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"Ho detto che mi piace il giallo, molto semplicemente": Marzia De Clercq racconta "la bella ribellione"

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Ribelle.
Storie vere di orgoglio e successo al femminile

di Marzia De Clercq
Centauria, 2018

pp. 160
€ 19,90 (cartaceo)



Gentil sesso e modelli di femminilità imposti dall’esterno: quanto se ne è discusso, quanto se ne discute e quanto ancora se ne discuterà? Il dibattito sul corpo e sulla mente delle donne è un antico e autentico ginepraio, che in tante occasioni, ancora oggi, corre il rischio di criticare certi diktat fisici e comportamentali senza rendersi conto di imporne altri a propria volta. Al punto che la soluzione migliore sembrerebbe quella di liberarsi una volta per tutte da ogni sorta di condizionamento, nel rispetto della propria ed esclusiva volontà di autodeterminazione; in altre parole, di ribellarsi e basta (anche a quello che le altre donne pensano e dicono). Ribelli per forza, dunque? No: sempre per scelta, anche se a volte questa coincide con una vera a propria condizione esistenziale. Un po’ come nel caso delle quindici donne raccontate da Marzia De Clercq in Ribelle. Storie vere di orgoglio e successo al femminile, recentemente pubblicato da Centauria.

Incorniciandole tra le citazioni di quattro numi tutelari del femminismo attivo quali Anaïs Nin, Madonna, Rita Levi Montalcini e Virginia Woolf, Marzia De Clercq ci presenta le storie di alcune giovani donne italiane che hanno fatto della ribellione la chiave della propria vita. Come? La lista delle procedure individuali sarebbe lunga, e chi leggerà il volume si addentrerà con gusto nei singoli percorsi. Basti dire che sono strade che portano ovunque: al centro di un ring come avanti e indietro per un campo da rugby, su e giù da un palcoscenico oppure dentro un sexy shop, a capo di una cucina come sopra una passerella. Tuttavia, a voler trovare delle costanti, queste vanno a coincidere con alcuni precetti generalissimi, tanto semplici da declamare quanto complessi da mettere in pratica: amare se stesse e la propria unicità; dire no a pregiudizi e stereotipi di genere; impegnarsi per realizzare un sogno; dedicarsi anima e corpo a un lavoro, un’arte, uno sport. Sembra incredibile, eppure negli anni Dieci del Ventunesimo secolo la vera ribellione sembrerebbe ancora questa: essere se stesse, più che si può.

Le donne che Marzia De Clercq racconta con evidente ammirazione sono tutte diverse, eppure ciascuna di loro è passata fin da piccola attraverso le maglie fitte dell’incomprensione e dell’inadeguatezza; un setaccio doloroso rivelatosi utile anni dopo, che le ha quasi purificate dalle scorie di ciò che non sarebbero mai potute diventare. Per questo e anche per lo stile diretto e informale che in certi punti ricorda la chiacchierata tra amiche, Ribelle sembra un libro adatto soprattutto a un pubblico adolescente, età dell’incertezza per antonomasia. Ma non ci sono, si badi, preclusioni di sorta. Tutt’al più solo un auspicio reso esplicito dalla stessa De Clercq, che in apertura, dopo aver ricordato la propria personale ribellione "cromatica", origine di tutte quelle a venire, dichiara: «spero che questo libro capiti nelle mani giuste, quelle più tremanti, quelle più insicure» (p. 8). Perché Ribelle è un libro forte dell’ottimismo dei risultati che presenta, e difficilmente le sue protagoniste non desteranno rispetto unanime e desiderio di emulazione.

C’è un aspetto, però, che desta qualche perplessità, e riguarda le note sulla beauty routine delle quindici protagoniste, inserite a suggello di ogni profilo. Posto che non c’è proprio nulla di male nel seguire una procedura di bellezza, e sebbene sia vero che anche queste informazioni aggiungono tocchi ulteriori ai ritratti (specialmente nei casi in cui l’attenzione nei confronti del corpo è parte integrante di una professione), i paragrafi in questione risultano in qualche modo superflui, quasi da rotocalco, per certi versi in contrasto con le intenzioni del lavoro inteso nel suo complesso. Non fosse altro che si capisce subito, anche a una rapida occhiata delle belle foto a colori, che le quindici ribelli in esame condividono anche una gradevolissimo sembiante: che poi questo sia tutto un dono di madre natura oppure il risultato di cure maniacali, sarebbe forse stato meglio lasciarlo all’intuito e all’immaginazione del pubblico; la sottrazione, l’assenza e il segreto avrebbero aggiunto ancora più fascino a personalità già così meravigliosamente complesse. Ci piace pensare che in fondo si tratti di una piccola concessione alla più pura delle vanità: del resto non c’è più bello spettacolo di una donna che ami prendersi cura di sé, soprattutto a dispetto di ogni altrui proiezione di desiderio sul suo corpo. Non sarebbe forse già questa, dati i tempi, la più clamorosa delle ribellioni?

Cecilia Mariani





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