Di terra e mare,
di Raffaele La Capria e Silvio Perrella
Laterza, 2018
pp. 104
€ 14,00 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)
Raffaele La Capria e Silvio Perrella sono due grandi scrittori e, come tali, riescono a rendere palpabile anche ciò che è invisibile agli occhi. Per questo, dichiarano, il loro Di terra e mare è un dialogo essenziale scritto con la voce:
Se tu scrivi con la voce e la depositi nell’orecchio di un’altra persona, rimane. Il foglio, il foglio su cui scrivi con la voce, non è fatto di carta ma è l’anima dell’altro, la pagina mutevole dell’altro. (p. 59)
La sinestesia, spiegava la mia professoressa di letteratura italiana al liceo, è l’associazione espressiva tra due parole pertinenti a due diverse sfere sensoriali diverse. Tutto il delizioso dialogo a due, a volte condotto di persona altre volte al telefono tra Roma e Napoli, che costituisce Di terra e mare è un continuo accostare sensi diversi contemporaneamente, toccando i temi più disparati e lambendo i messaggi dei grandi scrittori del passato che hanno cambiato la vita di La Capria. Perché se è vero che in certi momenti si perde il senso di chi faccia la domande e di chi risponda, è lampante che il vero intervistato sia La Capria, autore di Ferito a morte (premio strega nel 1961) e di A cuore aperto (Mondadori, 2009).
Con Napoli e il Palazzo Donn’Anna, abitazione dello scrittore per molti anni a partire dalla sua infanzia e fonte di ispirazione di molte delle immagini ricorrenti dei suoi romanzi, sempre sullo sfondo, si spazia dalle lezioni dei maestri della passato, da Proust che «riscatta la frantumazione del tempo con la sua idea di circolarità» (p.39) all’amica Anna Maria Ortese con cui ha condiviso tante riflessioni sulla vita e l'esistenza umana, da Virginia Woolf e la sua poetica dolorosa alle “epifanie” di James Joyce, dalle scelte espressive di Goffredo Parise fino ai drammi artistici della famiglia De Filippo.
Tanta letteratura, quindi, vissuta come scrittore, dato che scrivere, per La Capria, ha sempre avuto il senso di «capire che ci sto a fare nel mondo» (p.53) per sconfiggere il suo dramma interiore, «l’inadeguatezza» (p. 34), e di dare «un ordine tuo, personale, non oggettivo» (p. 69) al caos del mondo. Ma anche come avido lettore:
Leggere, con che cosa ti mette in relazione? Non soltanto con la cosa che stai leggendo: leggere ti mette in relazione con l’immaginazione. (p.61)
Volando sopra i grandi temi universali della vita (amore, amicizia, passione, felicità, paura della morte) grazie alle percezioni e alla sensibilità di uno scrittore di 95 anni che dialoga con un suo amico (e collega), ci si tuffa nella dimensione del non detto e dell’inconfessato, in una parentesi spirituale in cui luce e mare invadono l’esperienza di lettura. Di terra e mare esemplifica davvero il senso dell’abbandono attivo di cui La Capria parla all’inizio dei sette brevi capitoli del libro: scegliere di farsi sfiorare dagli eventi senza lasciarsi sommergere, avendo coscienza del fatto «che il dolore è un fatto umano. E “la bella giornata” e lo tsunami sono ugualmente meravigliosi a occhi non umani» (p.27), è il segreto per una vita serena. Di terra e mare è una piccola guida di sopravvivenza scritta con quello stile “giapponese napoletano” che Perrella riscontra nell’opera dell’amico Raffaele, che andrebbe letta nei momenti di minor fiducia in se stessi, come individui e come essere sociali. A Laterza il merito di aver presentato il testo in una veste grafica impeccabile, arricchita (con lungimiranza) da una sezione dedicata alle annotazioni – la prima che mi è capitato di vedere in un libro.
Federica Privitera
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