Inviata speciale
di Jean Echenoz
Adelphi, 2018
Traduzione di Federica e Lorenza Di Lella
pp. 250
€ 18 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
Si può parlando di un Paese distante quasi 9.000 chilometri da Parigi esprimere, senza sforzare mai la mano ma con una sapienza quasi antica, tutto ciò che c'è di più distintivo, in senso positivo, delle lettere francesi? La risposta è sì, sì e ancora sì: una risposta tre volte affermativa per affermare come questo Inviata speciale di Jean Echenoz sia a conti fatti uno splendido romanzo francese ambientato per buona parte in Corea del Nord. Echenoz infatti, ormai uno delle massime penne del suo Paese, in questa sua nuova avventura libresca utilizza tutta una serie di stratagemmi, che però il lettore non sente mai tali, per costruire una vicenda al tempo verosimile e dall'altro del tutto assurda, un po' concreta un po' favolina, in un certo senso comica ma pure drammatica e sanguinolenta. Ecco che da questi contrasti, quasi magicamente, esce un romanzo molto francese e molto bello.
Ma dopo quest'introduzione positiva chiediamoci quali potrebbero essere i punti deboli di questo libro: non siamo di fronte a una spy-story classicamente intesa perché Inviata speciale al tempo stesso rifugge e gioca con il genere, non volendoci appartenere ma neppure volendosene affrancare in toto.
Al centro della vicenda c'è Constance, una ragazza dal fascino "a sua insaputa", ex reginetta del sinth-pop francese, avendo interpretato una hit negli anni Ottanta che, a suo tempo, fece epoca. E proprio quella canzone,chiamata "Excessif" (guarda caso un chiaro riferimento all'edonismo proprio di quel decennio!) sarà la connessione che porterà una non meglio identificata branchia dei servizi segreti francesi a scegliere lei per una missione della massima delicatezza, ovvero destabilizzare la Corea del Nord. Ecco che la distanza tra Parigi e Pyongyang si assottiglia grazie ad una canzone pop: Constance, incaricata di avvicinare, sedurre e convincere un alto dignitario del Partito Comunista Nordcoreano a tradire il suo sommo leader, destabilizzando un intero Paese e provocando così una controrivoluzione epocale. Il tutto grazie al debole del suddetto alto papavero della dirigenza per, ovviamente, le canzoni pop anni Ottanta in francese. Come se la vicenda non fosse molto artigliata, ironica e iconica ecco che sullo sfondo si stagliano vecchie glorie dello showbiz in crisi di ispirazione, gorilla e guardie del corpo dal cuore d'oro, generali severissimi e segreterai particolari, molto particolari.
Qualcuno potrebbe storcere il naso per la mancanza di profondità nella visione della Corea del Nord, illustrata molto più sotto forma di un diorama, seppur molto fedele, che tramite una rigida analisi concreta di quanto davvero accade e di come davvero si viva laggiù. E infine i personaggi, in una logica che li vede quasi contrapposti allo svolgersi delle vicende, escono sempre sconfitti dalla trama. Ma ecco che tutti questi difetti, se si ragiona un poco, diventano i puntelli dove ancorarsi e decretare questo come un "piccolo grande romanzo di ottima, squisita anzi fattura".
Il gioco parodistico, la voglia di non andare mai troppo nel profondo delle cose ma di descrivere magnificamente l'epidermide di esse e infine non incentrare troppo sui personaggi il peso narrativo della storia ma di lasciare che fluisca liberamente, sono perciò punti di forza, di cui Echenoz sa servirsi a meraviglia per costruire un romanzo non di difficile lettura, certo, ma che non lascia indifferenti. Non lascia indifferenti perché, invece di utilizzare effetti roboanti ma senza neppure trincerarsi di fronte alla "veridicità della cronaca", lo scrittore ci dona una lingua spiritosa e brillante, molto più adatta alla conversazione in un caffè piuttosto che in un summit di politica.
E proprio qui sta l'assoluta grandezza e dell'Inviata Speciale e di Echemoz: infatti si può ricercare una "grandezza nella piccolezza" attraverso un sapiente uso della lingua che non cambia mai i torni e i registri ma che si diverte in un continuo gioco di rimandi, sfondamento di pareti e momenti in cui si rivolge direttamente al lettore che sono proprio una gioia per gli appassionati.
Un romanzo perciò molto francese e anche molto bello: nella splendida traduzione di Federica e Lorenza Di Lella è ancora più bello e appagante da leggere.
Mattia Nesto