di Carlo Cassola
Oscar Mondadori, 2017
(prima edizione: Einaudi, collana "Supercoralli", 1969)
pp. 172
€ 12 (cartaceo)
€ 6,99 (e-book)
-Cosa intendi dire?
- È semplice. Il lavoro straordinario è quello in più, quello che non era previsto…infatti te lo pagano il doppio.
-Sì, lo so, - rispose lei. – È così anche per noi.
- E l’amore di stasera era previsto, forse? Io ero stanco, figurati, oggi ho avuto una giornata infernale. E il pensiero di dovermi rimettere in treno, e per cosa poi? per arrivare a casa, cenare e andare a letto come tutte le sere… Invece, sei capitata tu. Quasi non credevo ai miei occhi quando ti ho vista. Ancora adesso, quasi non ci credo. Fosse sempre così lo straordinario.
Lei gli aveva appoggiato la testa sulla spalla:
- Ma lo straordinario te lo pagano; mentre a venire con me non ci guadagni niente (p. 33).
Durante gli anni del liceo avevo incontrato sul mio cammino di lettrice l'opera più nota di Carlo Cassola, La ragazza di Bube (Einaudi, 1960), insignito del Premio Strega e fonte d'ispirazione per l'omonimo e celebre adattamento cinematografico di Luigi Comencini, nel quale recitò una straordinaria Claudia Cardinale.
Quel romanzo mi piacque molto, moltissimo, e quando tempo fa mi capitò di vedere un altro film tratto da una delle opere di Cassola, L'amore ritrovato (di Carlo Mazzacurati, 2004), mi ripromisi di leggere il libro dal quale era stata tratta la pellicola.
Girovagando su Internet, poi, qualche giorno fa trovai proprio questo romanzo, Una relazione, lo comprai, lo lessi e mi chiesi per quale motivo avevo atteso così a lungo per farlo.
Una relazione racconta una storia semplice, che scritta da una penna diversa da quella di Cassola apparirebbe persino banale: nella Toscana degli anni Quaranta vivono Mario, pendolare, impiegato di banca sposato e con un figlio, e Giovanna, parrucchiera rassegnata a vivere una vita dimessa, quasi a voler scontare gli errori e le leggerezze commesse durante la gioventù.
I due si rincontrano per caso dopo tanti anni e tra loro si instaura una storia (una relazione, appunto) spinta dalla passione che avevano giù vissuto da giovani, ma che non si era mai veramente sopita. Al posto di quell'antico sentimento, però, se ne sostituisce un altro più maturo e adulto, più consapevole delle complicazioni del tempo presente e, anche per questo, profondamente malinconico.
E proprio il sentimento della malinconia costituisce il leitmotiv dell'intera narrazione: il senso di insoddisfazione per la vita che entrambi i protagonisti stanno vivendo trova un'àncora di salvezza nella loro relazione, ma anche questo amore clandestino sarà motivo di profonda frustrazione perché non potrà mai essere vissuto alla luce del sole.
Con un linguaggio diretto e semplice Cassola racconta un sentimento vissuto con compostezza, con essenzialità. La scrittura scevra di ampollosità e esercizi stilistici contribuisce a rendere il lettore partecipe di un dramma che si consuma in silenzio sotto i nostri occhi, senza sfogo alcuno.
Scrive Giuliano Manacorda a proposito di Mario:
Tutto risiede proprio in quella semplicità, in quella sobrietà che costituisce la cifra stilistica di Cassola e che dona una grazia infinita a questa opera.
Una lettura consigliatissima non solo per rivivere un periodo della nostra Storia fondamentale, ma anche per assaporare i drammi e le gioie di una bella storia d'amore.
Ilaria Pocaforza
E proprio il sentimento della malinconia costituisce il leitmotiv dell'intera narrazione: il senso di insoddisfazione per la vita che entrambi i protagonisti stanno vivendo trova un'àncora di salvezza nella loro relazione, ma anche questo amore clandestino sarà motivo di profonda frustrazione perché non potrà mai essere vissuto alla luce del sole.
Scrivevo prima di come qualsiasi altro autore non sarebbe riuscito a creare un racconto così bello e poetico adoperando una storia che, almeno a raccontarla in due parole, ha la semplice caratteristica della normalità: il lettore respira quelle atmosfere proprie dell'Italia fascista che si fa forza e spera che le guerre coloniali siano un modo per uscire dalla povertà:
Giovanna lo guardò:
- Ma cos’hai stasera? Sembra quasi che tu abbia bevuto…
- È la felicità che mi dà alla testa. Davvero, sapessi come mi sento felice…Potessi fermare il tempo, lo farei. Direi: voglio che questa giornata non finisca più…
- Purtroppo , non possiamo fermare il tempo, - sospirò Giovanna (p. 112).
Qui non c'è più vita per nessuno, te lo dico io. Non ci rimane che la guerra; andarci a prendere un po' di colonie, e campare con quelle... (p. 13).I treni locali Livorno Solvay, Cecina Solvay, le stazioni ferroviarie, i cappuccini nei bar o nelle latterie (che scoperta leggere di locali chiamati "latterie"!), il quasi nulla che solo Carlo Cassola poteva riuscire a elevare a protagonista indiscusso delle sue pagine.
Sto pensando al giusto modo di investire i risparmi...Perché di questi tempi non è mica prudente tenerli in banca. - Abbassò la voce: - Se davvero quel capoccione volesse far la guerra... (p. 110).Le rare descrizioni dei personaggi non li dipingono come belli e affascinanti, in particolare Giovanna (che è la sola a chiamare Mario per nome, mentre il narratore lo cita sempre col cognome di Mansani) ci viene presentata come una giovane di ventiquattro anni già consumata dal tempo passato e, soprattutto, dalla triste prospettiva di quello che ancora deve venire.
Con un linguaggio diretto e semplice Cassola racconta un sentimento vissuto con compostezza, con essenzialità. La scrittura scevra di ampollosità e esercizi stilistici contribuisce a rendere il lettore partecipe di un dramma che si consuma in silenzio sotto i nostri occhi, senza sfogo alcuno.
Scrive Giuliano Manacorda a proposito di Mario:
Egli conosce proprio per questo qualche momento di vera felicità e la fine della storia lo trova con il sentimento di colpa (quel po' che è riuscito a provare) in via di rapida liquidazione. Giovanna, al contrario, paga più cara non la relazione, ma la vita stessa, per la generosa semplicità con cui l'ha sempre vissuta e la serietà con cui ha imparato ad affrontarla (Invito alla lettura di Cassola, Mursia, 1981, p. 95).E ancora Renato Bertacchini:
Il senso ultimo del romanzo si rivela alla fine, quando il velo dell'indifferenza è sceso tra Mansani e Giovanna a ripeterci dalle pagine di Cassola che nella vita tutto è memorabile e tutto è indifferente; memorabile per chi lo vive e fino a quando lo interessa, indifferente per chi pure ci passa accanto e anche per noi stesse, non appena altre cose memorabili hanno cancellato le precedenti (...). L'indifferenza, vera o recitata, l'indifferenza non sai bene se (...) è il tratto dominante di tutto il personaggio di Mansani e forse di tutto il romanzo Una relazione (...). Ma un'indifferenza, che per essere la triste compagna di ogni nostro vano affannarci, finisce per rientrare tra le cose che contano, per costituire la trama psicologica attraverso la quale dobbiamo navigare per giungere in qualche modo in porto con il minimo danno possibile (Carlo Cassola, Le Monnier, 1988, p. 244).Coloro che non hanno ancora letto Una relazione magari si chiederanno come si possano spendere così tante parole (e ancora ce ne sarebbero altrettante) per cercare di descrivere un romanzo di nemmeno duecento pagine, che in fondo racconta una storia come ce ne sono centinaia, migliaia di altre con una descrizione essenziale e minimalista.
Tutto risiede proprio in quella semplicità, in quella sobrietà che costituisce la cifra stilistica di Cassola e che dona una grazia infinita a questa opera.
Una lettura consigliatissima non solo per rivivere un periodo della nostra Storia fondamentale, ma anche per assaporare i drammi e le gioie di una bella storia d'amore.
Ilaria Pocaforza
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