di Gabriele Sabatini
italosvevo, 2018
con premessa di Cesare De Michelis
pp. 83
€ 12,50
È leggendo libri come Visto si stampi di Gabriele Sabatini che ci si ricorda di quanto capolavori più o meno conclamati o perlomeno importati pubblicazioni siano venute alla luce grazie a circostanze favorevoli. Il nostro canone - concetto un po' superato negli ultimi anni, ma ugualmente utile in questo contesto - sarebbe molto diverso se non ci fossero stati incontri fortuiti, perseveranza, insistenza e tutte le altre condizioni che hanno portato alla stampa libri ottimamente rappresentativi della loro epoca. È specialmente sul dopoguerra che si concentra l'indagine di Sabatini, che compie una scelta vincente: unire al racconto avvincente della storia editoriale di un romanzo, cenni della sua fortuna critica, toccando la biografia dell'autore e inserendo citazioni per rendere più viva la testimonianza.
E il risultato è editorialmente altrettanto efficace: alla fine di ognuna delle nove vicende editoriali, avrete voglia di vedere la copertina originale, di acquistare la prima edizione e aggiungere il libro al vostro scaffale, per prendere parte almeno a un po' di questa mai scontata catena di cause e casualità che è l'editoria. A farsi protagonisti delle storie, i libri e gli autori, ora sostenitori pazienti (Pratolini ha dovuto attendere ben dieci anni prima di elaborare e finalmente mettere per iscritto in soli sei mesi Cronache di poveri amanti), ora angosciati detrattori della propria opera. L'editore, da queste storie, esce spesso come colui che rassicura, che sprona, come il Vittorini che porta nella sua collana sperimentale I Gettoni un'opera di testimonianza come Il sergente nella neve di Rigoni Stern. Può anche indurre la creazione di opere che altrimenti non sarebbero nate: è il caso di Longanesi, che durante una passeggiata richiede al campione delle forme brevi Flaiano un libro di più ampio respiro, che sarà il suo unico romanzo, Tempo di uccidere. Ma l'editore è anche colui che si permette di tagliare per esigenze di risparmio in tipografia o di cambiare un titolo. Che dire ad esempio di Viva Caporetto! di Malaparte: avrebbe dovuto chiamarsi La rivolta dei santi maledetti, titolo assolutamente diverso, in cui era presente una antitesi logica e linguistica.
Cosa dire dell'immagine che emerge dei critici? Spesso sono stati loro a temperare la fortuna di un'opera, o a usare enormi cautele o a mostrare riserve, come nel caso di Piero Chiara e del suo Il piatto piange, perché, come ricorda Sabatini, «se la critica spende la parola capolavoro, lo fa specificando "nel suo genere"; se il libro si impone in un premio internazionale, si tratta di un concorso dedicato alla letteratura umoristica» (p. 34). Insomma, anche la ricezione di un'opera si può pilotare almeno verso il basso: se creare il caso editoriale tanto paventato in realtà è una complessa e imprevedibile operazione col bilancino, più volte fallimentare che convincente, ridimensionare il successo di un'opera è semplice, soprattutto se si ha a che fare con critici autorevoli. Che dire, ad esempio della forte divaricazione tra critica e pubblico per il Cassola de La ragazza di Bube? La critica non è stata dalla sua, ma certamente il pubblico lo ha premiato con lo Strega.
Ma questo breve ma densissimo Visto si stampi offre anche uno sguardo su una letteratura del dopoguerra meno nota, o nota perlopiù solo di nome, se non si è addetti ai lavori: si scopre un Brancati diverso da quello fascista della prima ora nel suo Il vecchio con gli stivali; ci si addentra nell'esordio di Berto con Il cielo è rosso, oltre al già citato Rigoni Stern.
Chiude la rassegna di Visto si stampi la nascita di una casa editrice ben connotata fin dalla sua nascita: la Longanesi, dal nome del celebre fondatore, più volte citato nel corso del libro.
Libri così andrebbero stampati - e quindi letti - più spesso, viene da pensare alla fine di questa intensa ottantina di pagine, che si presentano tra l'altro in una bellissima veste, con carta ad alta grammatura e legature ancora da aprire con l'aiuto di un tagliacarte. Un tuffo nel passato, potremmo pensare di primo acchito; o forse si tratta semplicemente di un salutare tuffo nell'eleganza, della scrittura misurata di Sabatini e della veste editoriale di italosvevo.
GMGhioni