di Philippe Besson
Guanda, 2018
pp. 155
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Scriverò spesso, anni dopo, dell'imponderabilità dell'imprevedibile che determina gli eventi.
Scriverò anche degli incontri che cambiano le carte in tavola, delle congiunture inattese che modificano il corso di un'esistenza, degli incroci involontari che fanno deviare le traiettorie.
Comincia lì, nell'inverno dei miei diciassette anni.
Ci sono autori che si incontrano per caso, in una libreria, e che poi restano con noi per sempre. Per me è stato così con Philippe Besson: ho amato moltissimo E le altre sere verrai?, di cui ho scritto un'imbarazzante recensione all'inizio dei tempi di CriticaLetteraria, nel 2007. Tante le riletture, ancora di più la ricerca degli altri titoli dell'autore per continuare la collezione di emozioni.
Sì, perché una costante nella produzione di Besson è la capacità di scavare dentro i sentimenti più riposti, dentro la malinconia e la nostalgia che provocano certi ricordi, tanto toccanti e personali quanto universali:
Più tardi scriverò della mancanza. Della privazione insopportabile dell'altro. Della miseria provocata da questa privazione; una miseria che aggredisce. Scriverò della tristezza che corrode, della follia che minaccia. Diverrà la matrice dei miei libri, quasi mio malgrado.
Confermo: questi sono temi che mi hanno fatto sentire in parte capita, più spesso confortata empaticamente dalle parole di Besson. E che dire, dunque, di questo Non mentirmi, appena arrivato in libreria per Guanda? Tutto inizia con l'io narrante che sembrerebbe coincidere con l'autore (sempre diffidare un po' da tanta pretesa autobiografia!), che nella hall di un albergo sta affrontando un'intervista, quando in lontananza vede un fantasma del passato. Sa che non può essere Thomas, eppure questo non gli impedisce di chiamare il suo nome e abbandonare su due piedi la giornalista: la somiglianza impressionante del ragazzo sconosciuto porta il protagonista a fare un passo indietro.
Il presente si inceppa, la narrazione si interrompe e torna al passato, quando a diciassette anni uno studioso, solitario e gracile Philippe scopre che anche il suo compagno di scuola Thomas nutre per lui un'attrazione sragionante, tanto irrazionale quanto irrinunciabile. E dire che Thomas è sempre stato additato come un rubacuori dalle ragazze della scuola! Invece, è tutta una menzogna, per sopravvivere in un presente in cui non esistono omosessuali ma solo “checche” e altri nomignoli con cui viene additato il più fragile ed effemminato Philippe. Dunque, è fondamentale tenere segreta la relazione: prestando mille attenzioni a dove incontrarsi, i due ragazzi scoprono quanto il desiderio, il sesso, la gelosia possano essere diversi, se uniti al sentimento. Sentimento mai confessato, perché la comunicazione verbale è difficoltosa, intermittente, come se i corpi parlassero un'intesa altrimenti sconosciuta.
Eppure qualcosa da subito turba il protagonista: Thomas sembra vedere in lui altro, il Philippe del futuro, quello che abbandonerà la mediocrità («Io dunque vengo da un'epoca andata, da una città morente, da un passato senza gloria»), si allontanerà e vivrà una vita totalmente diversa dalla medietà che sembra destinata a chiunque resti in quella scuola. E forse, col senno di poi, Thomas ha sempre avuto ragione:
In fondo, l'amore è stato possibile solo perché mi ha visto non com'ero, ma come sarei diventato.
Due caratteri opposti («ciò che gli piace di me è ciò che mi allontana da lui»), due origini completamente diverse, cittadina quella di Philippe, agreste e isolata quella di Thomas, due famiglie di estrazione sociale ed economica ben lontana e tante abitudini apparentemente inconciliabili. Eppure, l'amore. O, forse, proprio per questo, l'amore, da portare con sé come se non ci fosse altra risorsa:
come se la vita fosse questo, soltanto questo, frequentarsi e perdersi di vista e continuare a vivere, come se non ci fossero strappi, separazioni che lasciano esangui, rotture da cui fatichiamo a riprenderci, rimpianti che ci perseguitano a lungo.
Ma davvero un addio è una chiusura del sentimento? Cosa dire, dunque, delle tante rifrazioni di quella storia che hanno trovato vita nei romanzi di Philippe? Thomas ha continuato a esserci nella finzione narrativa, protetto da altri nomi (non sempre), da ambientazioni e trame diverse, che però in qualche modo riprendono un suo dettaglio, un gesto, un'abitudine... Ma che ne è stato di lui? Il romanzo torna quindi altrettanto bruscamente al tempo dell'intervista, alla hall dell'albergo, all'incontro con quel ragazzo stranamente simile a come era Thomas allora. E le ultime decine di pagine sono la pura rivelazione, per noi lettori e anche per il protagonista, di ciò che è accaduto dopo. E mentre seguiamo con apprensione la vicenda, non possiamo che confermare:
È stato amore, chiaramente. E domani sarà un grande vuoto.GMGhioni