di Tara Westover
Feltrinelli, 2018
Traduzione di Silvia Rota Sperti
Traduzione di Silvia Rota Sperti
pp. 384
€ 18,00 (brossura)
€ 9,99 (ebook)
€ 9,99 (ebook)
Tutti i miei sforzi, tutti i miei anni di studio mi erano serviti ad avere quest’unico privilegio: poter vedere e sperimentare più verità di quelle che mi dava mio padre, e usare queste verità per imparare a pensare con la mia testa. Avevo capito che la capacità di abbracciare più idee, più storie, più punti di vista era un presupposto fondamentale per crescere come persona.
Tara Westover è una scrittrice di trentadue anni che ha studiato a Cambridge e si è specializzata ad Harvard. Una descrizione che calza su di lei così come su molti degli enfants prodige della narrativa angloamericana del XX e XXI secolo: non è un caso se il suo romanzo d’esordio, L’educazione, abbia scalato le classifiche di Stati Uniti e Inghilterra diventando in brevissimo tempo il caso editoriale del 2017. Eppure il romanzo non possiede le usuali caratteristiche dei bestseller da migliaia di copie: perché L’educazione è semplicemente sconvolgente. Non solo per la durezza e la violenza del contenuto, ma perché a partire da una singola parola, educazione, Tara Westover scava solchi profondi nel significato stesso della vita e di cosa significhi essere un individuo, lasciando cicatrici che scarnificano la pelle del lettore pagina dopo pagina e incidendo indelebilmente nella sua memoria.
Si diceva del contenuto. Tara è figlia di Faye e Gene Westover ed è l’ultima di sette fratelli e sorelle che crescono ai piedi di una montagna isolata in Idaho. La famiglia si sostiene grazie al contributo di tutti: Gene porta con sé i figli nella discarica, dove raccoglie lamiere da rivendere, o nei cantieri in cui costruisce fienili e capannoni; la moglie Faye, invece, è una grande esperta erborista e i suoi intrugli guaritori sono famosi in tutta la valle e per volontà del marito impara il mestiere della levatrice, nonostante la paura per questa responsabilità. Una vita semplice ed umile, se non ci fosse il padre a renderla un inferno di oscurantismo. Gene è un seguace del mormonismo più integerrimo e radicale, lontano dalla religione che conta più di otto milioni di fedeli al mondo ed è la quarta più praticata negli Stati Uniti. È lui a dettare le regole in famiglia, straparlando con veemenza dal pulpito del suo posto a capotavola e convincendoli che su tutti loro vegli la mano di Dio e allo stesso tempo incombano i giorni dell’abominio, quelli che il resto del mondo ha chiamato semplicemente millenium bug. L’ossessione per l’apocalisse lo spinge ad accumulare cibo, benzina, armi e munizioni, dato che solo loro, veri credenti e fedeli, sopravvivranno all’abominio. Una follia persecutoria che si spinge ad esiti così irrazionali da costringere tutta la famiglia a una vita lontano dalla leggi e della civiltà: per evitare di farsi corrompere dal diavolo che dorme in seno alle istituzioni statali, nessun Westover usa il telefono, viene curato in ospedale, è stato registrato all’anagrafe e frequenta la scuola. Nessuno dei sette figli ha completato un intero ciclo di studi: solo i più grandi, nati quando l’integralismo paterno non aveva ancora raggiunto eccessi persecutori, hanno frequentato le prime classi delle scuole elementari.
A partire da questo argomento, l’educazione, Tara inizia chirurgicamente a riaprire le ferite del suo animo e raccontando in forma di memoir la vita in seno alla famiglia Westover invita, sì, a considerare ogni giorno la preziosità della cultura, ma al tempo stesso sferra pugni al nostro stomaco a ogni diversa declinazione dell'educazione. Quando Tara racconta che l’istruzione e la conoscenza le sono apparse come un’epifania improvvisa, mentre invece qualunque persona che accede alla cultura sin dall’infanzia acquisisce nozioni con gradualità, ecco che educazione significa intraprendere un percorso gradualmente e di pari passo con l’aumento della propria maturità. Non è sano apprendere nello stesso momento della propria vita cosa sia stato l’olocausto, come avviene la fotosintesi clorofilliana e cosa sia un lucido per le proiezioni. Tara ha deciso di ribellarsi alle costrizioni paterne e seguendo l’esempio del fratello maggiore Tyler (che ha lasciato la famiglia per perseguire studi universitari) ha fatto la sua scelta ribelle e si è trovata, a diciassette anni, di fronte a un sapere miscellaneo in maniera fulminea.
La paranoia e il fondamentalismo mi stavano rovinando la vita, mi allontanavano dalle persone che amavo, lasciando al loro posto solo lauree e attestati, e un’aria di rispettabilità. Quello che stava succedendo adesso era già successo. Era la seconda separazione di madre e figlia. Era un nastro che girava in loop.
Come ogni scelta sofferta, anche questa ha causato in Tara un tale senso di smarrimento interiore da spingerla a riflettere su un altro significato dell’educazione, quello della crescita dell’individuo in una società profondamente diversa dall’ecosistema in cui si è nati. Ancora una volta Tara ha compiuto un percorso contrario alla normalità, scoprendo il mondo mentre tutti i suoi coetanei sapevano già cos'era, spingendola così a continui interrogativi sulle sue scelte, sempre sofferte e dolorose:
Cosa deve fare una persona, mi chiedevo, quando i suoi doveri verso la famiglia si scontrano con altri doveri – verso gli amici, la società, verso se stessi?
L’educazione è il racconto di una maturazione scissa e improvvisa, che si esaurisce nella continua lotta di Tara contro Tara e di Tara contro la sua famiglia, una piccola comunità chiusa nel terrore, psicologico operato dal padre (e coadiuvato da una madre ignava che si avvicina alla figlia solo quando «disse che non era stata la madre che avrebbe voluto»), e fisico operato dal fratello maggiore Shawn, in un continuo cucire, scucire e ricucire le maglie della sua interiorità in quello che non è solo un memoir, ma è anche un vero romanzo intimista grazie al quale Tara capirà meglio se stessa e gli altri, scoprendo lati del suo essere che le permetteranno di iniziare a realizzarsi come individuo:
Non avere certezze, ma non arrendersi a quanti dicono di averne, era un privilegio che non mi ero mai concessa. La mia vita era una narrazione in mano ad altri. Le loro voci erano decise, enfatiche, categoriche. Non avevo mai pensato che la mia voce potesse essere forte quanto le loro.
Un percorso solo alle sue fasi iniziali, dato che L’educazione non chiude la parabola di crescita della sua autrice, ma il romanzo è solo una delle tante forme possibili che lei ha scelto di usare per raccontare la sua infanzia, la sua adolescenza, la sua maturazione tardiva. E se sono stati mossi dubbi sulla genuinità della storia, frutto delle sapienti nozioni di scrittura creativa a cui l’autrice ha avuto accesso nelle prestigiosi università che ha frequentato, l’attenzione che lei ha posto sull’individuo, il peso con cui è stato raccontato il terrore di una famiglia che l’ha spinta a pensare che «una sorella non dovrebbe volere più bene a un estraneo che a un fratello. Una figlia non può preferire un insegnante al proprio padre» valgono tutti i momenti della straziante lettura, indipendentemente dalla veridicità della biografia. Con la forza della sua storia Tara ha sollevato molti interrogativi e ha fatto scoprire di più su una realtà latente e parallela che riguarderà chissà quanti nel mondo contemporaneo. Se fosse toccato a noi, avremmo avuto la sua stessa forza di affidarci alla (ignota) cultura e abbandonare tutto il resto (noto)?
Federica Privitera
Social Network