Stanze tutte per sé.
Eddy Sackville-West, Virginia Woolf, Vita Sackville-West
di Nino Strachey
traduzione di Claudia Valeria Letizia
L’ippocampo, 2018
pp. 192
€ 25,00
Ci sono almeno tre ragioni per cui Stanze tutte per sé, il volume che Nino Strachey ha dedicato alle dimore di Virginia Woolf, Vita Sackville-West e su cugino Eddy dovrebbe avere un posto d’onore nella vostra biblioteca. La prima, e forse la più scontata, è che se amate queste figure e le loro opere (e qui sono ammesse e benvenute le derive più fanatiche e feticiste del fenomeno) è del tutto ovvio che possediate anche questa pubblicazione incentrata sulle case in cui vissero nella prima metà del secolo scorso, fra il Kent e l’East Sussex. La seconda, più liminare ma non meno valida, è che se siete cultori delle biografie dei grandi artisti e scrittori siete certamente ben consapevoli di quanta importanza abbiano dimore e studi nella definizione delle singole personalità e sensibilità; un fatto, questo, da cui derivano il fascino e, sia detto senza vis polemica, l’appeal turistico di tutte le cosiddette (e per certi versi famigerate) case-museo. La terza, che conquisterà anche i più profani in materia bloomsburyana, è che il volume rappresenta una vera e propria gioia per gli occhi di qualunque esteta, appassionato d’arte (pura e soprattutto applicata, per il senso che ancora possono avere queste categorie) e di storia del costume: un esempio davvero gradevolissimo di che cosa significhi dare un senso “esistenziale” al proprio focolare domestico, arricchito però dall’aura di personaggi che, oltre a lasciare un segno indelebile nella storia della letteratura, osarono vivere con coraggio alle proprie condizioni, refrattari alla moralità e alle norme del “buon costume” vigenti nell’Inghilterra di allora.
Uscito da poco nella sua versione inglese, e adesso pubblicato in Italia da L’ippocampo con la traduzione di Claudia Valeria Letizia, Stanze tutte per sé si presta a una similitudine “oggettistica” che forse sarebbe piaciuta ai tre personaggi che ne sono al centro, accomunati da una passione tutt’altro che superficiale per la filosofia dell’abitare e per i complementi d’arredo. Tra le mani del lettore, difatti, il volume rivela la sua preziosità pagina dopo pagina come in un gioco sofisticatissimo di scatole cinesi, tanto più fittamente istoriate quanto minore se ne fa la dimensione. Il libro si apre – meglio: necessita di essere aperto – proprio come si farebbe con un cofanetto o un portoncino, un cassetto o una finestra, uno sportello o una botola, perché è solo così che può rivelare vani e studioli, tinelli e alcove, angoli lettura e camere da letto. Chi sfoglia ha le chiavi di accesso per ogni ambiente: a lui o a lei, poi, la scelta di abbandonarsi a una flânerie personale e totalmente impressionistica oppure di affidarsi alla visita guidata condotta da Strachey, avvincente e suggestiva come una narrazione “a tre teste” che si fa storia nella storia, e nella quale, anche grazie a un apparato fotografico di qualità eccellente, il “grande” e il “grandissimo” convivono senza soluzione di continuità con il “piccolo” e il “piccolissimo”, in un’alternanza continua di scala che, facendo il paio con quella cromatica e stilistica, conferisce un vero e proprio ritmo visivo all’esperienza di lettura.
Lo sguardo, conquistato da un brio che evidentemente riflette quello dei padroni di casa, non sa dove posarsi, e dunque, inevitabilmente, si posa in ogni dove e su ogni cosa riguardante Knole (la casa di Eddy), Monk’s House (quella di Virginia) e Sissinghurst (quella di Vita). Indugia sugli esterni e sugli scorci di campagna inglese, ma anche sulle numerose e belle fotografie d’epoca e, soprattutto e come è ovvio, sugli interni. Sui colori, per esempio. Come non soffermarsi a lungo nella contemplazione della particolare nuance voluta da Eddy per il suo bagno nella torretta di Knole, un rosa detto “Marie Laurencien” dal nome della sua ideatrice, che accomuna, come in una bomboniera perfettamente in ensamble, sia le pareti che i sanitari? E come non farsi rubare l’attenzione dall’azzurro vivo della collezione di ceramiche persiane che Vita riportò da un suo viaggio a Teheran, la stessa da cui nel 1962 sottrasse un pezzo per donarlo a Virginia, tenendo per sé tutti gli altri per esporli in bella mostra nel proprio studio? Fittissime di mobili e suppellettili di ogni genere, le case dei tre artisti e intellettuali somigliano a sapienti scenografie in cui tutto – dalla stampa alla teiera, dalla statua alla chicchera, dal grammofono al paravento – è predisposto a farsi habitat per i rispettivi padroni, che in esse poterono dare libero sfogo a pensieri, parole e corrispondenze d’amorosi sensi con innumerevoli amanti. I testi di Nico Strachey, a questo proposito, non sono mai evasivi, e la loro focalizzazione “immobiliare” non perde mai di vista il portato di trasgressione e ribellione di Eddy come anche di Virginia e Vita (che, come è noto, furono legate anche sentimentalmente) e dei rispettivi coniugi.
Stanze tutte per loro, dunque, ma anche tutte per noi, che grazie a questa pubblicazione possiamo entrare e uscire a piacimento da universi domestici votati alla libera espressione del sé e in cui sono state scritte pagine di capitale importanza nella storia della letteratura mondiale, orbitandoci dentro e d’intorno come più ci aggrada, ora come ospiti partecipi, ora come appagati voyeur.
Cecilia Mariani