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"Tokyo orizzontale" o di quando un luogo prende vita e diventa un compagno per l'anima

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Tokyo orizzontale,
di Laura Imai Messina
Piemme, 2014

pp. 226

€ 14,90 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)

Tokyo non ha alcun bisogno di maschere. Perché per essere se stessa, le bastano tutte le facce che ha già.
Shibuya, Shinjuku, Harajuku, Ginza, Ikebukuro e Akihabara sono solo alcuni dei quartieri dell’immensa Tokyo; insieme alla Yamonote, alla Chūō, alla Marunouchi e alla Chiyoda Line compongono poi un puzzle di così tanti pezzi che si ha le necessità di una mappa per non smarrirsi nel reticolato infinito delle sue strade intricate, anche se si conosce già la città per averla visitata durante un viaggio. Lo stesso vale per Tokyo orizzontale, romanzo d’esordio di Laura Imai Messina, che leggiamo dopo aver scoperto e apprezzato il suo Non oso dire la gioia: per essere sicuri di non perdere nemmeno una delle puntuali descrizioni del romanzo, Google Maps deve essere il fidato compagno della lettura, dispensatore di risposte agli interrogativi che sorgono spontanei avvicinandosi a Sara, Carmen, Hiroshi, Jun, Hideo e Masako.

Apparentemente lontani gli uni dagli altri per vite, interessi, sogni e desideri, si ritroveranno a intrecciare le loro esistenze in soli tre giorni, un week-end lungo iniziato con le ore piccole trascorse a Shibuya il venerdì sera, arco temporale di Tokyo orizzontale. Sara è un’italiana trapiantata a Tokyo in fuga, tra le altre cose, dalla presenza ingombrante della sorella gemella fulgida di successo mentre lei è ancor alla ricerca di un senso, un modo per colmare il vuoto che sente dentro di sé da sempre e che lenisce saltuariamente gettandosi in relazioni vuote e compiendo gesti avventati che la spingono puntualmente a confidarsi con Carmen, colombiana innamorata di Shinjuku e autrice della definizione di Tokyo che ha reso famoso il romanzo della Messina:
Se New York è una mela, Tokyo è un melograno.
Consapevole che “melograno” è il nome dell’albero e non del frutto, Carmen ostenta questa sua massima con sprezzante presunzione, così come fa nelle relazioni con tutti gli edochiani che incontra sul suo cammino, dal barista sotto casa appassionato dei manga di Urasawa fino a PS, il Perfetto Sconosciuto con cui intrattiene una relazione da mesi senza sapere nulla di più di lui se non i baci e l’amore che si scambiano in uno dei mille love hotel della città. Lo sa, Carmelita, che questa relazione ha bisogno di una svolta, e decide di dargliela proprio nel weekend che cambierà la vita di tutti i protagonisti. Anche Hiroshi, ventisettenne salaryman di un’azienda di cosmetici, è alla ricerca di una risposta dopo il tragico evento che ha segnato per sempre la sua adolescenza. Non la conosce ancora, ma è sicuro che non vuole vivere la sua esistenza come il fratello minore Hideo, collega sul lavoro, invischiato in una storia d’amore con l’enigmatica Masako sin dai tempi delle scuole superiori. Hiroshi capisce che lei ha qualcosa di grande e incofessato, e non basta la parrucca verde matcha che indossa uscita dalla studio legale presso cui lavora a nascondere il torbido che c’è dentro di lei: i suoi occhi (e il suo ombelico!) parlano chiaro. Poi c’è Jun, rampollo di una ricchissima famiglia della capitale, che prende alla lettera l’appellativo di pecora nera che gli è stato affibbiato sin da bambino: pur di inorridire il gelido genitore è disposto a condurre una vita sempre al limite, improvvisamente cambiata dai capelli rossi di quella straniera che non riesce a dimenticare, allontanandosi dalla sua missione ribelle e sfacciata di non far vincere nessuno di fronte alla sua spavalderia.

Tre giorni e sei vite, che non sono le uniche ad essere snocciolate in Tokyo orizzontale. Accanto ai protagonisti ci sono i tredici milioni di abitanti della città, che uniti a quelli della Grande area di Tokyo (che include anche Chiba – Kanagawa e Saitama) diventano trentaquattro milioni di anime colte in un gesto, un pensiero e affastellate nella narrazione come comparse dotate di un loro peso specifico, utili a mimare la fiumana di gente che ogni giorno cammina per le strade della metropoli, una marea di individui che rischiano di diventare maschere anonime, ma che Laura Imai Messina dota di dignità e corposità. E infine c’è lei, la città che si tramuta in una donna e che più di una volta viene antropomorfizzata nella narrazione. Tokyo diventa un'entità femminile le cui strade sono le curve sinuose dei suoi fianchi, il reticolato dei mezzi pubblici l’apparato circolatorio che la mantiene in vita, i grattacieli e i mille ponti la colonna vertebrale che le permette di stare eretta. Come un essere vivente ha bisogno di nutrimento, così Tokyo si ciba di tutti quelli che l’attraversano e le camminano sopra, digerendo i loro turbamenti e respirando i loro sogni, in una catena alimentare che conduce, nell’ottica positiva dell’autrice, alla speranza.

Tokyo orizzontale, è vero, ha qualche difetto, soprattutto nella trama a tratti intuibile e senza grande sorpresa di fronti ai colpi di scena, ma compie un passo in avanti rispetto ai racconti che Laura Imai Messina offre ai frequentatori del suo blog Giappone Mon Amour. In questo, come il nome suggerisce, racconta tutto ciò che ama del Paese del Sol Levante, non tacendo gli aspetti negativi, ma riproponendo in quell’ottica positiva ravvisabile anche nel romanzo un mondo e una società a tratti opposti a quelli occidentali; un passo in avanti, dicevo, perché nel romanzo si ritrova il Giappone vero, quello miserabile dei treni pieni fino a scoppiare nell’ora di punta, degli impiegati in giacca e cravatta riversi sui marciapiedi, ubriachi e sfranti dopo una giornata di lavoro, delle mode futili e passeggere che influenzano generazioni di giovani fino all’ossessione, dei sentimenti non detti e del modo di relazionarsi a volte oscuro e inestricabile. Il tutto raccontato in uno stile debordante, ricco di parole fino all’orlo delle pagine, ma mai per questo pesante o difficile da leggere. Acerbo, se confrontato con il secondo romanzo, ma piacevole avvisaglia di una scrittrice che padroneggia la lingua italiana così bene da non spaventarsi nell’usare un vocabolario ricco.

Non ci si aspetti da Tokyo orizzontale un trattato antropologico sulla cultura giapponese (ma chi chiede questo, del resto, a un romanzo?), quanto invece un invito a porsi delle domande sui sentimenti e sul significato vero delle cose, qui celati dietro a molte immagini ricorrenti (le descrizioni delle linee delle metro, minuziosamente analizzate in fermate e percorsi, ad esempio) e note del mondo nipponico, ma che raccontano del perché si tradisce, di cosa significa essere sinceri con un’amica, di come non soccombere di fronte a un padre anaffettivo, di come superare i traumi dell'esistenza. Di come amare, semplicemente. Decidendo di guardare le cose da un’altra prospettiva, magari non il verticale a cui siamo abituati per natura, ma l’orizzontale che osserviamo quando, sdraiati, ci cibiamo del cielo.

Federica Privitera
“Tokyo non ha alcun bisogno di maschere. Perché per essere se stessa, le bastano tutte le facce che ha già”. • • • Torniamo in Giappone (indossando rigorosamente uno yukata acquistato a Takayama) con il romanzo di esordio di @lauraimaimessina, uscito per @edizionipiemme nel 2014, e che dice già molto dello stile inconfondibile dell’autrice che quest’anno abbiamo letto e intervistato in occasione dell’uscita del suo (bellissimo) #NonOsoDireLaGioia. Volete sapere cosa ne pensa @la_effesenza di #tokyoorizzontale? Domani la sua recensione sarà online! #ticonsigliounlibro #libriconsigliati #leggerefabene #consiglidilettura #booktube #bookish #bookworm #bookporn #librichepassione #libridaleggere #libricheamo #instabook #books #libri #igreaders #igread #ilovebooks #ilovereading #criticaletteraria #Giappone #japan #Tokyo
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