personaggi diventano poco più di comparse, le compagne di danza e la maestra conquistano la scena accanto a un'affaticata ma determinata Alabama. Bonnie e David si vedono sempre meno (e così li vede meno Alabama), le feste si rarefanno come si rarefà la frivolezza di Alabama, sempre più devota al palcoscenico del teatro. Lei, che ha sempre voluto essere al centro della scena, ha finalmente l'occasione di conquistare i riflettori per le sue capacità, non per altro.
Come ha sempre sostenuto, «gli obblighi per Alabama erano una tagliola posata dalla civiltà per intrappolare e mutilare la sua felicità e impastoiare i piedi del tempo» (p. 129). E lo vediamo bene, nel corso di tutto il romanzo, che disegna una donna fuori dagli schemi, poco madre, sempre donna dalla spiccata femminilità, ora desiderosa di un corteggiamento più serrato, ora dedita alle sue responsabilità di moglie. Una donna non equilibrata, certo, ma affascinantissima nel suo conquistare il mondo giorno dopo giorno, con eccentricità e personalità.
Non è sbagliato vedere in Alabama una proiezione forte della personalità di Zelda Sayre, anzi Zelda Fitzgerald: come è noto, l'unione con Francis Scott Fitzgerald ha fortemente incoraggiato la personalità fuori dagli schemi di Zelda. Loro, una coppia da tabloid, tra le più amate e invidiate dell'epoca, era pura dinamite che veniva innescata a turno, a costo di un'enorme detonazione finale. E così è stato, infatti, con Zelda di passaggio da un ospedale psichiatrico all'altro. Lasciami l'ultimo valzer è il primo e unico romanzo di Zelda Fitzgerald, scritto durante uno dei ricoveri e pubblicato nel 1932. E tuttavia il suo talento e il suo carattere deciso, ben visibili anche negli articoli in calce al romanzo, filtrano anche nelle opere del marito (che prende Zelda come eroina di tutti suoi romanzi).
Lo stile, ricco di descrizioni e fascinazione per le note cromatiche, è figlio della bella prosa di fine Ottocento, mentre modernissime risultano le spinte femminili all'auto-affermazione. Oggi, accanto all'innegabile testimonianza di un tempo andato, in Lasciami l'ultimo valzer incontriamo una protagonista originalissima, vera pur con le sue armature di gioielli e alta moda.
GMGhioni
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