di Ludovic Escande
Einaudi, 2018
Traduzione di Margherita Botto
pp. 125
€ 15 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)
Forse è così che bisogna procedere nella vita? Senza conoscere il valore delle poste in gioco né dei pericoli che corriamo tentando questa o quella cosa. (p. 57)
Cosa fareste se il vostro matrimonio stesse naufragando e se, per ottenere un po' di pace, foste entrati nel circolo vizioso di fumo, alcol e sonniferi? La "terapia d'urto" scelta da Ludovic Escande è quella di superare i propri limiti, anche quello della ragionevolezza, e di scalare il Monte Bianco insieme ad alcuni amici esperti di alpinismo. Escande, editor della narrativa per la francese Gallimard, non ha un passato da grande alpinista, come invece Daniel du Lac, che ha avuto il titolo mondiale; né si diletta in cordata come lo scrittore Jean-Christophe Rufin o l'esperto scrittore-scalatore Sylvain Tesson, da cui è partita l'idea.
Il Monte Bianco, si sa, è impervio e ha passi davvero impegnativi e rischiosi anche per scalatori esperti; per Escande, poco sportivo e abituato a una vita tutt'altro che libera dai vizi e da qualche bicchiere di troppo, pare una missione impossibile. Eppure, la sola idea di scalare il Monte Bianco accende qualcosa tra i desideri ormai assopiti - o anestetizzati - del protagonista: una sfida, innanzitutto con sé stesso, una sfida accolta fatalmente, guardando in faccia ai rischi oggettivi ma continuando, nonostante tutto.
Ecco che dopo un'estate di corsa (senza però rinunciare ad alcol, medicine e fumo), Ludovic indossa gli scarponi dell'amico ed è pronto a partire. Tra le nevi del Bianco, si troverà a fare i conti non solo con la fatica e le difficoltà di ramponi, cordata, gole a strapiombo, ghiaccio, ma anche con il peso più grande che ha portato con sé: quello delle sue preoccupazioni. Sa bene che, per arrivare in cima, sarà necessario liberarsi da tutti i pesi eccessivi, per quanto vi sia legato con un tocco di compiaciuto masochismo:Nella ricerca che mi anima c'è la necessità di liberarmi dalle sofferenze alle quali però tengo. Giunto a metà della mia vita mi rendo conto di stare aggrappato tanto a ciò che mi innalza, i miei sogni, quanto a ciò che mi sminuisce, la mia "povera manciata di segreti" (p. 54)
Il richiamo della vetta è più forte, lo capiranno anche chi - come me - non ha mai amato l'alpinismo e alle prime pagine si è chiesto: ma cosa?!, Escande è un pazzo! Leggendo invece questo librino di viaggio e di ricerca di sé, si è costretti a ridimensionare il parere iniziale e a vedere l'autore come un avventato (questo sì) ma coraggioso scalatore della vetta più pericolosa esistente: la cima delle proprie sofferenze. La vista, da lassù, superati gli ultimi metri di fatica, è a dir poco struggente.
GMGhioni