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#SpecialeHALLOWEEN - Leggi e passa la paura!

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Foto (e zucca) di ©GiuliaPretta

Buon Halloween, e anche questo anno abbiamo pensato di portare su CriticaLetteraria la festa più paurosa dell'anno. Come? Abbiamo estratto a sorte e 10 redattrici hanno raccontato le loro paure più grandi, seguite dai libri-antidoto per superarle (o, almeno, per affrontarle senza chiudere gli occhi!). 

Buona lettura e raccontateci le vostre paure e i libri-antidoto che preferite!
La Redazione

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Barbara ha paura di perdere la libertà di espressione e di autodeterminazione

Perché: l'allontanarsi dei periodi storici più bui per l'intera umanità, il consolidato stato di benessere che viviamo, l'inasprirsi del dibattito politico a livello globale ci espongono nuovamente al rischio della guerra e della dittatura. Non è rinchiudendosi nel proprio perimetro di esistenza, costruendo muri culturali e disegnando nuovi confini umani che possiamo salvarci. Al contrario, questa è la strada sicura verso quel sonno della ragione che, grazie alla perpetua memoria artistica e storica, sappiamo generare mostri... reali.
Il rimedio: 1984 di George Orwell 
Niente è più terapeutico di una discesa negli inferi del nostro peggior incubo, con la compagnia fedele e rassicurante della letteratura. Solo attraverso la catarsi offerta dal romanzo distopico orwelliano, è possibile prendere nuovamente coscienza che la deriva totalitaristica non è soltanto una brutta fantasia irrazionale: è un pericolo reale, concreto, che non langue mai troppo lontano dalle nostre vite. Occorre comprenderlo e agire attivamente per evitare, ogni giorno, ogni piccolo passo verso la perdita della libertà.





Carolina ha paura dell'abbandono
Perché, ammettiamolo, capita a tutti, a tutte. Perché siamo creature imperfette, fragili, piene di difetti. Perché a volte ci facciamo prendere dall'insicurezza, o peggio dal senso di inadeguatezza, non ci sentiamo all'altezza di quanto ci circonda. Perché, sporadicamente, capita che qualcuno imperdonabilmente contribuisca a farci sentire così e noi gli diamo retta. Perché temiamo che il nostro modo di essere nella vita, di impegnarci nel mondo non sia sufficiente a farci accettare. Perché a volte, imprevedibilmente, ci troviamo soli a fare i conti. 
Il rimedio: I giorni dell'abbandono di Elena Ferrante (leggi la recensione)
Quando ci capita di sentirci così - seppur immotivatamente - la voce scabra, impietosa dell'autrice di questo romanzo ci gratta l'anima, raccontandoci la storia di una decostruzione, di una disgregazione intima, ma anche di una ricostruzione, di una forza riscoperta, di un rimettersi in piedi. Perché la Ferrante ci dice - con una durezza che sa di sprone - che agli abbandoni (reali o metaforici che siano) si sopravvive. E spesso il trauma diventa la via per scoprire in sé risorse inaspettate. 





Cecilia ha paura della depressione
Perché: perché è stato definito il male del XX secolo, ma sembra non avere intenzione di perdere il suo primato anche nel XXI. Più subdola e ambigua di tante altre malattie, quasta patologia è capace di trasformare chi ne soffre in un buco nero che tutto risucchia e tutto annulla, rendendo vani i tentativi di aiuto e inutili (o comunque lentissime e faticosissime) le cure. Le persone depresse possono essere tormentate dai proprio demoni per tutta la vita, diventando insensibili alle bellezze e alle gioie dell'esistere. 
Il rimedio: Guardati dal beluga magico di Daniel Cuello (Leggi il #critiCOMICS). 
Se siamo depressi o una persona a noi cara sta attraversando una brutta crisi, l'ultimo libro di Daniel Cuello può essere davvero di grande aiuto. Perché il fumettista di origine argentina tocca l'argomento in chiave autobiografica con grande autoironia e delicatezza, e trasforma la propria esperienza in una cornice narrativa (a lieto fine) "ripiena" di strips in cui trova asilo tutto ciò che la vita offre, nel bene e nel male. Illustrazione dopo illustrazione, ci si ritrova con un compagno in più (il "personaggio-Daniel"), si piange, si ride e si sorride con lui, ma soprattutto si impara che tutti abbiamo (o potremmo avere) a che fare con un nostro personale "Beluga", e siamo solo noi i responsabili della gestione di questa bestiaccia.





Claudia ha paura della malattia
Perché: è l'inaspettato e l'incontrollabile, una forza che rivela tutta la nostra piccolezza di fronte alla vita che accade. 
Spesso è silenziosa e aspetta prima di rivelarsi, è l'unica variabile in grado di annullare tutto il resto. 
Il rimedio: Una vita come tante di Hanya Yanagihara (leggi la recensione)
È un romanzo monumentale che affronta il peso della malattia senza paura, dà voce, suono, colore e forma al dolore fisico. 
Il libro racconta il tunnel dell'autodistruzione di uno dei personaggi senza apporvi dei veli: è sincero e a tratti crudele, vi farà male, ma vi insegnerà a nominare la sofferenza, sempre con meno paura.
Nell'avermi messa di fronte al mio terrore più grande mi ha ricordato che la malattia ha sempre un antagonista: l'amore, l'unica risorsa che abbiamo in grado di preservarci umani. 





Debora ha paura del tempo e della perdita 
Perché: «[…] il dono più grande e più caro di tutti: Tempo. Altro tempo.» È quello che vorremmo tutti, avere tempo, ancora altro tempo, da passare con chi amiamo. E se quel tempo si è esaurito, se non ne resta altro? Dove va tutto l’amore che ci legava? Come si impara a vivere di nuovo dopo la perdita? 
Il rimedio: Lincoln nel Bardo di G. Saunders (leggi la recensione
Perché tra quelle pagine strazianti, strane, dolorosissime, riconosco anche un po’ della mia sofferenza e lascio uscire le lacrime. Le parole commuovono, le parole curano.





Federica ha paura degli insetti
Perché, pur rispettando tutti gli esseri viventi e amandone alcuni più intensamente di altri, gli insetti non riescono a darle pace. Sarà per i luoghi in cui sono soliti vivere (spesso ricettacolo di sporcizia e cattiva igiene), sarà per il loro silente movimento che impedisce di accorgersi della loro presenza se non a fatto compiuto, quando cioè antenne vibranti si palesano alla vista, sarà per la piccola dimensione che li rende difficili da stanare, sarà per la loro emblematica presenza massiva (non è un caso se l’abbinamento invasione + insetti sia usato frequentemente), fatto sta che la sua reazione di fronte a un insetto è una sola: la fuga.
Il rimedio: La metamorfosi di Franz Kafka 
La trasformazione di Gergor Samsa in uno scarafaggio sposta l’attenzione dalla mostruosità dell’aspetto, esorcizzando quindi il ribrezzo per questi esseri, per divetare con prepotenza l’allegoria della alienazione dell’uomo moderno all’interno della famiglia e soprattutto della società. Se si pensa, poi, che il racconto è anche un ottimo esempio della poetica e della visione del mondo di Kafka, in cui il destino dell’esistenza individuale è in mano a forze oscure e inconoscibili, ecco che lo scarafaggio diventa solo un lontano ricordo e anzi, una piacevole occasione per discorrere o riflettere di letteratura e condizione umana.





Federica ha paura della solitudine in vecchiaia
Perché la sua vita è sempre stata in due. Da un amico del cuore nel periodo dell’infanzia, a una sorellina nata quando era adolescente, fino al compagno di vita conosciuto sui banchi di scuola e mai più abbandonato. Sebbene si senta sempre e comunque appagata da ciò che la vita le offre quando è da sola, il pensiero di trascorrere gli anni più fragili della vita senza un compagno o una compagna di avventure la atterrisce più della morte, (magari) nuovo capitolo della vita.
Il rimedio: Le nostre anime di notte di Kent Haruf (leggi la recensione) 
Il breve romanzo racconta, con uno stile diverso rispetto a quello di cui Haruf si è servito nella sua Trilogia della pianura, più conciso, rapido e senza fronzoli, di una relazione che supera l’amore, la carnalità o l’amicizia e si presenta come un connubio di anime che vogliono colmare i vuoti delle loro vite con stralci di ricordi, parole e conversazioni. Una relazione dignitosa e da preservare dagli occhi giudicatori degli osservatori esterni, che non comprendono il valore della compagnia, preziosa nella vecchiaia così come in qualunque momento della vita. Un racconto di speranza e un conforto letterario per chi non è stato così fortunato come Addie e Louis.




Gloria ha paura dell'addio
Perché c'è qualcosa di peggio che alzarsi una mattina e scoprire che non puoi avere accanto chi fino a poco tempo fa era con te? Amici, parenti, amori: la parola "addio" ogni volta suona definitiva, uno strappo definitivo che lascia abbacinati e senza più prospettive. E se l'"addio" potrebbe essere un semplice "arrivederci", ecco che si aprono gli struggimenti e i io-vorrei-non-vorrei-ma-se-vuoi della situazione. 
Il rimedio: Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes
Se non riuscirà a far superare davvero il trauma dell'"addio", almeno ha un'innegabile funzione catartica, oltre che la forza ora empatica ora razionalissima della filosofia. Tutto, nei paragrafi che si avvicendano, risuona di geniale: dall'esperienza al pensiero, e poi di nuovo all'esperienza. Un libro irrinunciabile anche per le ricadute amorose. 




Giulia ha paura degli specchi
Perché: siamo cresciuti con film, cartoni animati e racconti in cui gli specchi la facevano da padrone nel mondo del thriller e dell'orrore. Specchi appannati che, una volta puliti, rivelavano assassini alle proprie spalle; specchietti retrovisori che lasciavano immaginare le più efferate conseguenza; specchi traditori che non mostravano il vampiro in agguato. Un minimo di apprensione nel tirarsi e specchiarsi dopo essersi sciacquati la faccia è comprensibile. Queste porte riflettenti che possono dare accesso a mondi al contrario sono pieni di tutto ciò che noi scegliamo di metterci dentro.
Il rimedio: Il popolo dell'autunno di Ray Bradbury
Il circo demoniaco che sconvolge la vita della sonnacchiosa cittadina americana è pieno di attrazioni: l'Uomo Elettrico che torna in vita grazie alla corrente, la giostra che ringiovanisce (o invecchia) chi ci sale sopra, la Galleria degli Specchi. Nella Galleria si resta intrappolati nel proprio riflesso, nei nostri desideri e nelle nostre paure. Il popolo dell'autunno si nutre delle nostre lacrime e del nostro terrore. L'unico modo per sconfiggerli è il sorriso: incidendo un sorriso su un proiettile si possono uccidere streghe, sorridendo allo specchio si mette in fuga chi trae piacere dalla nostra sofferenza. Questo imparano Will e Jim nello sconfiggere il sig. Dark, questo possiamo fare davanti agli specchi: una bella smorfia divertente. Perché siamo sempre noi ad alimentare e dare forza alle nostre peggiori paure.





Sabrina ha paura di un mondo senza libri
Perché: immaginate un mondo senza libri... non parlo soltanto di un mondo senza storie, senza racconti, senza riflessioni.. no, dai questa ipotesi nemmeno la voglio prendere in considerazione (anche se, purtroppo in passato, qualcuno l'ha fatto). Parlo proprio di un mondo in cui l'oggetto libro non esiste più. Il libro con il suo profumo (ognuno diverso dall'altro, tanto che un romanzo io lo ricordo anche per il suo odore), l'inebriante e inconfondibile profumo di una biblioteca, che sa di antico, così diverso da quello di una libreria, che sa di nuovo, di intatto. Il libro da sfogliare, alla ricerca di quella determinata frase, il libro da sottolineare, da commentare, tanto che diventa esso stesso ricettacolo dei nostri pensieri. Già le sento le sirene... ma vuoi mettere? Quanto è comodo l'e-book, quanti libri puoi contenere (l'intera biblioteca di Alessandria nella tua borsetta), quanto è utile la luce che non ti affatica gli occhi. Sì, ma vuoi mettere quanto è bello toccare un libro? Uno vero?
Il rimedio: Fahrenheit 451 di Ray Bradbury (leggi l'invito alla lettura)
Un romanzo che dipinge un mondo senza libri, anzi nel quale i libri sono banditi perché pericolosi, perché insegnano a pensare con la propria testa, instillano dubbi, inducono fantasie. E allora via, un cerino e i libri (talvolta insieme alla casa che li contiene e alle persone che li posseggono) vengono bruciati, ridotti in cenere. Ma Montag, il protagonista, il pompiere che anziché spegnere il fuoco lo appicca, qualche libro l'ha trafugato e l'ha nascosto. Così, per capire. E finisce che un piccolo oggetto come il libro può cambiare tante cose. E allora ok, che sia elettronico o di carta l'importante è che il libro esista, faccia parte delle nostre vite, delle nostre case, delle nostre borsette. Anche se, per parte mia, io alle sirene dell'e-book non cederò! E continuerò a mettere il naso tra le pagine....





Samantha ha paura di vivere un’esistenza senza senso
Perché: perché la cosa più difficile che ognuno di noi è chiamato a fare è capire il suo posto nel mondo. Guardarsi dentro è il più difficile dei viaggi e trovare un senso alle nostre giornate è spesso un’impresa ardua, a volte impossibile. Eppure deve esserci un senso, in quello che siamo e in quello che facciamo, che possa giustificare la nostra esistenza e il nostro passaggio. Trascorrere un’intera vita senza riuscire a cogliere quale esso sia è la paura più grande. Significa aver sprecato un dono e non aver capito chi siamo veramente, quindi equivale a non aver vissuto per niente.
Il rimedio? Le prime 15 vite di Harry August (leggi la recensione)
Perché ogni passo dell’esistenza surreale del protagonista e della sua stirpe di immortali, condannati alla memoria e all’immortalità, è un avvicinamento all’idea che si ha di se stessi, alla propria missione. Fino a quando essa non sarà, infine, chiara e totale e potrà compiersi per salvarci tutti, anche noi mortali condannati ad una sola imperfetta esistenza, con l’obbligo di renderla incredibile, proprio perché unica.