Di impossibile non c’è niente
di Andrea Vitali
Salani, 2014
Illustrazioni di Fabiana Bocchi
p. 157
€ 12,90
Per chi conosce Andrea Vitali solo per i suoi romanzi ambientati a Bellano, per quei gialli a fondo storico ridenti e chiacchierini con cui l'autore ha dato vita a un vero e proprio genere a sé e per i quali è amato da frotte di lettori, Di impossibile non c'è niente rappresenterà una novità. Si tratta infatti di una storia per ragazzini, che coinvolge i personaggi della tradizione mitica e favolistica, ma anche del folklore popolare, in una vicenda dal forte contenuto morale, alleggerita dalla consueta e immancabile ironia, di cui Vitali si mostra come sempre generoso.
L'ambientazione iniziale è quella dell'ospizio Vistalago, dove Babbo Natale, in veste da camera e sguardo estatico, osserva le stelle recitando Leopardi. Lo scrittore gioca sullo straniamento, mentre tratteggia con pennellate rapide e precise un intero universo visionario, rivelando, oltre allo spirito che già conoscevamo, una fantasia vivace e instancabile.
La casa di riposo per vecchie glorie ormai considerate non più necessarie da una società consumistica e capitalista, incapace di credere a qualunque cosa, è nata in quattro e quattr'otto, con il supporto di numerosi esperti: l'impresario Tal dei Tali, assistito dai muratori Tizio, Caio e Sempronio, il falegname Geppetto con il suo "apprendista dal naso lungo", l'imbianchino Michelangelo, ma soprattutto
un architetto attorno al quale correva voce che avesse realizzato un'opera colossale ed estremamente complessa in soli sei giorni, prendendosene poi uno per riposarsi dalla fatica. Nessuno aveva mai visto di persona questo architetto e in verità nessuno lo vide mai durante la sua permanenza presso il costruendo ospizio. Tuttavia, che fosse un instancabile lavoratore, tetragono al sonno e alla fame, era risultato chiaro dai progressi che grazie alla sua attività l'ospizio aveva fatto al fine di giungere al suo completamento. (p. 15)
La struttura è gestita con piglio fermo e amorevole da suor Suprema, affiancata da "tre aiutanti, suor Vedetta, suor Sordina, suor Cuccetta, rispettivamente di 380, 315 e 280 anni" (p. 19). L'atmosfera di pace che si respira alla pensione è un giorno interrotta da un fatto inusuale: una lettera, scritta dal piccolo Gelso aiutato dagli amichetti Melo e Pero, viene recapitata a Babbo Natale. Gli si chiede di salvare il più bello dei boschi, il luogo perfetto per i giochi e le avventure dei bambini, dalla distruzione a scopo edilizio:
Al posto del bosco dovevano nascere delle case. Gelso aveva sentito parlare di monolocali, garage, villette a schiera… Casette per omuncoli, attaccate l'una all'altra, con minuscole feritoie al posto delle finestre e piene di angoli: angolo cottura, angolo giorno, angolo notte, angolo cacca e via dicendo. Cemento e mattoni al posto di betulla, larice, ligustro, ciliegio, melo, pero, quercia e robinia. (p. 46)
Si scopre così che, in effetti, "di impossibile non c'è niente", e che l’irruenza non riguarda solo la gioventù ("spavalda, sprezzante! Senza timori o paure! Ma spesso scriteriata", p. 56). È possibile forse fare qualcosa, rimettere in piedi vecchie cariatidi che hanno ancora qualche asso nella manica, organizzare un'evasione in piena regola, improvvisare la Compagnia dell'ospizio (che non ha nulla da invidiare a quella dell'anello); è possibile e plausibile persino la storia stessa, coerente nel suo delirio fantasmagorico, nella sua voluta atmosfera surreale.
Qualcuno potrebbe forse essere infastidito dalla mescolanza delle fonti (cosa c'entra la Befana con Ercole, Asclepio con i Sette Nani, Santa Lucia con... il dottor Dolittle!?), o ancora dalla ricchezza di citazioni e riferimenti dotti che infarciscono il testo (quale bambino mai potrebbe conoscere Dante, o sapere cosa significa "alea iacta est"?). Sono tutte osservazioni molto sensate, a meno che non si voglia vedere in questa breve narrazione l'occasione per tornare alle antiche tradizioni anche in un senso più ampio; a meno che, quindi, non si decida di tornare a considerare la lettura un'attività famigliare, da affrontare insieme, in cui i genitori affiancano i bambini, commentando la storia, facendone un'occasione per ampliare prospettive e conoscenze. In questo senso il libriccino di Vitali, pieno di spunti, può offrire il pretesto per raccontare ai propri figli altre storie, far nascere in loro la curiosità per altri mondi. La trama può forse non essere delle più originali, ma il brio dell'autore non tradisce: tra iperboli e nonsense, la narrazione scorre agile e frizzante fino alla sua paradossale, inaspettata conclusione.
Carolina Pernigo
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