Cedi la strada agli alberi
di Franco Arminio
Chiarelettere, ottobre 2017
pp. 149
€
13
Alla fine è stato molto faticoso decidere cosa tenere e cosa togliere in questa che considero la mia prima vera raccolta in versi. Eccola, è come un'anguilla sull'autostrada. È il lampo di luce che la distingue dal catrame.
La prima poesia, Franco
Arminio dichiara di averla scritta in un pomeriggio di gennaio del
1976. Un'agenda di poco conto e una penna rossa furono gli strumenti
usati. Poi scrisse in auto, nella Centoventisette verde di
Antonietta. Con l'avvento dei computer qualcosa cambiò, perché si
sa, con essi è più facile scrivere, creare, distruggere per
ricreare e modificare.
Cedi la strada agli
alberi è frutto di un lungo lavoro di selezione dove l'autore
sceglie quali poesie riproporre nella raccolta e quali scartare.
Ha diviso la
raccolta in quattro tematiche: “L'entroterra degli occhi”,
“Brevità dell'amore”, “Poeta con famiglia” e “La poesia al
tempo della Rete”.
L'entroterra degli occhi
accoglie versi con argomenti assai cari al poeta, come ad esempio
l'elogio dei piccoli paesi, oramai quasi disabitati; trattasi di una
problematica molto presente nel sud Italia a cui il poeta con grande
impegno si dedica anche nella vita privata attraverso un sito che cura in prima persona e
scegliendo di vivere lui stesso in un piccolo centro pressoché
abbandonato. Tanto che Arminio più che poeta, preferisce essere
definito paesologo. Nella stessa categoria trovano ospitalità anche
alcune lettere, una scritta a Pasolini e una toccante ai ragazzi del
sud:
[…] Siate dolci con i deboli, feroci con i potenti.
Uscite e ammirate i vostri paesaggi,
prendetevi le albe, non solo il far tardi.
Vivere è un mestiere difficile a tutte le età,
ma voi siete in un punto del mondo
in cui il dolore più facilmente si fa arte,
e allora suonate, cantate, scrivete, fotografate.
[…] Il Sud italiano è un inganno e un prodigio.
Lasciate gli inganni ai mestieranti della vita piccola.
Pensate che la vita è colossale.
Siate i ragazzi e le ragazze del prodigio.
Nelle sue rapide frasi
spesso si incorre nel caloroso invito a vivere una vita semplice,
improntata ad apprezzare i singoli momenti di quiete, di pace e di
candore esistenziale. Ad apprezzare la terra, le proprie radici, i
discorsi degli anziani, le passeggiate a contatto con la natura, gli
attimi trascorsi con i propri animali domestici. E con tanta
semplicità, dedica alcuni versi anche al terremoto dell'Irpinia e
alle sue vittime, sisma che colpì la Campania e la Basilicata il 23
novembre 1980:
[…] Ora di ogni persona che vedo vorrei sapere
cosa diceva, cosa faceva.
Dall'addobbo della lapide a volte si capisce
che si tratta di persone di una stessa famiglia.
Ecco Luisa Masini, nove anni,
col gatto in braccio.
Sotto di lei Valeria Masini,
dodici anni, e poi Maria,
quarantatré anni, la madre.
Il pensiero va subito al padre,
chissà dov'è nel mondo
a trascinarsi con la sua pena.
Si passa alle brevità
dell'amore, in cui si alternano versi brevi e taglienti come i
tweet moderni. Parole che ora evocano un amore spirituale, ora una
passione carnale, ora un fugace pensiero erotico. Arminio padroneggia
con maestria anche l'argomento poetico per eccellenza, senza mai
mancare di eleganza e tatto nella scelta di termini musicali che
compongono frasi degne dei più inflazionati aforismi di letterati
mancati.
Superficialmente alcuni
passi potrebbero ricordare gli haiku,
salvo essere strutturati in maniera differente (si distinguono perché
la composizione delle brevità giapponesi è formata da tre versi,
divisi a 5, 7, 5 more). Hanno tuttavia di certo in comune
l'immediatezza e la massima resa poetica.
La punta della tua lingua
è il primo luogo che s'incontra
venendo da fuori.
La punta della tua lingua
come la punta del giradischi
sulla mia carne.
Gotica all'interno,
le braccia lunghe come le navate.
Inaccessibili le guglie
della tua tranquillità.
Poeta con famiglia custodisce tutti i ricordi d'infanzia del poeta, i riferimenti alla
sua famiglia, a sua madre e a suo padre, a se stesso, alla vita e
alla morte. Tra i versi di questa categoria si scorge la fragilità
concreta e mai celata dell'autore; i suoi timori, le sue debolezze si
tramutano in punti di forza, permettendoci di ammirare la luce che
arriva dall'intimo buio personale. Le ombre caratteriali, comuni a
tutti gli esseri umani, acquisiscono una luminosità lirica nei dolci
versi di Arminio.
Infine vi è l'ultima
categoria, la poesia al tempo della Rete, dove l'autore,
dismessi gli abiti del poeta e indossati quelli più consistenti
dello scrittore, affronta alcune tematiche contemporanee esternando
senza filtri i propri pensieri. Un esempio è “il naufragio della
letteratura” in cui asserisce che oggi è carente la letteratura
in tempi in cui abbondano gli scrittori. Tutti vogliono scrivere,
tutti vogliono emergere, ma tra loro sono sordi e ciechi. “Le voci
non si sommano e non spiccano. La letteratura fa pensare a un'arancia
virtuale: a ciascuno il suo spicchio, ma dov'è il succo?”. Altro
esempio meritevole di esser citato è “bordello facebook”,
un'invettiva contro il social network che, sostiene a ragion veduta
l'autore, permette a tutti di mettere in vendita la propria merce,
qualunque essa sia. I corpi esibiti -a volte ostentati- vengono
comparati alle opinioni indignate che trasudano di ribellione e di
rivoluzione. E conclude: “Facebook è una creatura biforcuta perché
porta la scrittura, ma la porta in un clima che sembra quello
televisivo.”
Arminio sceglie sempre
con destrezza e magistrale competenza le parole, per uno stile e un
risultato che soltanto a occhi distratti potrebbe apparire banale e
usuale. Se anche fosse, evidentemente, corrono tempi in cui si ha
bisogno di qualcuno che ci restituisca una visione semplicistica
della vita, meno performante e meno pubblica, una visione privata
del poco e del fattibile, in grado di sollevare anche gli animi più
complessi. Sono tempi questi in cui la poesia sta trovando una nuova
vita, una nuova forma e un nuovo utilizzo grazie all'avvento dei
social network e grazie alla necessità moderna di esprimere
un'emozione anche se con parole altrui, magari come cornice verbale
ad un'impressione fotografica. I versi di Arminio, così profondi e
al contempo così brevi e istantanei, si prestano alla condivisione
moderna e urbana, come sigillo di una cartolina estiva, di un
primaverile amore nascente, di un acerbo autunno rurale o di un
apparente inverno senza fine.
Alessandra Liscia