Stelle o sparo
di Nova
Bao Publishing, 2018
pp. 144
€ 17,00
Lampadine, come stelle, punteggiano un soffitto, sotto il quale un ragazzino soffre. La musica che lo accompagna trasmette un messaggio chiaro: "I think I'm just happy", ma di felicità, in questo faro calato nelle tenebre, se ne percepisce poca. Sotto lo stesso cielo, "da tutt'altra parte", un'analoga sofferenza si maschera da apatia esistenziale. Stella vive chiusa in casa, abbrutita da un cinismo insano, condito da tv e cibo spazzatura; si addormenta sul divano dopo ore di tormento e ogni notte porta con sé un mostro che le grava addosso: "una roba colossale e senza faccia" che viene "a darti una rotta d'ossa come Cristo comanda. E tu non sai neanche dargli un nome". Per fortuna dal "futuro anteriore (splendido nome per un flashback)", arriva la solare Ed, amica dai tempi della scuola, pronta a trascinarla in un'avventura che la riscuota dal suo torpore esistenziale.
La porta suun'isoletta buttata a caso nel mar Egeo. Dopotutto la gente va a “ritrovare se stessa" nei posti più assurdi. Tipo l'India, il Tibet. Posti enormi. Cioè, secondo me, se ti cerchi in un posto piccolo. Magari ti trovi.
È così che le inquietudini di Stella incontrano quelle di Cosmo, un bambino che ha nel nome l'antichità, l'ordine, e l'universo, ma che al momento dell'incontro conduce un'esistenza limitata, confusa e piena di rabbia. Cosmo era figlio di nessuno nella città vecchia, e come tale figlio di tutti. Almeno finché nella città vecchia era rimasto qualcuno a occuparsi di lui. Poi "passò il tempo. Cosmo restò. Alcuni, i giovani, andarono via. Cosmo resto. Restò con i vecchi. I vecchi morirono. Cosmo restò solo". Anche lui, così giovane, è stato tormentato da fantasmi notturni e ora viene a sua volta scambiato per fantasma. Teme l'oscurità e vive nel faro, circondato da lampadine, uscendone solo nelle ore di luce.
È nel buio che, dispersi, si incontrano Cosmo e Stella: non conoscono la direzione da prendere, ma in due le ombre si mettono in fuga più facilmente.
La biografia di Nova, autrice di questo graphic novel commovente, recita che "grazie al suo stile incredibilmente approssimativo vorrebbe un giorno essere ricordata come l'Eurospin del fumetto italiano". Dalla lettura di Stelle o sparo, tuttavia, emerge un'impressione completamente diversa. Ciò che l'autrice definisce approssimativo è in realtà tagliente e intenso; il tratto nervoso, reso più drammatico grazie all'uso del bianco e nero, consente di giocare metatestualmente con le emozioni contrastanti dei personaggi, e con gli scarti continui buio/luce, notte/giorno. Al periodare incisivo sono alternati flussi di pensiero più articolati, che dicono molto sulla complessità interiore e la sensibilità della protagonista, con cui tutti i nati negli anni '80 non potranno fare a meno di identificarsi. I riferimenti culturali che emergono dai testi e l'iconografia che li circonda e accompagna sono infatti un omaggio agli anni '90, e a un modo di pensare e sentire che descrive un'intera generazione: una generazione che si tormenta, che pensa troppo, che vive instabile e a volte deve andare lontano, ma che non smette nonostante tutto di coltivare piccole e coriacee speranze. Dentro la giovinezza, infatti,
in mezzo ai serpenti dell’inadeguatezza, miracolosamente hanno fatto le uova miliardi di piccole speranze. È veramente straordinario che a 15 anni vivi tutto malissimo e speri che tutto vada tremendamente bene, è l’idea più divina e incredibilmente stupida che riusciamo a strutturare in vita nostra. Aspettative, come miliardi di tartarughine che corrono in avanti, spinte da una forza cieca e goffa che non guarda in faccia ai serpenti, né ai gabbiani che ti ingoiano intero intero, né alla possibilità che una mano ti butti in una teca di vetro per il resto dei tuoi giorni. […] Si lanciano a kamikaze in avanti. Non tutte arrivano al mare, s’intende, però ci provano.
Questa speranza la generazione raccontata da Nova se la porta dentro, impastata alle citazioni di Kurt Cobain, agli insegnamenti filosofici appresi da Super Mario, al romanticismo esasperato nutrito tra un episodio e l’altro di Dawson’s Creek; è insopprimibile, talvolta fastidiosa; si vorrebbe metterla a tacere, negarla contrapponendovi un pessimismo acre:
uno pensa di avere tutto il tempo del mondo ma non è così. Una preghiera per tutti i materassi, i dischi e le batterie di pentole che non faremo in tempo a comprare, perché prima o poi arriverà davvero quell’ultimissimo giorno. E l’offerta super speciale finirà. E poi. E poi niente.
Eppure per quanto si provi, per quanto la si rinneghi, quella è sempre lì: è lei a spingere Stella a costruire pupazzi con il piccolo Cosmo, ad accettare i piccoli segnali positivi provenienti da un destino bistrattato. È lei a farla reagire agli eventi con la rabbia della rivolta, quella di chi, di fronte a ciò che è negato, decide di lottare: se le stelle non sono date, sarà necessario andarsele a prendere, con le buone, o con le cattive.
Carolina Pernigo