di René Dalize
Elliot, 2018
Traduzione di Federico Lopiparo
pp. 242
€ 17,50 (cartaceo)
Nei 135 articoli del regolamento del Club che aveva minuziosamente redatto, Archibald aveva esposto le sue idee al riguardo. E tra queste vi era la convinzione che per gli stanchi intellettuali e per gli artisti la vita notturna fosse preferibile a quella del giorno. La luce abbagliante del sole esasperava infatti un sistema nervoso che al contrario si schiudeva discretamente sotto i raggi della luna. (p. 18)
Il 1915 vede l'arrivo, dalla Cina, di una pestilenza così violenta da portare alla morte un uomo in appena sei ore e mezzo. Parigi è nel caos. Chi cerca di emigrare, chi teme ogni colpo di tosse o vertigine. In mezzo a questo trambusto, c'è un gruppo di imperturbabili gentiluomini e gentildonne che non temono il morbo: il club dei Nevrastenici. Tutti non sposati, indipendenti, con sacro orrore delle responsabilità e di qualunque forma di movimento, si crogiolano nel languore e nel cinismo. Non fosse per una misteriosa missione affidata al loro segretario generale, Alain-Claude Morcœur, chissà? Forse penserebbero addirittura al suicidio pur di non dover affrontare la peste. Dal vecchio continente fino alle Antille alla ricerca di una giovane creola, il raffinato gruppo affronta le vicissitudini più assurde, sempre con lo snobismo che distingue la buona società parigina. Una pestilenza, un vulcano o un naufragio non sono buoni motivi per perdere il controllo o per non cambiarsi di toeletta nel pomeriggio, che diamine!
René Dalize, amico di Apollinaire e co-fondatore della rivista Les Soirées de Paris, fu autore francese "morto per la patria" così come viene ricordato al Panthéon di Parigi. Tra i caduti della Prima Guerra Mondiale, pubblicò sotto pseudonimo, nel 1912, il romanzo d'avventura Il club dei Nevrastenici da poco edito da Elliot.
Quegli uomini giovani, forti, in salute, stavano lottando per la loro vita. Ma valeva davvero la pena di salvare la vita dei Nevrastenici? Solo il delirio poteva dare a tutti, in quella circostanza, tante energie. Presto sarebbero scemate. Se non fosse stato per le donne che avevano trascinato nella sua impresa, lui, il più valoroso, si sarebbe già lasciato andare. (p. 158)
L'esclusivo club che accoglie, in maniera democratica, sia uomini che donne, ha un regolamento molto ricco e minuzioso composto di 135 articoli che riconoscono come l'uomo faccia fatica a integrarsi con la società moderna. Tutti i Nevrastenici, a modo loro, hanno un rifiuto della società: c'è chi si isola tramite oppiacei, chi con l'alcol, chi con la razionalità filosofica, ma tutti si sentono a disagio nella moderna Parigi. La luce del sole li disturba e non consente loro di uscire, il movimento, fosse anche per attraversare una piazza, crea ansia, il lavoro e le responsabilità, come quello di crearsi una famiglia, possono causare l'espulsione dal club. La peste che travolge Parigi sembra offrire una buona scappatoia da questa vita che causa solo invincibile languore. Ma lo zio del loro segretario generale li incarica di una missione: ritrovare la figlia illegittima che vive nelle Antille. I Nevrastenici, con loro stessa grande sorpresa, decidono quindi di intraprendere questo viaggio rimandando il suicidio collettivo che avevano organizzato con cura.
Il mondo fuori da Parigi offre quanto di più inaspettato: il confronto con la natura. Una natura, da principio, rifiutata, visto che alla prima traversata oceanica il mal di mare li spinge a tornare indietro, ma poi affrontata e capita. I raffinati Nevrastenici passano attraverso un naufragio (causato in parte dal filosofo del gruppo che spinge il capitano dell'imbarcazione a dubitare di se stesso), a una traversata della foresta amazzonica, all'eruzione di un vulcano. Il crescendo di difficoltà, alle quali si intreccia anche la lotta contro un disonesto e truffaldino parente di Morcœuer, porta i Nevrastenici a sentirsi meglio. Le emicranie, le dipendenze e la spossatezza che li accompagnavano a Parigi, a contatto con la natura e con situazioni spartane, scompaiono come per magia e in loro si riaccendono desideri e passioni che cozzano con il ferreo statuto del club. Echeggiante con la filosofia di Rousseau, a tratti con sentori del Candido e con una deliziosa ironia che anticipa il migliore Wodehouse, Il club dei Nevrastenici inneggia all'armonia tra uomo e natura: solo in essa si può trovare la vera salvezza.
Pur ambientato nel 1915, fu pubblicato nel 1912 e quindi l'aspetto del conflitto mondiale è del tutto assente. Quasi una previsione, un veggente rifiuto a quella guerra che costò la vita al giovane autore francese.
Giulia Pretta