di Antonio Scurati
Bompiani, 2018
Prima edizione: 2009
pp. 285
€ 12 (cartaceo)
€ 4,99 (ebook)
Ma in una pestilenza sociale, in una lotta fratricida che dissangua una comunità in tempo di pace? Dove lo si dovrà cercare il punto cieco, il momento in cui le cose precipitano, nella storia di una guerra civile a bassa intensità combattuta da massaie e commercialisti in lotta contro fantasmi angosciosi? (p. 103)
Peste, colera, tifo,... Pensate alle peggiori epidemie: bene, non sono da meno rispetto a quella che racconta Antonio Scurati in un romanzo crudo, spietatamente verosimile, per quanto ci sforziamo a immaginare che si tratti di pura fantasia. Un morbo apparentemente senza cura e senza vaccino ha colpito Bergamo: una dopo l'altra, le denunce screditano la scuola Rodari, al confine con il quartiere degli immigrati. Lì, alcuni bambini hanno subito violenze sessuali da parte di tre insegnanti, che avrebbero rapito i piccoli in orario scolastico per portarli al seminario, dove alcuni perversi hanno perpetrato violenze. Questa, almeno, la notizia che nel 2007 porta l'io narrante, giornalista per «La Stampa» e professore universitario disincantato, a occuparsi delle indagini. Pur volendo rifiutare l'incarico, per un'istintiva repulsione, alla fine il protagonista resta pervaso dal malessere di quei piccoli visi deturpati da espressioni di atroce sofferenza e disperazione:
Decine di genitori ripetevano come un mantra: come possiamo non credere ai nostri bambini? E come potevo non credergli io, che non credevo in niente e che bambini non ne volevo? Il dilemma era semplice: o le accuse di quelle anime innocenti erano vere o niente aveva senso. Tra l'orrore e la demenza, scelsi il primo. (p. 229)
Il pensiero di quanto sta accadendo a Bergamo non fa che peggiorare la vita privata del protagonista, soffocato in una relazione sentimentale che ritiene ormai abitudinaria e profondamente priva di motivazione. È come se tutto, anche il lavoro, venisse messo in stand-by per seguire da vicino l'orrore della cronaca e la sua mistificazione nei media:
Era un'orrenda rappresentazione del mondo che per farci credere di essere il mondo ce ne gettava in faccia il cadavere, che per provarci di essere viva, ci esibiva continuamente certificati di morte. (p. 81)
Non c'è tregua: anche le notti del protagonista vengono funestate da quelli che sembrano stralci di vissuto da incubo, tracce sfilacciate di un passato infantile tutt'altro che spensierato. Certo, fin dalle prime pagine ai capitoli dedicati al presente si alternano pagine in corsivo dedicate a un bambino affetto da gravi, frequenti e preoccupanti episodi di sonnambulismo. Ma cosa c'entra il bambino con la vicenda principale? I lettori lo scopriranno via via. Intanto non resta che immergersi nel clima angosciante di un dramma lungo un anno: un anno di assemblee cittadine e scolastiche, incontri con una psicoterapeuta, giornali e trasmissioni televisive che non fanno che alimentare l'atmosfera di intolleranza dilagante e crescente di Bergamo:
Ora, a causa della psicosi collettiva, non ci si poteva più fidare di nessuno. Non si avevano più vicini di casa cui chiedere in prestito un chilo di pasta, un pizzico di sale. All'ombra di ogni pianerottolo si nascondeva un potenziale pedofilo. Creando dei demoniaci capri espiatori, gli esaltati accusatori avevano ucciso il sonno. (p. 165)
E si sa, in simili occasioni la violenza dilaga: non solo quella psicologica, ma anche quella che porta i giustizieri fai-da-te a imbracciare armi improvvisate insieme a tutta la loro diffidenza. La fiducia, la disposizione verso il prossimo non esistono più e anche noi lettori avvertiamo un crescente disagio che aumenta in un climax che immaginiamo possa finire in un'enorme esplosione di follia collettiva. Invece Scurati ha qualcosa di diverso in serbo, qualcosa di ancor più sconfortante e inquietante, se vogliamo, che denota al meglio come la massa sia influenzabile e facile da manipolare, se sollecitata a reagire alle paure più grandi.
Il romanzo, senza dubbio molto forte per le accuse di pedofilia su cui è incentrato, è stato molto discusso, ma giudicato anche molto favorevolmente dalla critica, per lo stile che come sempre conferma Scurati nella schiera degli scrittori letterari contemporanei. Ci si muove tra tematiche urticanti, sguardi cinici, sentori d'apocalisse imminente, in uno stile ora più narrativo, ora quasi cronachistico, che tuttavia non rifiuta mai lo spazio per la riflessione e per la critica sociale. Per queste ragioni non siamo davanti a un romanzo per il grande pubblico (questo spiega le tante polemiche quando si classificò tra i finalisti del Premio Strega 2009): sa ora infastidire con scene tutt'altro che edulcorate, ora conquistare per alcuni passaggi scritti decisamente bene; starà alla sensibilità di ogni lettore decidere quale dei due aspetti far prevalere.
GMGhioni
Il romanzo, senza dubbio molto forte per le accuse di pedofilia su cui è incentrato, è stato molto discusso, ma giudicato anche molto favorevolmente dalla critica, per lo stile che come sempre conferma Scurati nella schiera degli scrittori letterari contemporanei. Ci si muove tra tematiche urticanti, sguardi cinici, sentori d'apocalisse imminente, in uno stile ora più narrativo, ora quasi cronachistico, che tuttavia non rifiuta mai lo spazio per la riflessione e per la critica sociale. Per queste ragioni non siamo davanti a un romanzo per il grande pubblico (questo spiega le tante polemiche quando si classificò tra i finalisti del Premio Strega 2009): sa ora infastidire con scene tutt'altro che edulcorate, ora conquistare per alcuni passaggi scritti decisamente bene; starà alla sensibilità di ogni lettore decidere quale dei due aspetti far prevalere.
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