Tra luoghi allegorici e luoghi dell'anima spunta la cara e vecchia Europa: "La Repubblica delle Lettere" di Marc Fumaroli



La Repubblica delle Lettere
di Marc Fumaroli
Adelphi, 2018

pp. 438 
€ 32


Questo è, senza ombra di dubbio alcuno, uno dei grandi libri dell'anno e pazienza se sia un saggio, anzi pure meglio. Già perché La Repubblica delle Lettere  di Marc Fumaroli, uscito per Adelphi (e chi se no!), arriva al posto giusto e nel momento giusto. Infatti tra echi xenofobi e rigurgiti nazionalisti questo libro è una specie di boccata d'aria che analizza il concetto di "Repubblica delle Lettere" alla luce delle grandi conquiste della mente che dall'epoca Romana all'Ottocento i grandi pensatori hanno raggiunto. Fumaroli lo fa col piglio di un novello Virgilio, accompagnandoci in un viaggio pieno di brio e di personaggi più o meno conosciuti dove, come stelle fisse, brillano tre punti principali: il debito, a livello storico ed intellettuale, che l'Europa intera ha nei confronti dell'Italia (grande madre del pensiero di tutti noi), il fatto che la letteratura sia qualcosa di vivo e vitale, lontano dall'idea della statica ieraticità da accademia e, infine, che le idee cammino sulle gambe degli uomini. Ecco perché La Repubblica delle Lettere si può leggere come uno splendido conte philosophique sull'umanità.
Ma di che cosa parla questo volume? La risposta a questa domanda è, al contempo, semplice e complessa. Semplice perché si tratta dell'evoluzione, attraverso i secoli (sostanzialmente attraverso cinque secoli) del concetto di "Repubblica letteraria". Complessa perché questa storia dell'idea si va ad innestare in un contesto culturale, sociale, economico e storico. I due aspetti, e qui Fumaroli si supera per davvero, marciano di pari passi anzi, via via che si prosegue nel libro, ci si accorge di come essi siano assolutamente complementari, due vere e proprie facce della stessa medaglia. La dimensione filosofica si rispecchia in quella fisica e la realtà di tutti i giorni non può che influenzare il cogitare dei pensatori e degli artisti.

Inoltre il libro è anche una specie di dichiarazione d'amore e per la Francia e, soprattutto, per l'Italia e tutto il suo corredato di tradizioni, eredità culturali e modi di pensare precipui. Fumaroli infatti, nella sua disamina, afferma come, in un certo qual modo, sia stata l'Italia ad "educare" l'Europa barbara dei secoli bui non soltanto alla riscoperta del pensiero Antico ma anche e soprattutto ad utilizzare questo strumenti del passato per costruire un nuovo futuro. Lungi dall'idea di un'Italia "parco di divertimento dell'Antico", Fumaroli dimostra con le parole e con i fatti (citando un grande numero di pensatori illustri) come il Belpaese sia stato per un lungo periodo ai vertici assoluti del pensiero continentale, plasmandolo e indirizzandolo in maniera perenne.

Questa grande eredità è stata quindi presa piuttosto che consegnata alla Francia (la quale, guarda caso, proprio durante il Cinquecento aveva sempre più interferito negli affari italiani) la guida del pensiero d'Europa. Questa translatio imperii è descritta con grande attenzione che, senza usare scorciatoie o semplificare le cose, dimostra come ciò sia stato un processo di lunga durata, anzi quasi mai del tutto compiutosi. Poi, oltre a questo, a dominare La Repubblica delle Lettere è una scrittura, quella di Fumaroli, raffinata e indimenticabile:
L'allegorismo arcadico non è comunque privo di una pretesa dogmatica e concettuale. È un gioco letterario, un sogno, e non lo dimentica mai. Ma questo gioco è più serio e più contagioso di quanto possa sembrare ai nostri occhi moderni: le sue regole, i suoi ruoli, le disposizioni e i talenti che esige dai suoi interpreti fanno entrare coloro che ne sono sedotti e che li accettano in una società contemplativa superiore a ogni "milizia" volgare, e in tal modo il gioco allegorico arcadico diviene fertile: esso crea per lo spirito una "seconda patria", garantita dalla letteratura.
Abbiamo preso volutamente un passaggio sull'Arcadia per dimostrare come Fumaroli, anche nei temi più spinosi e di difficile trattazione (o quantomeno in maniera plausibile meno conosciuti al grande pubblico) sia abile ad evocare suggestioni e rimandi che coinvolgono il lettore. 

Anche per questo La Repubblica delle Lettere è un libro imprescindibile e da avere, senza se e senza ma, nella propria biblioteca: se volete bene ai libri questo sarà per loro un vero e proprio "amico e sodale".

Mattia Nesto