di Mary Barbara Tolusso
Bollati Boringhieri, 2018
€ 14 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
pp. 126
Eravamo una generazione di raffinati prigionieri in fila per la doccia o per la mensa, con molte regole e molto futuro.
Un gruppo di adolescenti, l'atmosfera ovattata di un collegio, personalità in divenire costrette a una costante interazione dal risveglio alla buonanotte, un intreccio inestricabile di affetti e invidie. Se queste sono le scelte di partenza di una storia, ci sono dei miti da battere: quando penso ai collegi mi vengono in mente storie indimenticabili e passionali come quelle de L'attimo fuggente o di Canone inverso. La scelta di Mary Barbara Tolusso di ambientare il suo romanzo in un pensionato si presterebbe a facili confronti se non fosse che l'autrice va in una direzione opposta: non grandi amori, gesti estremi e parole forti. Al contrario: più che in un collegio, la storia di Emma, David e Sofia sembra ambientata in una prigione.
«Solo passioni facili» ripeteva la signorina Stein. Ci avevano educati alla moderazione.
È Sofia a raccontare in prima persona questo complesso rapporto, in cui all'amicizia tra le ragazze subentra l'amore comune per David. Il triangolo apparentemente non pende in nessuna direzione precisa: e non è solo perché la gelosia indebolirebbe l'amicizia, o perché la lealtà impedisce lo sbocciare di una grande passione. È piuttosto perché è il collegio a imporre scelte timide, passioni facili, cioè fredde. Tutto il contrario di un'adolescenza che vorrebbe esplodere.
La vita vera è fuori: è quella che intravede Sofia nelle sue scappatelle notturne. Tanto grigia è l'atmosfera del collegio, in cui pure la natura non è libera di esprimersi appieno, quanto il mondo circostante è a tinte forti, rosso e nero come l'insegna di un night club, lussureggiante come i boschi appena fuori dal cancello. Dentro, niente corse a perdifiato, nessuna rissa. Solo campanelle a scandire i vari momenti della giornata, pillole per rinforzare il fisico. I ragazzi sono come farfalle in una teca, sotto costante osservazione, uniformemente sbiadite, mentre le umilianti punizioni smussano gli eccessi di carattere.
Non ci sono veri e propri litigi e persino l'esclusione si esprime in silenzio. Lo sa bene Cèline, «ossuta e gracile», «l'orfana con i sussidi statali», immediatamente individuata come «l'esclusa, la non meritevole. La vittima di cui sempre hanno bisogno le bestie in evoluzione». Il suo risentimento si esprime in modo freddo: niente urla o pianti, ma l'inevitabile destino di diventare il «gufo» della scuola, la spia dei maestri.
Osserva Sofia che «per essere una irripetibile traccia sulla riva della vita, è necessario dissolversi». Invece nel mondo ristretto del collegio, contemporaneo ma stranamente privo di alcun riferimento tecnologico, i ragazzi sono educati al successo, che richiede freddezza, e migliorati biologicamente per sopravvivere all'eternità: tutto l'opposto delle grandi passioni, che bruciano in fretta.
Destinatari - senza possibilità di scelta - di una vita lunga, robotizzati quasi, vedono il mondo dissolversi, avvertono il distacco senza soffrirne: l'amicizia sorta spontaneamente nei primi giorni di collegio, forse sulla scia di un residuo di umanità, si dissolve senza dolore. Quale traccia può rimanere a testimoniare questi destini così fragili?
Mary Tolusso ci guida in una storia toccante, narrata con un tono volutamente privo di picchi emotivi, ma sempre teso a una certa amarezza. Una malinconia lieve avvolge la narrazione, espressione del ricordo o di quelle scelte che, troppo presi dall'adolescenza, i protagonisti non hanno compiuto.
Francesca Romana Genoviva