di Zhu Xiao-Mei
Bollati Boringhieri, 2018
Traduzione di Tania Spagnoli
pp. 287
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Quanti pianisti arrivati a trent'anni, spesso lanciati nella loro carriera, hanno in effetti il tempo di dedicarsi ancora al pianoforte per puro piacere, senza uno scopo specifico, di ricercare la verità in opere che non pensano neanche di poter un giorno suonare in pubblico? Credo che nella vita si debba saper lavorare, senza pensare a quello che potremmo ricavare da questo lavoro. Non ho mai immaginato, mentre meditavo al pianoforte, di poter dare un giorno dei veri concerti. Talvolta, nella vita, è dalle azioni più disinteressate che si ricava il meglio. (p. 211)
È nata a poche settimane dalla proclamazione a presidente di Mao Zedong, e allora la piccola Zhu Xiao-Mei non aveva idea di quanto il regime comunista avrebbe avuto un peso determinante sulla sua vita e sul destino della sua famiglia, considerata colpevolmente borghese. La piccola Xiao-Mei è cresciuta innamorata del pianoforte che i suoi hanno comprato, un po' avventatamente, a riempire la loro casa: non avrebbero mai immaginato che la figlioletta avrebbe iniziato così una passione destinata a durare per sempre, anche se con un'importante battuta d'arresto. Infatti, quando Xiao-Mei è ormai al conservatorio e osa sognare un futuro da pianista che dovrebbe iniziare con un saggio a riprova della sua bravura, tutto viene bloccato: per le sue origini, porta una colpa notevolissima e, in apparenza volontariamente, sceglie un percorso di rieducazione in un campo di lavoro dove la musica è vietata. I valori di Mao si radicano fortemente alla giovane Xiao-Mei, determinata nel perseguire quanto richiesto dal presidente, a costo di tagliare il più possibile i rapporti con la famiglia, quasi rinnegata per via delle sue origini, e di rinunciare alla musica.
Il repertorio occidentale, d'altra parte, viene bandito e la censura si fa via via più pesante; ma è nel campo di lavoro che la protagonista incontra molti musicisti, che provano a mettere a tacere la loro passione colpevole o a riadattarla alla musica cinese permessa dal regime. In cuor loro, resta il desiderio di ritrovare uno spartito che torni a farli sognare: ma di chi fidarsi? Basta una parola fuoriluogo per essere denunciati, e il partito trasforma i cittadini cinesi in tante spie determinate a puntare il dito contro chiunque, persino contro i propri genitori. Il dubbio che le richieste si stiano facendo esagerate c'è («È davvero necessario spingersi così oltre per essere fedeli al pensiero del presidente Mao?», p. 110), ma viene subito messo a tacere, accompagnato da gravi sensi di colpa.
Ma il tempo passa, e più nel campo si dà maggiore prova di disumanità, più Xiao-Mei comprende che è necessario prendere le distanze, ritrovare sé stessa, tornare a provare sentimenti, e in modo irreversibile si fa strada questa convinzione: «Io il mio paese lo amo, ma ho la sensazione che lui non ami me» (p. 150). Perché lei sa bene che il richiamo della musica è costante, unica fonte di consolazione («Contro la disperazione c'è un unico rimedio: esercitarmi al pianoforte, più e più volte», p. 131) e per questo è disposta a correre grandi rischi, come introdurre di nascosto un pianoforte nel campo di lavoro, sottrarre pericolosamente spartiti proibiti e diffonderli ricopiandoli a mano, o nascondere dietro presunte melodie cinesi brani di compositori europei. Insomma, è proprio la musica che emancipa Xiao-Mei, le dà autonomia di pensiero e senso critico.
Da qui al pensiero della fuga, il passo è breve: ma come andarsene? E dove? Anche la seconda parte della vita di Xiao-Mei, post-campo di lavoro, è tutt'altro che semplice. Giappone, Stati Uniti, Francia sono solo alcuni dei luoghi dove la giovane pianista prova a recuperare gli anni di studio persi e le emozioni che prima sapeva trasmetterle la musica:
Il primo livello di comprensione di un'opera è quello del tempo. Convivendo con un'opera, senza cercare di appesantirla, la si respira fino a trovare un giorno il tempo giusto: quello con cui, in modo naturale, ci sentiamo a nostro agio. (p. 207)La sua non è solo una passione egoisticamente legata al proprio piacere, è un modo per mettersi in comunicazione con la gente e travalicare così confini spaziali, linguistici, ideologici:
Non è forse una prova dell'universalità della musica il fatto che io, una cinese, sia in grado di convincere un sudamericano suonando un compositore europeo? (p. 256)
E quando tutto sembra ormai impossibile, alla soglia dei quarant'anni, arriva l'occasione in grado di trasformare Zhu Xiao-Mei nella pianista di fama mondiale che conosciamo oggi. Un traguardo che non è privo di rischi e che continua a lasciare Xiao-Mei sorprendentemente modesta, umile e stupita davanti al potere della musica. E così lo restiamo noi lettori, avvinti dalla narrazione di una vita decisamente inusuale: non ci sono fronzoli, in Il pianoforte segreto, né la musica è travestita di vuoti idealismi. Al contrario, lo stile asciutto e non atto a fare autoapologie, accompagnato da un costante scavo psicologico, fa sì che questa autobiografia romanzata sia anche un documento, una testimonianza di come la Rivoluzione culturale abbia provato a fermare passioni, che sono forse una delle forme di dissenso più temibili.
GMGhioni
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