La rinascita dei Figli e delle Figlie del Dono


Torpedone trapiantati
di Francesco Abate
Einaudi, 2018

pp. 141
€ 15


Nei cinque anni di salute che ha guadagnato si è dato delle priorità. Della serie: cose da fare se rinascessi. E dato che, come noi, è rinato, le sue priorità sono tre. Perché questa è la vera bellezza della nostra rinascita. Reimpostarsi non solo nel corpo, ma soprattutto nell'anima.

Se poteste rinascere, quali sarebbero le vostre priorità? È una domanda scomoda, certo, perché implica che si sia corso il rischio di non esserci più. Eppure c'è chi è costretto a porsi questa domanda, molto più spesso di quello che si può pensare. E la risposta, o meglio le priorità, non sono così scontate. Così come la vita non è un qualcosa di scontato e mai bisognerebbe darla e prenderla per tale.
Torpedone trapiantati è un inno alla vita, alla felicità e all'ironia più pungente. È la storia di Francesco (Abate, lo scrittore) e di altri cento trapiantati che partecipano a una gita fuori porta ambientata nella magnetica, rurale e storica Bosa, amena e ridente cittadina situata in provincia di Oristano, in Sardegna. Tra comici imprevisti, malinconici ricordi ed esilaranti dialoghi pressoché surreali, conosciamo tanti grandi protagonisti della vita di tutti i giorni.
Dal Misero, a Mongiu, al Piccoletto, a Melina per arrivare a Cinzia e a Francesco, uniti da un legame eterno che si rinnova di anno in anno, anzi di più, ogni volta che lui, trapiantato di fegato, ribadisce il suo enorme e sentito grazie a Cinzia, donatrice. Prima di giungere a Bosa però c'è un complicato e al contempo farsesco viaggio per arrivarci, arricchito da maldestri rapimenti di malati (anzi fratelli, perché tutti usciti dalla stessa sala operatoria che ha ridato loro la vita, come un ventre materno), da ovvie e terrene impellenze fisiche e da brillanti quanto acuti scambi di battute tra un contrattempo e l'altro che inevitabilmente trascinano e divertono anche il lettore più sensibile. Un viaggio in torpedone appunto, affittato per la gita dall'associazione sarda trapiantati alla quale Abate stesso agli inizi non vuol prendere parte, ma che convinto dai meschini e macabri ricatti degli associati e dall'esuberanza e dall'energia della sua straordinaria mamma (altra protagonista non-protagonista vincente della narrazione), finisce per aderire nonostante l'infortunio al piede destro e nonostante le titubanze dettate dall'umana e comune ansia notturna.

Superficialmente il canovaccio potrebbe richiamare un'altra opera letteraria, quella dello scrittore finlandese Arto Paasilinna, Piccoli suicidi tra amici, romanzo in cui i protagonisti fanno un viaggio in corriera. Salvo cercare - a differenza di Torpedone trapiantati - la morte collettiva, la quale non giungerà perché saranno in grado, a loro volta, tra imprevisti e luoghi ameni, di riapprezzare la vita per quello che ha da offrire nel presente. Punti di partenza alquanto differenti che collimano nello stesso medesimo messaggio, ossia di quanto sia incredibile e sorprendente la vita, motivo per cui vale sempre la pena darle una possibilità. Anche - anzi, soprattutto - quando sembra di sprofondare nelle improvvise sabbie mobili delle avversità.
Un testo, quello di Abate, magistralmente quanto volutamente leggero, reso ancora più lieve dagli ingegnosi inframezzi estemporanei tra un capitolo e l'altro.
- Senti, Giulia, bella della nonna, allora vuoi farmi una promessa, un bel regalo?
- Certo, nonna. Dimmi.
- Mi fai diventare bisnonna?
- Guarda, nonna, il mondo è pieno di coglioni che non saprei proprio con chi farlo, un figlio. Però se vuoi faccio l'inseminazione artificiale.
- Oi 'ta dannu, figlia mia, no! E ti vuoi perdere la parte più divertente?

- Non c'è bisogno di arrabbiarsi, Mamma. Il mondo è pieno di maleducati e anche tu          poi...
- NON SONO ARRABBIATA!
- E allora perché urli?
- Perché mi fai arrabbiare quando mi dici di non arrabbiarmi!
- Ah.

Si ride tanto, ma ci si commuove anche. Non si può rimanere distaccati dalle timide e rare descrizioni incisive delle notti in ospedale, così ben rese in poche frasi. Rappresentano quei segreti momenti che ogni individuo, ricoverato per qualsivoglia motivo in ospedale, ha vissuto. Abate ha la superlativa bravura di saperli comunicare e raccontare senza pietismo, senza pesantezza. Così come è capace di sfiorare corde intime, silenti e spesso dolorose presenti nell'animo di chi ha avuto modo di conoscere le malattie, quelle più dure, quelle che hanno colpito un familiare o la propria persona. Quelle corde che, per un non scritto codice di quieto vivere, è illecito suonare in compagnia, anche se spesso equivarrebbe ad un fugace e liberatorio sollievo. Lo scrittore se ne frega, suona anche per chi non può. E la melodia che ne vien fuori fa ballare tutti, anche gli animi più riservati e rigorosi. Li coinvolge in una danza malinconica che ha il dolce retrogusto della vita e della rinascita. Della felicità, appunto.
E a chi lo rimprovera per condividere ogni anno in un social network la storia di Cinzia, la sua donatrice, venuta a mancare a causa di un brutto incidente dieci anni fa, e di conseguenza la sua storia e la storia del suo trapianto, lui risponde a gran voce, a nome di tutti così:
Sono parole che riporto e riporterò ogni anno della mia vita, in quella data, ovunque mi sarà possibile. Oggi in un social network, domani chissà. Anche se qualcuno dice, ha detto e dirà: “Basta! Basta, con 'sta storia della tua malattia!”
Ma io me ne frego, a partire da questo libro.

Un libro che con dolcezza provoca empatia e sensibilizza anche i più scettici su questioni soggettive e scottanti che in un modo o nell'altro toccano tutti, ogni essere umano. Perché tutti dobbiamo porci certe domande, anche quando dobbiamo rinnovare la carta d'identità. E vi è una domanda specifica che ci vien posta a cui non sempre arriviamo preparati. E questo breve romanzo, forse, ci costringe a formulare una risposta, mai banale e generica, che mai dovrebbe essere frutto di considerazioni improvvisate e pronunciate di getto.
Vanno infine elogiate le brevi note in cui vengono spiegate in lingua italiana parole usate nel testo in lingua sarda, in quanto incisive e irresistibili. Piccole e innocenti lezioni che sapranno tornar utili, meglio di una qualsiasi guida stellata, per chiunque incappasse nell'isola e volesse comprendere al meglio certi simpatici scambi di complimenti -anche in senso lato- tra le persone del luogo.
*Fradi caru, in sardo, vuol dire “caro fratello”. E se ve lo dicono siatene orgogliosi.

Francesco Abate non è nuovo alla stesura di testi di successo. Basti pensare ad alcuni suoi romanzi come Mi fido di te, Chiedo scusa, Un posto anche per me e Mia madre e altre catastrofi, libri che, oltre ad essere tradotti in Francia, Germania, Grecia, Belgio e Paesi Bassi, hanno vinto differenti riconoscimenti a livello nazionale (per citarne qualcuno: Premio del Libraio Città di Padova, Premio Alziator e Premio Lawrence).
Lo scrittore è annoverato tra gli esponenti della Nuova letteratura sarda, corrente letteraria che racchiude le produzioni moderne sarde a partire dagli anni '80 ai giorni nostri, in cui si descrive una Sardegna meno arcaica e meno folkloristica (per esempio la Sardegna descritta dal Premio Nobel Grazia Deledda), ma più contemporanea e reale (in riferimento alla Letteratura post coloniale). Pionieri del nuovo genere isolano sono stati Giulio Angioni, Sergio Atzeni e Salvatore Mannuzzu e insieme ad Abate ne fanno parte anche Marcello Fois, Michela Murgia, Salvatore Niffoi, Flavio Soriga, Giacomo Mameli, Milena Agus, Bianca Pitzorno, giusto per citarne alcuni.
È una cosa strana, questa. È come se l'animo umano in età avanzata provasse l'esigenza di tornare nei luoghi dell'infanzia, di riassaporarne ogni ricordo. Di ritrovare le stesse sensazioni e gli stessi posti.
Invece scopri che ogni cosa appare più minuta di come te la ricordavi. Quelle stanze enormi di colpo sono piccoli spazi, la piazza dove giocavi non è altro che un risicato quadrilatero, l'infinita scalinata che scendevi lasciandoti scivolare lungo il corrimano non sono che cinque gradini. Perché tu eri più piccolo e i ricordi sempre più grandi.
Dev'essere così per tutti, ma non per la signora Corrias, che piccola era e piccola è rimasta.

Una lettura fresca, ilare e al contempo seria. Di quelle letture che strapperebbero anche a Holden (Il giovane Holden di J.D.Salinger) il commento: “Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira.
Di quelle letture che si consigliano alle persone più care, in grado di coglierne il significato più profondo, tra una risata e l'altra. Tra una invisibile ferita e una sottolineatura nel pancreas, nel colon, nel fegato, nei reni e nel cuore.

Alessandra Liscia



“Torpedone trapiantati” di Francesco Abate è una storia tragicomica che strappa tante grasse risate e qualche lacrima tra svariati aneddoti divertenti e alcune confessioni di vita vera toccanti. Il tutto narrato con uno stile scanzonato, sagace e avvincente che tiene il lettore magicamente incollato alle pagine e alle parole dello scrittore. Pagine e parole di una realtà cruda e mai edulcorata che fanno riflettere sul senso della vita, dell'empatia e della felicità. Presto la recensione sul sito! #TorpedoneTrapiantati #FrancescoAbate @f_abate #Einaudi #CriticaLetteraria #book #booklover #bookishfeatures #culturetripbooks #Italiainlettura #bookstagramfeatures #bookaddict #picofthebook #igersitalia #igbooks #bookstagram #lovebooks_01 #infinity_magazine_vsco #at_diff #ig_treasures #rsa_vsco #nothingisordinary #ita_details #igreads #booksmagazine #bookalicious #picofthebook
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