Che
genere di violenza. Conoscere e affrontare. La violenza contro le donne
di Maria Luisa Bonura
in collaborazione con Marcella Pirrone
Trento, Erickson, 2016
pp. 329
€ 16,50 (cartaceo)
di Maria Luisa Bonura
in collaborazione con Marcella Pirrone
Trento, Erickson, 2016
pp. 329
€ 16,50 (cartaceo)
La violenza sulle donne.
Ogni giorno, purtroppo, la cronaca riporta episodi cruenti,
notizie, fatti che riguardano i maltrattamenti a danno delle donne. E non c’è
ceto sociale escluso. E non serve tentare goffamente di spostare il problema
sugli stranieri, sui troppi immigrati, sulle troppe disuguaglianze sociali. Chi
violenta, abusa, maltratta in modo disumano le donne appartiene a tutti i ceti
sociali, dal Nord all’estremo Sud, in Italia e molto anche altrove. Tanti abusi
e troppe violenze spesso nascoste.
Se ne è parlato, se ne parla, se ne parlerà ancora, sperando
in un domani diverso, in un mondo più sicuro dove possano trovare più spazio i
centri antiviolenza, le case di accoglienza e dove possa esistere più
solidarietà umana tra la gente, che spesso invece di focalizzare l’attenzione
sui singoli episodi gravi, tenta invece di scansare e di minimizzare gli
avvenimenti.
Questo libro parte dalle molteplici tipologie di violenza
che subiscono tante donne iniziando dagli stereotipi educativi in cui un grosso
peso ha l’educazione ricevuta fin da bambini. Le femmine sono state, ma lo sono
tuttora, oggetto di discriminazione fin dalla nascita, abituate quindi a una
certa “debolezza” nei confronti dei maschi.
Credo sia doverosa una premessa che amplia gli orizzonti di
questo libro: ancora oggi in molte famiglie si tende a dare un’autonomia più netta
al maschio, piuttosto che alla femmina, la quale raramente esce di casa per
costruirsi una propria indipendenza e autonomia. Tante sono ancora oggi
(troppe!) le ragazze o le donne che escono dalla famiglia nel momento in cui
accanto c’è un compagno; non ci si sposa più, ma si va a convivere con un uomo;
troppo poche quindi sono le donne che ambiscono da subito a vivere da sole, prima
di costruirsi una famiglia, con una propria indipendenza economica. Qui,
inutile negarlo, una parte fondamentale ce l’hanno ancora i genitori, i quali
spesso sono più felici di “affidare le proprie figlie” ad un uomo, o fidanzato,
o compagno, piuttosto che costruire e lavorare per la loro indipendenza.
Virginia Woolf nel 1929 sosteneva come una donna senza una
stanza propria e del denaro sufficiente “non fosse per la società nessuno e non
potesse quindi aspirare a nessuna posizione sociale di rilievo”.
Diverso il discorso se le giovani vanno all’estero. Qui
diviene di primaria importanza la ricerca di un lavoro e lo studio per cui
spesso i giovani lasciano il nostro Paese.
Tornando alla violenza sulle donne lungo è l’elenco dei
maltrattamenti, delle avvisaglie, degli episodi, delle dinamiche che stanno alla base della violenza di
genere.
Cosa porta alla completa passività della donna che subisce
le violenze da parte del proprio compagno, marito, ex marito, fidanzato? Perché
si attende a volte drammaticamente troppo per denunciare? Paura, instabilità,
solitudine, inimicizie, voci, pettegolezzi, reputazione, e ripeto, una condizione
economica di grave svantaggio rispetto all’uomo.
Come quindi riconoscere fin da subito il maltrattamento e
l’abuso nelle loro varie forme? Come si può contrastare efficacemente il
fenomeno piuttosto dilagante della violenza? Questo volume oltre a descrivere
con chiarezza, lucidità e testimonianza diretta i focus principali da cui
nascono e si sviluppano le varie forme di violenza, offre dei suggerimenti concreti
a chi è vicino a queste persone in difficoltà.
Non si può rimanere indifferenti: l’ascolto della donna in
situazione di violenza non è una cosa intrusiva, ma una capacità che va
incentivata, sviluppata e rafforzata da parte di tutti attraverso un ascolto
attento e consapevole. Per tutte le
donne che si trovano in grossa difficoltà e che affrontano quotidianamente
situazioni di abuso esistono luoghi di allestimento delle risorse. I centri
antiviolenza e le case rifugio sono i luoghi da cui ripartire, prendendo
consapevolezza del problema, riacquisendo fiducia e stima in se stessi, affiancando
la donna nella realizzazione di un
percorso di libertà attraverso la promozione di risorse e capacità progettuali.
Sul territorio nazionale sono presenti diverse associazioni
tra queste “Donne in Rete contro la violenza” che riunisce 76 centri, la più
ampia rete di servizi specializzati nella costruzione di percorsi di uscita
dalla violenza. Le reti territoriali antiviolenza aiutano a riconoscere il rischio creando scenari di
protezione, a cui le donne possono rivolgersi. Le forze dell’ordine hanno un
ruolo decisivo nella risposta immediata
quando si verifica una violenza. Intervengono in emergenza giungendo
direttamente in casa o nei luoghi in cui si sta verificando l’abuso.
Al di là della cronaca recente, gli agenti hanno veramente
un ruolo centrale, fondamentale perché possono intervenire tempestivamente sul
luogo dell’abuso.
Non dimentichiamo l’opera dei presidi sanitari e del
personale medico, infermieristico che rappresentano uno dei nodi di connessione
con la rete capillare di aiuto.
I percorsi di uscita
dalla violenza esistono e occorre un’opera di diffusione degli strumenti a
sostegno delle donne.
Un aspetto delicatissimo della violenza di genere che
meriterebbe un’ampia trattazione a parte riguarda i figli che hanno vissuto o vivono in situazioni
di maltrattamenti e abusi. È inconcepibile che i bambini non siano protetti adeguatamente da questi scenari violenti
che condizionano pesantemente la loro crescita. È sufficiente solo questo
motivo per cui ci si debba allontanare velocemente da uomini, compagni, mariti,
fidanzati e padri violenti.
Attraverso la denuncia e il sostegno materiale, sanitario,
psicologico, affettivo, morale e sociale si può riconoscere il rischio
proiettando la propria vita e quella dei figli verso scenari di autentica
protezione e di riqualificazione indipendente della propria vita.
Come sosteneva Virginia Woolf quasi cento anni fa.
Mariangela Lando