La treccia
di Laetitia Colombani
Editrice Nord, 2018
pp. 291
€ 16,90
Titolo originale: La tresse
Traduzione di Claudine Turla
Tre donne, in tre luoghi diversi e lontani del mondo: Smita, in India, che non chiede altro che sua figlia possa andare a scuola e avere una vita diversa dalla sua, una possibilità di fuga dalla sua condizione di intoccabile; Giulia, a Palermo, innamorata dell'azienda paterna, in cui lavora con gioia e passione, fino al momento di una sconcertante scoperta; Sarah, in Canada, avvocato rampante, divisa tra le ambizioni di carriera e i figli.
I capelli sono il motivo conduttore di un romanzo che è un inno alla femminilità: una femminilità negata, nel caso di Smita; nascente e scoperta un po' alla volta per Giulia; prima sicura e ferma, poi strappata con violenza, infine recuperata da Sarah. La treccia rimanda però anche all'incrocio dei destini, che segue vie imperscrutabili e che porta esistenze diverse a sfiorarsi, seppur in modo indiretto: le tre storie costituiscono i tre fili di una trama che si va intessendo pagina dopo pagina, grazie a mani abili che ne maneggiano con sapienza gli elementi.
Lo stile solo apparentemente è semplice, in realtà è incisivo. L'autrice, regista, tratta il suo testo come una sceneggiatura: lo conduce dritto all'essenza comunicativa, spogliandolo di ogni orpello decorativo. La storia domina su tutto, si impone immediata e con forza, attirando il lettore che non riesce più a posare il libro. Convince la costruzione verosimile dei personaggi, calati in contesti sociali ben differenziati di cui si descrivono pochi tratti, ma essenziali ad una piena comprensione. Quelle che vengono ritratte sono tre donne in trincea. Smita deve fronteggiare le convenzioni, in particolare un'idea legata al ruolo della donna nel mondo che affonda le radici nei secoli e che risulta impossibile da sradicare. Lo fa non già per se stessa, ormai assuefatta al suo ruolo di pulitrice di latrine, ma per amore della figlia, per cui immagina un futuro più compiuto e felice:
Smita lo giura: non si prenderanno Lalita. La sua rivolta è silenziosa, impercettibile, quasi invisibile. Ma esiste. (p. 90)
Giulia combatte per crescere e salvare ciò che è importante: l'impresa familiare ormai prossima al fallimento, un laboratorio artigianale di parrucche a cui sono legate la consuetudine, la memoria del padre, la sopravvivenza di tante dipendenti che sono come sorelle e amiche.
Qui, le donne condividono molto di più che un semplice mestiere. Mentre le loro mani si muovono agilmente tra le ciocche, le operaie parlano di uomini, d'amore e della vita, da mattina a sera. [...] Giulia ama la compagnia di queste donne, alcune di loro la conoscono fin da quand'era bambina. Praticamente è nata qui. [...] certe volte, Giulia ha l'impressione che qui dentro il tempo si sia fermato. Fuori continua la sua corsa, ma tra queste pareti lei si sente protetta. È una sensazione dolce, rassicurante, una strana consapevolezza della continuità delle cose. (pp. 27, 28-29)
Sarah invece è un'amazzone: ha sempre lottato da sola, per emergere al pari degli uomini, affermarsi in una società maschilista e spesso misogina. Adesso però deve battersi contro un nemico più infido, un cancro che sembra strapparle tutto ciò a cui tiene, esponendola a una nuova, durissima forma di isolamento:
Sarah adesso ne ha la certezza: è stigmatizzata. Ora capisce che in questa società che esalta la giovinezza e la vitalità non c'è posto per i malati e i deboli. Lei che ha sempre fatto parte del mondo dei potenti ora sta scivolando dall'altra parte, nel campo opposto. (p. 205)
Ognuna, a suo modo, deve compiere un viaggio: quello di Smita è una fuga verso la libertà e passa attraverso fatiche che possono essere superate solo grazie alla forza d'animo derivante da una fede ardente; è un itinerario attraverso gli spazi storici e geografici di un'India che sta cambiando e che trova la propria identità su una linea di frattura:
Smita guarda il paesaggio che sfila dietro i finestrini sporchi [...] Le sembra che l'India intera sia qui, sul bordo di questa strada, nel caos indecifrabile in cui si mescolano indistintamente antico e moderno, puro e impuro, sacro e profano. (p. 179)
Quello di Giulia è un percorso dall'ingenuità dell'adolescenza alla consapevolezza e alle responsabilità dell'età adulta. Passa attraverso l'amore per Kamal, che è anche un confronto con il diverso da sé e un invito a scegliere soluzioni alternative ai propri problemi esistenziali, vie che allontanano inesorabilmente dalla tradizione a cui la sua Sicilia è tanto affezionata.
Infine, Sarah attraversa un territorio oscuro, di abbandono e dolore, necessari entrambi per approdare a una nuova sicurezza, a una nuova integrità priva di maschere e di lacerazioni interiori.
È grazie ai capelli (o alla loro perdita) che queste donne si smarriscono e si ritrovano, arrivando a definire per se stesse identità che divergono da quelle convenzionalmente attribuite loro. Da quello che è un tradizionale simbolo di femminilità deriva per le protagoniste la forza per ridefinire il concetto stesso di femminilità, in virtù di un coraggio e una determinazione che le salvano dalle più che sfavorevoli situazioni di crisi iniziali. Il romanzo di Laetitia Colombani è quindi un omaggio e un memorandum per tutte le lettrici, che arrivano all'ultima pagina commosse, partecipi, ma forse anche un po' più consapevoli delle proprie risorse nascoste.
Carolina Pernigo