Alessio Forgione, con “Napoli mon amour” uscito il 20 settembre, è il secondo esordiente della collana “Gli innocenti” di NN Editore, dopo Camurri con “A misura d’uomo”.
Alessio è un giovane scrittore, cresciuto a Napoli, ora vive a Londra dove lavora in un pub. Un ragazzo timido, che si è raccontato in un incontro con alcuni blogger che si tenuto qualche sera fa a Milano.
Amoresano, il protagonista del romanzo, dopo due lauree e un lavoro in marina grazie al quale ha viaggiato per sei anni, ritorna a Napoli, la sua città natale. Le giornate trascorrono tutte uguali, senza fare nulla e spesso in compagnia del suo amico Russo. A un certo punto sembra che ci siano una svolta, un incontro, un amore: Nina e appare la speranza o meglio l’illusione di una vita diversa. Tuttavia la mancanza di soldi, la consapevolezza che nulla in fondo cambierà, portano Amoresano ad andarsene nuovamente da Napoli, dall’Italia e così gli ultimi soldi vengo spesi per un viaggio in Inghilterra.
Ho molto apprezzato l’approccio di Alessio durante l’incontro, un ragazzo umile che si è messo a nudo e che, nonostante un inizio all'insegna della timidezza, si è lasciato man mano andare raccontando il suo mondo, le sue speranze, la sua vita, il suo essere un ragazzo che lavora, fa sacrifici e che, incredulo, ha pubblicato un libro, realizzando un sogno che sembrava realmente un'utopia.
Come è nato questo libro che, di fatto è un romanzo di formazione?
Io come lettore ho sempre amato i romanzi di formazione, ne ho letti tantissimi. Avevo iniziato scrivendo racconti e aspettando l’idea di un romanzo. Un giorno mi sono svegliato e mi è venuta l’dea, ma dopo poco si è volatilizzata per poi ricomparire subito a pranzo. Sono tornato a casa e mi sono reso conto che quella era LA storia, da lì sono partito, il tutto è molto autobiografico. Già a 20 anni avevo nella penna un storia che si è rivelata poi non essere tanto lontana da quella che ho scritto, io davvero facevo il marinario!
Nel romanzo Napoli appare buia, quasi senza colori.
Se ci vivi, Napoli può essere davvero buia, piove spesso e i napoletani non sono così espansivi come si è portati a pensare. Spesso si vive nel ricordo di un passato, di un impero che è decaduto. C’è una profonda divisione tra i quartieri e i napoletani non si spostano da un quartiere all’altro, infatti si dice proprio su questa base che “il mare non bagna Napoli”, almeno non per tutti.
Come sono nati i dialoghi?
Mi piace trasformare il napoletano in italiano, i dialoghi soprattutto mi suonano in testa con il ritmo napoletano, ecco perché li ho lasciati così nel libro.
Vivi a Londra; come ti trovi?
Londra è un luogo veloce, un po’ freddo ma tutto o quasi funziona. Ci vivo da un anno e mezzo, talvolta sono insofferente lo stesso, però apprezzo il fatto che sia tutto semplice. Certo, talvolta si è schiavi della troppa velocità. Ho avuto modo di conoscere molte persone, addirittura due colleghe polacche che non hanno quindi potuto leggere il libro mi hanno regalato una penna per scrivere gli autografi. Vivo in un quartiere che mi piace, ho amici veri, sono contento di esserci.
Lavori in un pub: in Italia spesso vieni classificato sulla base del “di cosa ti occupi?", a Londra come è?
Tutto è più fluido, è normale lavorare in un pub, in un bar. E non è che se scrivi devi avere un lavoro di quelli diciamo “classici”. Non sei giudicato per il lavoro che fai. Io sono a mio agio, mi importa cosa le persona hanno da dire e non quello che fanno.
Cosa leggi?
Ho letto tanti classici, ho un attaccamento particolare per “La casa in collina” di Pavese. In generale quando mi piace un autore leggo tutta la sua produzione. Sono un po’ meno aggiornato sugli autori contemporanei!
Stai già lavorando a un altro romanzo?
Sì, credo che sarà uno scritto che parla di giovani. In realtà sto scrivendo qualche cosa per ora ne sono soddisfatto, ma non è detto che poi sarà realmente buono e, se poi non mi piacerà più, pazienza, ricomincerò daccapo...
Intervista a cura di Elena Sassi
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