Racconti al tramonto
di Bram Stoker
elliot edizioni, 2017
traduzione dall'inglese di Loretta Santini
illustrazioni di Francesca Rossetti
pp. 147
€ 14,50
Premessa: Bram Stoker è l'autore di Dracula. È lui il geniale irlandese che, pur senza aver mai messo piede in Transilvania, riuscì a dar vita al più intenso e terrorifico tra i romanzi gotici dell'epoca, ambientandolo alla perfezione nell'inquietante Castello di Bran, in Romania. Un libro che risiede stabilmente nella mia personalissima top twenty. Visto l'autore, mi sono avvicinata alla lettura di questa raccolta a colpo sicuro, spinta dalla convinzione di ritrovarvi le stesse atmosfere, orrorifiche, sospese, minacciose, sinistre, gelide, atte a terrorizzare... Quante volte durante la lettura, nel silenzio della casa immersa nel sonno (perché è un romanzo che dà il meglio di sé se letto di sera, o meglio ancora di notte), mi sono ritrovata a guardarmi alle spalle o a sobbalzare a qualsiasi minimo rumore...
E invece mi sono sbagliata.
Questa raccolta di fiabe-racconti (pubblicata da Stoker ben 16 anni prima di Dracula) in realtà non ha nulla di inquietante. Sono semplicemente favole popolate da angeli, giganti, bambini, vecchi, re, principi e principesse ambientate nel Paese del Tramonto.
L'assunto principale di ognuno degli otto racconti di cui si compone il volume è la lotta tra il Bene e il Male, personificati, in maniera molto didascalica, l'uno da angeli o bimbi innocenti e l'altro da giganti distruttori o ombre sinistre. La narrazione scorre in maniera molto piana, quasi sempre secondo lo schema presenza del Bene, arrivo del Male, lotta tra Bene e Male, vittoria finale del Bene.
Se da un lato è già percettibile, soprattutto nella creazione di alcune atmosfere oniriche e oscure, la mano di colui che saprà dar vita al personaggio che più ha infiammato l'immaginazione relativa all'oltretomba e ai morti-non morti, dall'altro ciò che lascia un po' perplessi nella lettura è il fin troppo manifesto dispiegarsi della funzione edificante delle fiabe: prìncipi talmente buoni e delicati che persino gli insetti smorzano il loro ronzio per non disturbarne il riposo, ma al contempo eroici e valorosi, principesse sempre buone, belle e coraggiose, re giusti, intelligenti, forti, eticamente inattaccabili, bambini e bambine innocenti, felici, altruisti, generosi, amabili, dolci. Tutti in lotta contro i cattivi rappresentati dai Giganti. E la natura stessa si divide secondo questo assetto manicheo: verde, rigogliosa di fiori e frutti, frondosa e fertile nel Paese dei Buoni, arida, desertica, secca e improduttiva nel Paese dei Cattivi.
La voce dell'autore interviene spesso per impartire lezioni di morale o di buona condotta, sottolineando per esempio l'importanza del raccogliersi in preghiera, cosa che i valorosi principi non mancano mai di fare prima di accingersi alla battaglia. O ricavando principi generali da un atteggiamento o un gesto.
Pianse amaramente, e quanto! ma mentre piangeva le venne il pensiero che la vitanon è nelle mani degli uomini, o in quelle dei giganti; e così si asciugò le lacrime, si inginocchiò e pregò col cuore umile, e quando si alzò si entiva rassicurata, come succede sempre a chi prega sinceramente. (p. 33)
E le sembrò che il vento, sfiorandole il viso, portasse l'eco delle parole: «L'innocenza e la devozione salvano la terra». (p. 59)
Anche il linguaggio è molto semplice, adatto a una lettura ad alta voce per bambini. Ma il punto è questo. Durante la lettura mi sono chiesta: a chi si rivolge un libro come questo al giorno d'oggi? Se due secoli fa fiabe di questo genere potevano far breccia sui bimbi (e il libro, alla sua uscita, si rivolgeva specificamente a loro), adesso, con l'immaginario infantile popolato da ben altre figure, e un linguaggio delle favole molto più diretto e concreto, si rischia che dopo tre righe il bimbo in questione sia già schizzato dall'altra parte della casa. Magari a guardare Paw Patrol, i Dalton o Teen Titans Go.
Possono essere allora fiabe adatte a un pubblico adulto? A parte per un'esigua schiera di sognatori, credo che l'intento moraleggiante ed educativo di questi racconti, così pervasivo e manifesto, possa risultare alla lunga un po' noioso. Manca totalmente il male sottotraccia, il mistero che si infila, oscuro e infido, nel quotidiano, il senso del terrore che sottilmente si insinua sotto pelle. Tutto ciò che, insomma, renderà Dracula un capolavoro.
Partendo quindi dal presupposto che io abbia affrontato la lettura del libro sbagliando aspettative, cercando prefigurazioni gotiche che non erano nelle intenzioni dell'autore, detto questo, ho cercato di dare una risposta alla mia domanda: perché pubblicare questo libro oggi? Una riflessione che mi ha portato a questo parere: perché questa raccolta di favole (inedita in Italia) può avere un suo valore dal punto di vista filologico. Mostrandoci come e che cosa scriveva Bram Stoker, che oggi ricordiamo solo e unicamente per il suo vampiro, pur avendo egli dato alle stampe tanti altri romanzi e racconti. Perché ci dà un'idea dell'immaginario letterario ottocentesco, della richiesta di atmosfere sognanti, a metà tra realtà e fantasia. Perché infine ci dà conto dell'importanza che la morale aveva a quel tempo, tanto da dover essere chiara e insistita soprattutto in testi dedicati ai bambini.
Ma poi, fuor dal valore storico e filologico del libro, perché può regalare, a chi ama farsi raccontare favole, un'ambientazione originale, un afflato poetico sostenuto e un'eleganza linguistica che non possono negarsi. Anche da chi, come me, era partito con attese ben diverse.
Rosatea Poli
p.s. - Le illustrazioni di Francesca Rossetti sono bellissime, riuscendo, nel bianco e nero, a calare delicatamente queste figure angeliche nel mondo che sta a metà tra sogno e realtà.