Kimono. I colori del Giappone
La collezione di Katsumi Yumioka
Testi originali di Ayuko Ishibashi
Traduzione dall’inglese di Francesca Novajra
La collezione di Katsumi Yumioka
Testi originali di Ayuko Ishibashi
Traduzione dall’inglese di Francesca Novajra
L’ippocampo, 2010 (prima edizione originale PIE Books, 2005)
pp. 240
€ 29,90
pp. 240
€ 29,90
C’è una foto famosa, scattata da Maurice Guilbert nel 1892, che ritrae Henri de Toulouse-Lautrec in costume da samurai. Il pittore, noto per la sua deformità fisica, vi appare abbigliato di tutto punto, seduto nella posizione del loto, anche se (da bravo maestro della caricatura) non sembra prendersi troppo sul serio: la posa delle mani vagamente benedicenti e le pupille artatamente strabiche lasciano intuire una certa, consueta (auto)ironia. Eppure questa immagine è emblematica di quella mania collettiva per il Giappone che, grazie alla sottoscrizione dei trattati commerciali con l’Europa e gli Stati Uniti, si diffuse nel vecchio Continente a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, contagiando in particolare gli artisti, affascinati dalla sapienza manifatturiera degli orientali e più in generale da quelle soluzioni estetiche che tanta influenza ebbero sugli impressionisti e i post-impressionisti. Più di un secolo è trascorso da allora, e non solo questa ammirazione non è mani venuta meno, ma essa non ha mai smesso di influenzare l’Occidente, sia nelle sue forme più minimaliste che in quelle, per così dire, più massimaliste. Sempre che di massimalismo, ovviamente, sia lecito parlare nel riferirsi ai kimono tradizionali, pregiatissimi manufatti in cui ogni millimetro quadrato esalta la perizia tecnica artigianale e nel contempo racconta storie, leggende e credenze antichissime. Se anche voi, come a suo tempo Toulouse-Lautrec, vorreste cingervi di sete ricamate ma non disponete di mezzi sufficienti (un kimono costa caro...), di certo vi piacerà sfogliare Kimono. I colori del Giappone, il volume dedicato alla ricca collezione di Katsumi Yumioka pubblicato nella sua versione italiana dalla casa editrice L'ippocampo.
Yumioka, con un passato lavorativo nella pubblicità e nella moda in qualità di acconciatore e truccatore, racconta di avere maturato un interesse specifico per i kimono nel momento stesso in cui ha iniziato a collezionarli; una passione che è si è poi evoluta nella fondazione di un negozio specializzato, chiamato Ichinokoura. Promotore del movimento degli antichi kimono giapponesi, già autore di libri e curatore di diverse mostre a riguardo, è noto anche per le sue creazioni patchwork, con cui dà nuova vita a vecchie stoffe cariche di storia. È proprio lui che, in apertura di catalogo, spiega come quello prescelto per mostrare i propri tesori (risalenti fino al periodo Edo, dunque agli inizi del XVII secolo) sia stato un criterio esplicitamente cromatico: «ho organizzato kimono e obi secondo quelli che chiamo i “kokoro no iro”, ovvero i colori del cuore. A ciascuna categoria corrisponde un’immagine di quello che i singoli colori esprimono o significano per i giapponesi». Una scelta indovinata, che oltre a mettere ordine nella molteplicità di forme, tessuti e motivi decorativi offre delle micro-lezioni di storia del Giappone, con riferimenti alle epoche, alle leggende e agli usi e costumi. Ogni sezione del libro, dunque, si apre con una sintetica spiegazione del valore culturale della tinta corrispondente, e prosegue poi con gli esempi delle varie sfumature; ben otto per il rosso, il verde, il rosa, il blu, il marrone e il viola, cinque per il giallo e per la diade rappresentata dal bianco nero, e infine due per la coppia oro e argento. E sarebbe facile, anche in sede di recensione, dilungarsi sulle peculiarità della nomenclatura (trascritta anche in caratteri giapponesi) o sul sistema di valori a essa sottinteso: molto meglio che sia il lettore ad apprezzare in autonomia i testi scritti da Ayuko Ishibashi (riportati in traduzione italiana e inglese), che sembrano fondere a perfezione la grazia suggestiva di piccoli haiku e la precisione dei riferimenti storici e culturali.
La collezione – poco meno di centocinquanta pezzi, fotografati singolarmente e valorizzati da un uso sapiente della scala dei piani – offre dunque un campionario mirabile del sistema vestimentario giapponese dagli inizi del 1600 ai nostri giorni. In più, grazie alla Guida ai kimono posta in coda al volume, che ripropone tutte le immagini in minore e le correda delle informazioni tecniche, il lettore viene a conoscenza della giusta terminologia, del preciso periodo di realizzazione e delle tipologie di stoffa, fantasia e tecnica di volta in volta utilizzate. Le cinture Obi, per esempio, possono avere diverse altezze, ed essere destinate alla stagione calda o alla stagione fredda; una particolare tipologia, detta “Obi giorno e notte”, deriva invece il suo nome dall’avere un lato chiaro e un lato scuro. Gli stessi kimono esistono in una grande varietà di misure e fogge: a manica lunga, manica corta e mezza manica; da cerimonia e da geisha; in qualità di abiti da visita (Hōmongi) più o meno formali o da indossare sovrapposti. Non mancano poi le sopravesti (Uchikake) e le sottovesti (Nakagi) da indossare tra il kimono e lo jyuban, e nell’ampia selezione c’è spazio anche per un copri colletto. Quanto alle stoffe, la seta va per la maggiore: seta crespa e molto crespa, seta satinata e seta liscia, seta con filo d’argento, garza di seta, ma anche stoffa chintz, raso e tessuti a motivi policromi formati da filati pretinti. Varie le tecniche di tessitura e di tintura delle stoffe, come anche le decorazioni, che spaziano dal ricamo alla stampa alla pittura a mano. La bellezza delle foto, che regalano generosi ingrandimenti dei manufatti, permette poi di apprezzarne le texture, i motivi e i disegni a rilievo, l’efficacia delle giustapposizioni e la semplicità lineare dei tagli.
Gli studiosi e i fanatici del Giappone, come anche gli appassionati di storia della moda e storia dell’arte, vorranno questo libro nella propria personale biblioteca. Ma un’avvertenza è d’obbligo: come tutti i volumi pubblicati per esaltare una particolare collezione, anche questo lavoro non ha la pretesa dell’esaustività. L’effetto finale è lo stesso che si ha nell’ammirare i dipinti, le sculture o gli oggetti acquistati da qualche facoltoso cultore nel corso di una vita: oltre che testimoniare un’estetica e una temperie, questi beni dicono molto anche del loro proprietario. Il volume, che vince proprio per la sua inattaccabile bellezza, sarà certamente di stimolo per l’acquisto di qualche testo più discorsivo, in cui la narrazione abbia la meglio sulle immagini. Tuttavia, prezioso e curato com’è in ogni dettaglio, e mai privo di giuste e puntuali spiegazioni, c’è da credere che sarà a lungo bastevole per dare soddisfazione a quel giapponismo mai del tutto sopito che ancora oggi accomuna tanti estimatori del Sol Levante.
Cecilia Mariani
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