di Becky Sharp
Marcos y Marcos, 2018
pp. 304
€ 18 (cartaceo)
«Mi creda, miss Poirot: il colpevole non resterà impunito! Mio marito era un individuo ripugnante, ma era mio!» (p. 156).
Non c'è estate senza Penelope Poirot: potrebbe diventare un simpatico vizio, quello di salutare il solstizio con un nuovo caso per l'estrosa, permalosa e snob parente di quel Poirot. Proprio ieri infatti è uscito il terzo romanzo di Becky Sharp, pari in acume e divertimento al primo Penelope Poirot fa la cosa giusta e al secondo Penelope Poirot e il male inglese.
L'idea di Becky Sharp è decisamente efficace e, al tempo stesso, rassicurante perché gioca con la tradizione del giallo: un'investigatrice improvvisata, che si trova coinvolta suo malgrado in un omicidio perché conosce la vittima; un luogo chiuso, di solito una villa lussuosa ma al tempo stesso decadente, dove i sospetti rimbalzano tra le pareti di un passato torbido; una segretaria un po' goffa e smagata che in realtà spesso fa il Watson della situazione. A questi elementi, bisogna sempre aggiungere però la marca fondamentale dei romanzi di Becky Sharp: l'ironia, graffiante, acuta, divertita, travestita da humour inglese, coerente con le origini dell'ipercritica e irresistibile Penelope, che non lesina perle di saggezza tutte sue («Una riflessione astemia partorisce aforismi esangui! Prenda nota», p. 51):
«Io voglio attraversare la vita e da essa farmi attraversare: sarò un buon setaccio, ne sono certa. Ma ho bisogno di stimoli: gocce di rugiada capaci di ridestare le mie esangui sinapsi» (p. 15).
Sono i dialoghi brillanti, con ardite metafore e divertenti similitudini, a rendere riconoscibilissima la scrittura di Becky Sharp: le parole connotano i personaggi, insieme a descrizioni graffianti che colgono gli aspetti più caricaturali dei sospettati. Non è il bello ad attirare particolarmente la scrittrice: tanti suoi personaggi sono brutti rispetto ai canoni estetici, hanno qualche caratteristica fisica che però li rende unici.
In questo nuovo Penelope Poirot e l'ora blu, la padrona di casa è la temutissima Edelweiss Gastaldi, dal corpo pachidermico e dalla lingua tagliente, in grado di far tremare e al tempo stesso sfilare come soldatini i suoi assistenti. Edelweiss, studiosa di folklore e fiabe ormai alle soglie della pensione, intende organizzare nella sua casa - o meglio, "regno" - di Corterossa un convegno dedicato al mondo delle fiabe. Lì, si riuniscono i maggiori studiosi del genere, tra cui il filologo Francis Travers, il caro "amico sentimentale" di Penelope Poirot; Ireneo Mestre, figlio di Edelweiss, da tempo in Francia per sfuggire dai tentacoli materni; vari accademici, più o meno legati a Edelweiss: il pupillo Dario Guerra, la dottoranda bistrattata Chiara Gennai, il ricercatore Alvise Cavallero. Penelope Poirot capita lì come ospite su invito di Francis Travers, e Miss Velma Hamilton, da brava segretaria, la segue, anche se a Corterossa ci sono antichi ricordi... Infatti Velma ha trascorso lì la sua infanzia, con un nonno anarchico ben conosciuto in paese. E lì ha lasciato un'amica: Sveva Delfino, adesso governante di Edelweiss, insieme alla sua bella ma silenziosissima figlia Viviana.
Tanti sono gli intrighi presenti nel convegno e, più in generale, a casa Gastaldi: Becky Sharp confeziona un godibilissimo e ripetuto scambio di angherie e di frecciate tra i vari accademici, che fomentano gli odi e i favoritismi.
Ma qualcosa rompe l'atmosfera che si pregustavano gli ospiti, di noia accademica e formalità: all'ora blu, quell'ora che segna il passaggio dal tramonto alla sera, il pic nic di apertura del convegno viene segnato da una disgrazia. Bebe Massone, l'orribile e viscido marito di Edelweiss, cade con la testa sul tavolo: avvelenamento?
Ecco che il giorno successivo con estrema freddezza Edelweiss incarica Penelope Poirot di indagare: non perché stia realmente soffrendo per il marito defunto, ma perché qualcuno ha osato uccidere suo marito che, per quanto detestabile, era suo:
“Certo, un'indagine; cos'altro dovrei affidarle? Non è il suo mestiere?”
“Uno tra gli altri”.
“Spero sia quello che le riesce meglio. Si guardi intorno, faccia domande: si muova! Ricorra pure ai mezzi che ritiene opportuni, ma mi porti quel che voglio”.
Portarle quel che voleva: come se Penelope Poirot fosse un volgare fattorino di criminali a domicilio! (p. 155)
Così la nostra protagonista si trova a cercare di fare chiarezza in un'intricata catena di rapporti, che deve provare a sciogliere, un po' come in una fiaba in cui, raggiunto il punto di massima tensione, i fili si devono districare verso lo scioglimento finale. Niente è come sembra, anche la fidata Velma Hamilton ha degli scheletri nell'armadio a Corterossa: Penelope deve addirittura sospettare di lei!
Ma dove sta la verità? Come in un giallo tradizionale, Becky Sharp non lascia scontenti i suoi lettori; e tuttavia riserva delle sorprese anche nelle ultime pagine. E come le scritture più moderne, il punto di vista e l'io narrante cambiano nel corso del romanzo: prima è Velma a condurre la narrazione; poi Penelope e infine Edelweiss. Pronti a scoprire chi ha ucciso Bebe Massone? La risposta, tutt'altro che prevedibile, è in libreria!
GMGhioni
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