di Giovanna Cosenza
Laterza, 2018
pp. 160
€ 18,00
È forse arduo, ma certo necessario, parlare in questi giorni di politica. Più che degli uomini che la fanno – cioè che si interessano (o dovrebbero interessarsi) della "cosa pubblica", dal punto di vista degli elettori quanto degli eletti – diventa centrale, in questi giorni caldi di proclami pubblici e dibattiti che spaziano, il più delle volte con straordinaria e inquietante facilità, tra l'etica e il diritto, parlare di comunicazione politica: di come le idee, i programmi, i messaggi vengano pensati, formulati e diffusi, per imporsi poi all'opinione comune.
Di fronte alla mancanza di uno studio sistematico di questo aspetto centrale per la collettività, Giovanna Cosenza si pone un obiettivo molto concreto: non tanto di riempire un vuoto, piuttosto di "individuare alcune tendenze generali che la comunicazione politica ha manifestato negli ultimi trent'anni, in Italia, in Europa e negli Stati Uniti, con una frequenza e nettezza sempre maggiori" (p. VI). Il libro, che assume una prospettiva "interdisciplinare e professionalizzante", risulta quindi diviso in due parti: una prima più teorica, che traccia le linee di sviluppo del discorso politico, e una seconda destinata all'esame di una serie di case studies ritenuti emblematici (dagli speeches dei presidenti americani allo storytelling dei no global, per arrivare alla fisicità più o meno invadente dei nostri politici).
Scritto non a caso da una docente universitaria, Semiotica e comunicazione politica è un saggio dal taglio decisamente accademico, con una ricchissima bibliografia e un nutrito apparato di note e rimandi inter e intratestuali. Di contro, e forse per lo stesso motivo, dà per scontati alcuni presupposti che per uno studioso del settore dovrebbero essere ovvi, ma forse non lo sono per il lettore comune, per esempio cosa sia la semiotica, quali i suoi obiettivi e campi d'indagine. Non avrebbe forse guastato, in uno scritto che entra subito nel vivo della questione, una introduzione generale all'argomento "per profani", e magari anche una conclusione sommativa, utile per tirare le fila e mettere alcuni punti fermi dopo la sezione esemplificativa. Questo non avviene perché l'autrice si lancia, senza indugi e con grande sicurezza, su quello che il titolo promette, ovvero l'indagine su come la semiotica possa essere messa al servizio di una piena comprensione del discorso politico:
La semiotica [...] può aiutarci a capire con illuminanti dettagli analitici cosa distingue una storia efficace da una che non lo è, una storia destinata a durare nel tempo da una passeggera, una storia autentica da una che suona falsa. (p. 29)
Il politico deve infatti essere innanzitutto un bravo comunicatore: per troppo tempo l'idea della comunicazione politica è stata associata dall'opinione comune alla manipolazione della verità, senza che ci si rendesse conto che questa in realtà rappresenta anche il fondamento di ogni relazione solida e duratura. Una buona capacità comunicativa, ci dice a più riprese Cosenza, forse non è sufficiente a prendere e mantenere il potere, ma di sicuro è necessaria: senza un linguaggio adatto ad esprimerle, le proposte rimangono parola morta. Il buon leader deve essere capace di costruire intorno a sé una storia credibile e coerente, in grado di suscitare emozioni (o passioni) negli elettori:
La semiotica dà per acquisito che, per rendere un testo efficace – e cioè, a seconda dei casi, interessante, piacevole, stimolante, facile da ricordare, convincente –, siano importanti sia le emozioni che il testo rappresenta esplicitamente – nel senso che le nomina, le caratterizza, ne descrive azioni ed effetti – sia quelle che il testo suscita implicitamente – nel senso che induce i/le destinatari/e a cui è rivolto a provare certe emozioni anche se non le evoca esplicitamente. (p. 76)
D'altro canto, la semiotica fornisce anche gli strumenti per indagare queste storie e verificarne la tenuta, formulare prognosi circa partiti o soggetti politici agonizzanti o in ottima salute, decifrare le cause dei loro fallimenti o dei loro successi. E il discorso può facilmente essere esteso a vari ambiti in cui la trasmissione di un preciso messaggio riveste un'uguale importanza:
È necessario condurre almeno tre tipi di analisi: narrativa, enunciazionale e passionale. Sono questi gli strumenti minimi necessari per spiegare l'efficacia (se c'è, o altrimenti l'inefficacia) di qualunque "narrazione" proposta dalla comunicazione di massa contemporanea – non solo politica, ma anche mediatica, commerciale, sociale, istituzionale. È questa l'attrezzatura teorica che ci permette di superare [la] genericità. (p. 55)
Sbaglia chi crede aprioristicamente che la presenza di una narrazione sia incompatibile con la verità, non già perché non possano esistere narrazioni veritiere, ma perché non esiste una verità assoluta, un'affermazione che sia pienamente oggettiva, su cui non pesi la relatività insita in qualsiasi messaggio.
Compito dell'analisi semiotica è individuare, anche nella posizione che appare più assoluta e oggettiva [...] il suo essere, al contrario, almeno in parte relativa al punto di vista, alle opinioni, alle passioni di chi la presenta. (p. 21)
Questo consente tra l'altro di smascherare alcune delle abitudini più diffuse della comunicazione (politica, ma anche pubblicitaria) di oggi, prima fra tutte quella di ragionare in termini di coppie oppositive, di porre come alternative reciprocamente esclusive un bene assoluto e un male assoluto, la Verità e la Menzogna, i buoni e i cattivi.
La sezione più interessante del volume risulta, al di là delle definizioni teoriche (che sono poche e chiare, anche se ripetute in più punti con espressioni ritornanti e zelo fin eccessivo), quella dedicata alla politica italiana: in particolare alle scelte e agli stili comunicativi di alcuni dei personaggi che affollano la nostra scena istituzionale, da Berlusconi a Grillo, da Veltroni a Renzi. La presentazione che ognuno di costoro fa di se stesso, sfruttando tanto le tecniche retoriche quando le principali strategie di marketing, ha sempre a che vedere con la “vendita” di un prodotto a un pubblico, e ciò può indurre i soggetti a imbarazzanti scivoloni. Edito alle soglie delle elezioni di marzo, il saggio di Cosenza pare avere valore profetico, o semplicemente diagnostico, dello stato di un sistema politico italiano che non ha ancora imparato a sfruttare a proprio vantaggio e senza intoppi lo straordinario potere del corpo e della parola.
Carolina Pernigo
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