La scrittrice del mistero
di Alice Basso
Garzanti, 2018
pp. 336
€ 17,90 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Ho iniziato a leggere Alice Basso nel 2015 quando esordì con il romanzo L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome (sempre Garzanti). La protagonista era, allora come nell’ultimo libro La scrittrice del mistero, Silvana Sarca, alias Vani, di professione ghostwriter. La dote che caratterizza Vani è la sua capacità di capire le persone, di interpretare i loro pensieri e di osservarne movimenti, espressioni, gesti. Vani talvolta appare come una persona molto strana, quasi asociale, ma in realtà si rivela man mano sensibile, altruista e attenta ai bisogni degli altri.
All’inizio dell’ultimo libro, l’autrice Basso accenna ad antefatti che possano far comprendere al lettore che non ha letto i libri precedenti qualche elemento per inquadrare la storia. Pur trattandosi di una serie, i singoli romanzi si possono leggere singolarmente, l’ordine cronologico, tuttavia, sarebbe di aiuto per seguire la storia d’amore tra Vani e il maturo ispettore Berganza, elemento cardine e cornice di tutte le altre vicende che si susseguono nelle narrazioni.
Nella Scrittrice del mistero, Vani si trova a lavorare a un caso che la tocca da vicino: le minacce al suo ex-fidanzato Riccardo. Nuove indagini, nuove supposizioni e, come sempre, il talento di Sarca arriverà a capire cosa sia realmente successo, fino a scoprire che solo la mente umana può portare ad escogitare azioni assurde e, almeno all’apparenza, impensabili.
L’elemento che accomuna tutti i libri della Basso è il tipo di sviluppo narrativo. Da un lato troviamo un progetto lavorativo nel quale Vani è impegnata, dall’altro vicende personali e familiari dei vari co-protagonisti: la quindicenne Morgana, l’eccentrica ottuagenaria Irma, l’innamorato respinto bello e tenebroso, l’editore Fusco e la famiglia di Vani, con la sorella Lara. Il rapporto con Lara, alle prese con la crisi del suo matrimonio, getta nuova luce su questo personaggio che viene “rivalutato” e meglio inquadrato sotto tutti i punti di vista, perdendo anche la sua caratterizzazione di bionda svampita che aveva nei romanzi precedenti.
Lo stile della Basso è ricco di metafore, sempre molto calzanti, anche se in alcuni casi possono sembrare eccessive, appesantendo lo stile e l’evoluzione del racconto.
Il punto di forza è la caratterizzazione ironica dei personaggi e la chiave umoristica utilizzata per dipanare intrecci e trama.
Rispetto ai romanzi precedenti, si aprono numerosi spunti di riflessione legati alle varie interpretazioni dell’amore: «ovunque ci giriamo sembra che non facciamo che incappare in nuove sfumature di fraintendimento della parole amore» (p. 240). Un ulteriore elemento è rappresentato dal concetto di famiglia che, in passato, era stato solo accennato e che qui trova invece più spazio, non solo per le vicende dei protagonisti, ma soprattutto per le implicazioni di pensiero a esso legate.
Vani sente meno il giudizio degli altri, diventa più matura nell’approccio alla vita «come diceva Foster Wallace, la gente pensa a noi molto meno di quanto crediamo» (p. 233); il risultato è una protagonista più simile alla lettrice che, forse più che in passato, trova punti di connessione con il suo pensiero.
Ritroviamo, ancora una volta, la musica, il “ruggito” delle chitarre, un sottofondo rock tipico di Alice che, nella vita, suona in una band.
Sembrerebbe essere arrivato il successo personale e professionale di Sarca, eppure il finale è aperto, lasciando il lettore in una situazione di pace e serenità:
«Io sto bene qui. Io sto finalmente bene qui. Me ne rendo conto di colpo, in una specie di tsunami di consapevolezza che mi abbatte addosso di schianto. Io sto bene qui, adesso, dove sto. Non mi era mai successo prima» (p. 326).Elena Sassi
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