di Alessandro Barbaglia
Mondadori, 2018
pp. 202
€ 17 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)
Ci sono momenti che saranno lì per sempre, porzioni di tempo a cui non puoi scavar via nemmeno un istante, non puoi erodere neppure un secondo.
Infinito presente. Ecco cosa diventano. (p. 71)
Dove vanno a finire i sognatori, quando la vita li porta a scomparire (davvero o metaforicamente)? Me lo sono chiesta, quando nelle prime pagine di L'atlante dell'invisibile mi sono scontrata con un vago fastidio: l'autore chiedeva di abbandonarsi a protagonisti che riuscivano a sognare e a crearsi nuovi mondi, nonostante la realtà stesse crollando, o forse proprio per quello. Poi ho provato a lasciarmi andare alla favola, a quella capacità un po' da Piccolo Principe di vedere un essenziale che a noi adulti, così avvinghiati alla concretezza, è ormai negato, ma - fortunatamente - non in letteratura.
Siamo in Val di Non, nel 1989, e la diga progettata nel 1946 che avrebbe sommerso un intero paese sta per essere costruita, spazzando via tanta storia e tante case da sempre lì presenti. Tre ragazzini, Dino, Sofia e Ismaele vivono quella che sarà probabilmente l'ultima loro estate in paese, con la prospettiva, un giorno, di trasferirsi in un Paese Nuovo senza nome, costruito poco più su rispetto alla diga, o di andarsene. La loro amicizia, fortissima, li porta a guardare altrove, ovvero a dedicarsi ai dettagli dell'invisibile che le persone adulte non sembrano riconoscere più: la realtà può essere più interessante, se accanto a ciò che vedono gli occhi si trovano personaggi e storie che vede la fantasia! Da qui, l'idea di tenere un atlante dell'invisibile, un quaderno "magico" in cui i tre piccoli sognatori possono annotare le parole dell'invisibile, appunto, un quaderno in cui, una notte, intrappolano la luna, riproponendosi di restituirla solo a tempo debito. E lì annotano l'amore per Sofia che, manco a dirlo, nasce sia in Dino sia in Ismaele, l'amico geniale che da moltissimo tempo ha deciso di non parlare più.
Ma Dino, Sofia e Ismaele non sono gli unici a riscrivere il quotidiano; ci sono anche Elio e Teresa, che cinquant'anni prima, ai tempi del progetto della diga e delle firme di approvazione, si sono innamorati durante un indimenticabile Giro d'Italia, con Fausto Coppi in testa con talmente tanto distacco da lasciare alla radio il tempo di ben quindici minuti di musica. Quindici minuti di ballo per Elio e Teresa, che hanno perso la testa l'uno per l'altra mentre il Campionissimo pedalava gli ultimi chilometri verso la vittoria. Elio non è solo il ragazzo più bello mai visto da Teresa; è anche un creatore di mappamondi, che ogni volta modifica a suo piacimento: è un mondo della fantasia, quello che si trova a disegnare e a colorare personalizzando distanze e forme, avvicinando città e mari. Teresa all'inizio è incredula, si risente della stravaganza di Elio, e più volte «prendeva i mondi di Elio e li correggeva, li ridisegnava, cancellava, sistemava e rimetteva tutto a posto. Riordinava le cose. E a quel punto, solo a quel punto, diventava tutto giusto» (p. 56). È infatti l'apporto del suo amore e della sua personalità, diversa eppure così complementare, a permettere a Elio di ridefinire al meglio i propri progetti - progetti in cui, ovviamente, Teresa è sempre stata coprotagonista.
Se per un lungo tratto le due vicende si alternano, portando noi lettori a muoverci tra due diverse epoche ed età, presto il tempo scorre e ci proporrà un gioco del destino: una di quelle circostanze quasi uniche in cui, non solo i protagonisti si incontreranno, ma addirittura si conosceranno o si ritroveranno in un'occasione fatata che non possiamo svelare.
Le coincidenze piacciono ad Alessandro Barbaglia, viene da pensare, dopo aver letto un po' di pagine di questo suo romanzo ricco di simboli, in cui i colori si fanno vividi, le presenze a tratti surrealiste e surreali, i contorni della realtà e della fantasia si frastagliano via via. E l'incastro tra le scene e i sentimenti si fa via via studiatissimo, con dialoghi non sempre realistici (ma d'altra parte, cosa lo è e soprattutto cosa vorrebbe esserlo?). La capacità di volare lontano, lontanissimo con la fantasia prende un paesaggio che in questi mesi molti di noi sono andati a rivedere grazie al romanzo di Balzano, il bellissimo Resto qui, e lo illumina di colori fortissimi e al neon. Un po' artificiali, se vogliamo, ma certamente originali nella loro fluorescenza.
GMGhioni
Le coincidenze piacciono ad Alessandro Barbaglia, viene da pensare, dopo aver letto un po' di pagine di questo suo romanzo ricco di simboli, in cui i colori si fanno vividi, le presenze a tratti surrealiste e surreali, i contorni della realtà e della fantasia si frastagliano via via. E l'incastro tra le scene e i sentimenti si fa via via studiatissimo, con dialoghi non sempre realistici (ma d'altra parte, cosa lo è e soprattutto cosa vorrebbe esserlo?). La capacità di volare lontano, lontanissimo con la fantasia prende un paesaggio che in questi mesi molti di noi sono andati a rivedere grazie al romanzo di Balzano, il bellissimo Resto qui, e lo illumina di colori fortissimi e al neon. Un po' artificiali, se vogliamo, ma certamente originali nella loro fluorescenza.
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