di Andrea Vitali
Garzanti, 2018
pp. 239
€ 18,60 (cartaceo)
Il sindaco Fumagalli era un uomo pingue. Obesità androide, il grasso ce l'aveva tutto attorno all'addome. Era alto poco più di un metro e sessanta e poggiava su gambe corte e sode che terminavano in un paio di piedi piccoli e soprattutto diversi uno dall'altro. [...] Il soprannome di Sindacone gli era stato affibbiato quasi subito dopo le elezioni. Non aveva niente dispregiativo, anzi, sulla bocca di alcuni tendeva ad assumere una sfumatura affettuosa. Quando il Fumagalli ne era venuto a conoscenza non aveva fatto altro che scrollare le spalle. [...] Se madre natura l'aveva fatto così, una ragione doveva esserci. (pp. 14, 17)
Uomo dal carattere mite e lo spirito pragmatico, il sindaco di Bellano è, per "l'onestà e la trasparenza" (p. 40), generalmente benvoluto dai concittadini, come dai membri della giunta comunale, non fosse per la misteriosa e recente tendenza a convocare gli assessori negli orari e nei momenti più improbabili, per riunioni pretestuose e insolitamente frequenti. Una di queste, forse la più sgradita, ha luogo la sera della Vigilia di Natale.
Corre l'anno 1949 e il paese, e l'Italia tutta, stanno faticosamente riprendendosi dal periodo bellico:
Era un tempo in cui la guerra, benché finita [...], era ben presente nella memoria e nelle parole di molti. La semplicità, la spensieratezza di quelle gite riportavano negli animi il sapore di una serenità che sembrava perduta e aiutavano a ricostruire, prima ancora di case, ponti e quant'altro, il morale. (p. 32)
Questo vale anche per un paesino come Bellano, che al fascismo ha sempre guardato da un'ottica decentrata, quasi marginale, più per gli effetti sulla popolazione locale, che per la reale portata politica. Sulle gemelle Cesetti, in particolare, il clima bellico ha lasciato il segno: sulla Perlina, la "gemella grande", in modo più evidente (in una testa rasata male, per essersi innamorata - e quindi lasciata implicare - da un giovane ufficiale fascista di passaggio); sulla Luisetta, la “gemella piccola”, partigiana quasi per caso, in modo indiretto, in seguito a un grave errore di valutazione. Entrambe, famose per i seni dirompenti, denominati "ambe" in omaggio alle colline etiopi, hanno visto passare gli anni e la gioventù in vite non riuscite.
C'è da chiedersi allora come le vicende delle due Cesetti possano intersecare quelle del Sindacone, mai tornato a casa nella notte di Natale, o quelle di Veniero Gattei, vicesindaco, che invece a casa vorrebbe tornarci, dalla novella sposa che l'aspetta tutta calda e fremente sotto le coperte, mentre invece a lui tocca avventurarsi nella tempesta alla ricerca del Fumagalli disperso. Con il piglio del grande ritrattista, Andrea Vitali ci accompagna nuovamente tra le vie di Bellano, per l'occasione accuratamente ricoperte di neve e spazzate da un vento gelido. Ci porta a conoscere i comprimari, descritti con ironia e benevolenza, imperfetti e umanissimi, e ci mostra un paesaggio noto, rappresentato con una tenerezza che a volte in un autore così scanzonato si tende a dimenticare:
Da casa non aveva sospettato quanto il vento fosse teso, gelido. Quante voci potesse avere infilandosi dappertutto, inventando vortici, divertendosi a cambiare direzione manco ce l'avesse con lui per avere usato uscire da casa a quell'ora di notte. (p. 48)
Poi, certo, è la stessa Bellano di sempre che il lettore si trova davanti agli occhi. Non c'è nulla di nuovo e diverso, nulla che spiazzi le aspettative – e del resto proprio per ritrovare i luoghi familiari si tornano a scegliere i romanzi di Vitali. Chiunque cerchi l'improvviso scarto stilistico, la trama inaspettata, l'evento eclatante, resterà inevitabilmente deluso: perché le storie di Bellano, si sa, si slanciano sempre a partire dall'evento minimo, procedono a ghirigori – con un meccanismo perfetto accuratamente dissimulato – attraverso le pieghe di una quotidianità paesana, e tornano ad adagiarsi pacificamente su un ordine ripristinato con gusto. Chi a Vitali non chiede di più di quello che Vitali promette e immancabilmente regala, uscirà invece dalla lettura con il consueto sorriso, con il senso di leggerezza che si ha ogni qualvolta ci si congeda dal microcosmo bellanese.
Carolina Pernigo
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