Il romanzo della canzone italiana
di Gino Castaldo
Einaudi, 2018
pp. 372
€ 19,00
Quanti anni ha la canzone italiana? Secondo i calcoli di Gino Castaldo – critico e giornalista musicale tra i più noti, nonché apprezzato conduttore radiofonico – dovrebbe averne compiuti sessanta tondi tondi proprio lo scorso febbraio. Tanti ne sono passati, difatti, da quando Domenico (Mimmo) Modugno spalancò le braccia al pubblico di Sanremo per stringerlo e portarlo idealmente con sé Nel blu dipinto di blu. Quella canzone, «talmente strana che nessuno se l’era sentita di cantarla», e invece destinata a vincere il Festival per poi diventare “l’inno alla gioia” del belpaese nel mondo, è, secondo l’autore, l’atto fondativo di un importantissimo fenomeno nazionale, da spiegare al meglio con gli accordi del racconto puro e semplice e alla larga da ogni stonato accademismo: Il romanzo della canzone italiana, con le sue quasi quattrocento pagine, non è altro che la storia della sua (della canzone, appunto) lunga vita, spiegata con identica cura a coloro che l’hanno vista (e sentita) nascere e a chi, invece, non ne condivide nemmeno il millennio d’origine.
Il Sommario non fa sconti, ci sarà molto da leggere: due antefatti (dedicati rispettivamente alla canzone napoletana e alla temperie musicale degli anni Cinquanta), ben cinquantatré capitoli e un epilogo. E non sarebbe ancora tutto, dato che la cronologia si arresta all’anno 2000, e dunque manca all’appello quasi un ventennio; quello che, se commentato, avrebbe forse portato con sé il pericolo della mera cronaca (e a questo proposito, dopotutto, l’autore ha modo di esprimersi con più esplicita militanza attraverso quotidiani, riviste e onde radio). Ad ogni modo, quattro decenni di storia della canzone italiana non sono un argomento semplice, né da riordinare né da classificare; e la scorrevolezza della prosa di Castaldo – che informa, commenta e suggestiona in parti uguali – non deve trarre in inganno. Bisognerebbe anzi predisporsi a riguardo proprio come nei confronti di una canzone ben congegnata, alla quale non avrebbe senso far pesare i motivi del proprio successo: melodia orecchiabile e testo memorabile. Del resto non di trattazione enciclopedica si tratta, bensì di un racconto, anzi (e per l’appunto) di un romanzo: con i suoi protagonisti e comprimari, una trama, un intreccio e un esemplare contesto in evoluzione quale l’Italia a partire dagli anni del boom.
Il criterio utilizzato dall’autore è necessariamente variabile: se la lunghezza dei capitoli oscilla tra le quattro e le dieci pagine, l’impostazione può essere legata ora a un genere (Beat, Progresso, Il folk revival…) ora a un’area geografica (Milanin Milanon, C’è un cuore che batte nel cuore di Roma, I vesuviani, Bologna…); ora a un autore/interprete (Il ragazzo della via Gluck, La ragazza dalla voce più bella del mondo, Il compagno Endrigo, L’uomo che cammina sui pezzi di vetro…) ora a quella che si potrebbe definire una moda (Il guerriero di carta igienica, Il pensiero debole…). Non mancano nemmeno i capitoli di raccordo, deputati a fare il punto sulle temperie del momento: sono i vari Medley dedicati ai decenni dai Sessanta ai Novanta. Anzi, se è vero che il lavoro di Castaldo ha più di un pregio, proprio questo resta il principale: in un’epoca come quella attuale, di radicale compresenza e dunque di decontestualizzazione dei fenomeni musicali, il loro inserimento all’interno di coordinate precise è più che mai necessario per comprenderne al meglio l’origine, la forma e il contenuto.
Quale pubblico, dunque, per Il romanzo della canzone italiana? Il più vasto e variegato possibile, purché, si intende, sufficientemente musicofilo. Lo stile chiaro e lineare di Gino Castaldo, che non cade mai nella tentazione di parlarsi (cantarsi?) addosso dall’alto della sua statura di giornalista e critico di successo – e che casomai, da osservatore/ascoltatore privilegiato qual è (ed è stato), non manca di svelare curiosità, retroscena e finanche qualche pettegolezzo – ne fanno un libro apprezzabile dagli adolescenti come dai coetanei dell’autore, e senza soluzione di continuità: i primi, oltre che un inquadramento storico dei cantanti e dei generi musicali, ci troveranno suggerimenti d’ascolto indispensabili per colmare eventuali lacune, con nomi e tracce con tutta probabilità non ancora presenti nelle loro personali playlist; i secondi, già capaci di associare titoli e sonorità a volti e ricordi precisi, coglieranno l’occasione per una sorta di ripasso esistenziale e sentimentale, quasi un karaoke del cuore e dell’anima. L’autore lo sa bene, lo dichiara fin dalle prime pagine, e a fine lettura non ci saranno ragioni per non concordare con lui:
«il Novecento non è stato forse il secolo della canzone? Non solo, è stato un secolo ribollente e denso di nuove forme d’arte, il cinema sopra ogni altra cosa, ma in fin dei conti se dovessimo raccontarlo e provassimo a mettere qualche migliaio di canzoni in fila una dopo l’altra, in ordine cronologico otterremmo forse il più esauriente, variopinto, veritiero romanzo del Novecento, quantomeno quello che ne racconta meglio l’educazione sentimentale».
Cecilia Mariani