di Enrico Brizzi
Mondadori, 2018
pp. 543
€ 20,00
Tommaso
Bandiera è un bambino come tanti, che trascorre un'esistenza tutto sommato
normale, nonostante sia orfano di padre; la sua famiglia è curiosa, ma non lo
sono tutte le famiglie? Racconta in prima persone le proprie vicende, scandite nel
libro da sezioni divise in base agli anni, dagli Ottanta fino ai primi Novanta.
Come già sperimentato nei primi capitoli de Il matrimonio di mio fratello,
l'infanzia del protagonista è narrata dal punto di vista del bambino ma con una
proprietà di scrittura già matura; una formula ben riuscita, capace
contemporaneamente di restituire la ricca inventiva della prosa di Brizzi e
mantenere lo stupore, le scoperte e le piccole gioie tipiche dei primi anni di
vita. Un episodio in apparenza marginale, che solo proseguendo nella lettura
riusciremo ad inserire in una visione complessiva chiara e coerente, evidenzia
questo doppio binario della scrittura: un giorno il nonno paterno di Tommaso
costringe la donna di servizio africana a mostrarsi nuda al nipote. Lo
sguardo ingenuo del bambino filtra, ma non riduce, l'enormità che si cela
dietro una scena di questo tipo.
Era passato per sempre il tempo in cui le bambine mi apparivano bizzarri scherzi di natura, creature monche, maschi dimidiati dall'incapacità di giocare a calcio, pisciare in piedi e cimentarsi in battaglia.
Dopo il
mondo dorato dell'infanzia arriva per tutti il più entusiasmante e problematico
periodo dell'adolescenza. L'apertura al nuovo mondo, per Tommaso, coincide con
l'arrivo nella sua classe di Raul Germano, ragazzino ribelle dall'eloquio
irresistibile ("la lingua dei cavalieri e quella delle piazze"
sintetizza Brizzi alla perfezione), un punk misterioso e avventuriero.
L'amicizia stretta dai due, diversi nell'attitudine alla vita (più timoroso
Tommaso, più scafato e a suo agio Raul) sarà messa a rischio da una ragazza. Tu
che sei di me la miglior parte ripropone molti dei tópoi dei
romanzi di formazione, rinfrescati dalla scrittura di Brizzi, che per lunghe
parti del libro è in uno stato di grazia compositiva. Lo scrittore
bolognese ha il dono di farci esaltare riconoscendo come nostre le emozioni dei
personaggi grazie alle sue precise scelte lessicali, movimentate e mai banali.
Brizzi riesce a far sentire al lettore lo scorrere del tempo, il passaggio tra
le varie stagioni giovanili della vita, ciascuna con le sue peculiarità, la
pienezza di quegli anni, quando si diventa ciò che si è grazie a continue prese
di posizione su ciò che ci circonda.
Ogni cosa appariva possibile, nella primavera dell'88. Bastava essere tra amici fidati e farsi coraggio a vicenda per osare quello che sino al giorno prima pareva impossibile.
Tommaso
cresce, comincia a frequentare il liceo classico Caimani, trasposizione del
Galvani, lo stesso che accoglieva Alex in Jack Frusciante (a proposito
dell'esordio cult dell'autore, che mi ero ripromesso di non citare per non
inchiodare Brizzi a quell'unico, superlativo romanzo, ho dovuto abbandonare il
proposito quando tra le pagine di questo nuovo libro è apparso, brevemente ma a
sufficienza per rievocare ricordi commoventi, quel Martino amico del
protagonista di quella che è stata la mia Bibbia adolescenziale); ma
soprattutto inizia ad andare allo stadio, e se all'inizio sua madre gli vieta
la curva, in seguito finirà col fondare assieme ai suoi amici un nuovo gruppo
ultrà.
I riti di
passaggio ci sono tutti: le ragazze, la musica, i primi incontri con la morte,
le canne, che da passatempo ricreativo diventano occupazione principale dei
pomeriggi e delle notti, oltre che attività lucrativa; Tommaso si sceglie il
ruolo di "mercante di resine" per ottenere i soldi e lo status che lo
emancipino dalla famiglia proiettandolo nel mondo adulto fuori di casa. Una strada pericolosa.
Lungo tutti
gli anni raccontati nel libro, Tommaso inseguirà il sogno di conquistare Ester,
ragazza enigmatica di cui lui è perdutamente innamorato, come lo si può essere
solo da giovani. "Finirò per farti male" lo avverte lei, ma cosa
importano le parole quando ti senti bruciate dentro?
Il rapporto con Raul, già tormentato, si complica col rinnovarsi della rivalità amorosa. Germano appare, scompare, rientra nella vita del protagonista senza mai essersene davvero andato. Tommaso è affascinato dall'amico, col quale condivide esperienze irripetibili e fondamentali per la sua identità, lo odia con tutto il cuore e allo stesso tempo lo cerca, ne percepisce i difetti ma ha bisogno del suo riferimento.
Non si
tratta però soltanto di una tranquilla storia di un adolescente. Emerge di
tanto in tanto una violenza sorda, collettiva, spaventosa nella sua normalità.
L'avvisaglia dell'atto di bullismo odioso perpetrato dal protagonista e dai
suoi amici annuncia un'escalation oscura. Ancora più esplicitamente di quanto
aveva già fatto con Il matrimonio di mio fratello, Brizzi dà voce alla
banalità di un male minore, non assoluto, sporadico, quotidiano. Il male che
possono fare le persone qualunque, i nostri compagni di scuola che ci stanno
simpatici, noi stessi. Tommaso trova nel gruppo ultrà una valvola di sfogo che
cerca con determinazione lo scontro con le tifoserie avversarie, senza disdegnare
gli assalti ad innocenti passanti. Le trasgressioni diventano vere e proprie
aggressioni, sbalorditive nelle dinamiche belliche e primordiali che innescano
in quelli che comunque sono ragazzi, anche se è difficile ricordarselo. Il
protagonista ha la lucidità per accorgersi della piega che stanno prendendo
quegli eccessi ma non ha la minima intenzione di porvi rimedio, perché è ciò
che ha sempre anelato.
Ora noi e i luogotenenti non eravamo che un esercito di ombre sanguigne, indistinti nel mascheramento, uguali nel valore e nella colpa.
C'è una
distanza determinante tra l'Alex di Jack Frusciante (lo rivelo: compare
anche lui!) e questo nuovo protagonista. Una differenza che in parte emerge
proprio quando i due si incrociano fugacemente. Si struggono entrambi per una
donna, ma dove Alex si macera in problemi eminentemente adolescenziali,
interiori, Tommaso è alle prese con questioni pratiche che assomigliano a
quelle degli adulti (racimolare i soldi per conquistarla con lo spaccio,
ripulire agli occhi di lei la sua immagine da teppista da stadio). Jack
Frusciante era la rabbia figlia del disagio personale della gioventù, Tu
che sei di me la miglior parte è la violenta ed egoista conquista del
proprio posto in un mondo che ha già dimostrato le sue dure condizioni di
ingaggio.
La storia
narrata in questo nuovo romanzo di Brizzi (cupo verso il finale, ma senza
perdere mai l'energia vitale tipica dell'autore) è quella di un'amicizia
profonda, ambigua, complicata. Come la vita, che non ha soluzioni facili come
sembrava suggerire Teo al termine de Il matrimonio di mio fratello. Come l'amore, che non è quello pulito dei film
ma neanche quello di Alex e Adelaide. Sarà proprio Ester a guidare Tommaso e il
suo "peggiore amico" Raul verso una nuova consapevolezza, spaventosa
o liberatoria a seconda di come si decide di guardarla.
Nicola Campostori
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