L'inferno è una buona memoria. Visioni da Le nebbie di Avalon
di Michela Murgia
Marsilio (Collana: PassaParola), 2018
pp. 116
€ 12 (cartaceo)
€ 7,90 (e-book)
C'era una bella storia, questo è certo. Dentro a ogni bella storia però ce ne sono molte e se ne ricorderemo una meglio delle altre forse non è perché era la più bella, ma perché qualcuno ha deciso che quella - proprio quella - era da raccontare e ri-raccontare più di tutte, fino a farne una tradizione (p. 9).
Seguo Michela Murgia da quando scrisse Accabadora (Einaudi, 2009) e io, leggendolo, mi innamorai follemente di quel magico e antico universo ricreato dall'autrice sarda.
Da allora centinaia di belle pagine si sono aggiunte alla bibliografia della scrittrice, ma nemmeno una è stata tralasciata dalla mia curiosità, mentre la passione per la Sardegna e i suoi antichi usi è via via cresciuta in me.
Così, quando sono venuta a sapere che la Marsilio (nello specifico Chiara Valerio) aveva dato vita alla collana PassaParola e che proprio uno scritto dell'autrice nata a Cabras (nella provincia di Oristano, Sardegna) l'avrebbe inaugurata, non ho resistito alla tentazione di tuffarmi nuovamente nelle immaginifiche storie della Murgia e nel suo stile così denso di vita.
In fondo, se mi sono innamorata delle Nebbie di Avalon è perché, prima ancora che un romanzo, è un atto di rivolta narrativa, un ribaltamento agito su uno dei punti più fermi della cultura a cui appartengo, quelli in cui si radica l'arbitraria definizione di Occidente. Marion Zimmer Bradley, come una barda folle, si è seduta davanti al ciclo monstre delle storie arturiane - che gli studiosi, con un termine un po' alchimistico, chiamano "materia di Britannia" - e ha deciso di inventarsi tra le sue pieghe l'altra storia, quella che i canti dei cavalieri della Tavola Rotonda e delle gesta del re medievale non hanno voluto tramandarci. Azione temeraria e un po' sfrontata, si dirà ma non ricordo molte rivoluzioni fatte col senso della misura (pp. 12-13).
Così ho iniziato a sfogliare L'inferno è una buona memoria - Visioni da Le nebbie di Avalon (Marsilio, 2018) e anche stavolta sono stata catapultata in un universo diverso e distante dal mio, ma in fondo nemmeno troppo.
Premessa necessaria alla recensione di questo libretto è una piccola introduzione della collana PassaParola, la quale è riuscita a realizzare uno dei miei sogni più nascosti: permettere a scrittori italiani di raccontare le vicende che li legano a un libro che per loro ha un significato importante.
In questo modo gli autori divengono a loro volta lettori, in un interscambio continuo tra loro e noi e in un intreccio costante tra le loro biografie e quelle di chi è venuto prima di loro.
In questo modo gli autori divengono a loro volta lettori, in un interscambio continuo tra loro e noi e in un intreccio costante tra le loro biografie e quelle di chi è venuto prima di loro.
L'inferno è una buona memoria vede la Murgia in una veste insolita per i suoi ammiratori, quella di amante del genere fantasy. Infatti, in questo volumetto agile e agevole, l'autrice ci racconta de Le nebbie di Avalon, un testo del quale non avevo mai sospettato l'esistenza e che racconta le vicende legate a Re Artù e ai suoi cavalieri da un'insolita prospettiva: quella delle eroine femminili che popolarono le gesta epiche delle quali tutti abbiamo memoria per averle studiate tra i banchi di scuola ed averle in seguito amate nel corso della nostra intera esistenza.
Lo stile dell'autrice è quello che troviamo in tutte le sue opere: coinvolgente, importante, quasi che ogni parola si potesse fare carne ed uscire dalle pagine per vivificarsi in mezzo a noi.
I temi trattati potranno apparire a prima vista lontani rispetto ai quelli tanto cari alla scrittrice, ma a una lettura più approfondita non sarà così difficile ritrovare argomenti e emozioni a lei assai cari: la ricchezza del femminile, l'importanza delle donne, la loro magnifica grandezza e il coraggio innato.
Di capitolo in capitolo alla "voce" di colei che ha dato spirito e cuore a uno dei personaggi più belli sui quali mi sia capitato di posare gli occhi e lo spirito (l'Accabadora del mio cuore) si alternano quelle di Ginevra, Morgana, Ingraine e altre, mentre la scrittrice di Cabras lentamente ci racconta frammenti della sua biografia, del suo approccio col fantasy, del suo modo di trovare un frammento di verità a quei "perché" del mondo che da sempre e per sempre ci porteremo dietro, tessere eterne di un puzzle che a fatica trovano il giusto incastro, e che più spesso, invece, non sapremo dove collocare.
Nel tempo in cui ci si è resi conto che ancora occorre compiere delle rivoluzioni contro lo strapotere maschile, riunendosi magari sotto l'egida del #MeToo, nell'epoca di un femminismo debordante e francamente a volte oggetto di interpretazioni distorte, attraverso libri come L'inferno è una buona memoria persone quali Michela Murgia ci ricordano che le grandi battaglie non hanno mai avuto bisogno di grandi parole, ma di fatti potenti, di gesta che restano nascoste ai più, il cui valore però assume ben presto un significato tale da non poter essere celato.
Ilaria Pocaforza
Ilaria Pocaforza